Il piano di Erdogan in Libia è chiaro: buttare fuori l’Italia

Ieri l'interno governo libico è volato ad Ankara per confermare accordi militari ed economici con la Turchia a danno del nostro paese. Draghi deve reagire

«La Turchia ha un obiettivo non dichiarato, ma esplicito, in Libia e nel Mar Mediterraneo: estromettere del tutto l’Italia a proprio vantaggio». È questo secondo Repubblica che bisogna trattenere dall’incontro avvenuto ieri ad Ankara tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e l’intero governo libico di unità nazionale (il premier Abdelhamid Dbeibah più 14 ministri).

Erdogan domina la Libia

Davanti al premier della Libia, Erdogan ha proferite parole chiare, che non possono far piacere al nostro governo: «Continueremo il nostro sostegno militare alla Libia. L’intesa sui confini del Mediterraneo è confermata e ha portato stabilità nella regione». Il presidente turco, continua Repubblica, «ha incassato la conferma del memorandum d’intesa siglato nel novembre 2019 sulla demarcazione dei confini nel Mediterraneo (non riconosciuta dall’Onu, ndr), sponda chiave per le ambizioni turche sulle risorse energetiche contese». Davanti all’iniziativa di Ankara, che va tutta a svantaggio dell’Europa, «Italia, Francia, Grecia, Israele, Egitto paiono tramortiti».

Sul tavolo delle trattative in Turchia c’erano la riapertura del consolato a Bengasi, il supporto militare a 360 gradi alla Libia «rafforzato dall’arrivo di nuovi mercenari siriani», la ricostruzione di molte aree distrutte dalla guerra, in particolare l’aeroporto di Tripoli. L’intesa rappresenta una sfida per l’Italia, dopo l’iniziativa diplomatica di Draghi in Libia e le parole dure pronunciate nei confronti del presidente turco all’indomani del «sofagate»: «Erdogan è un dittatore, ma bisogna collaborare».

Cattive notizie per l’Italia

La Turchia si è conquistata il predominio della Libia scongiurando la presa di Tripoli da parte delle forze del generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, durante la guerra civile. E ora chiede al nuovo premier il conto. Come spiega la Stampa, «per l’Italia il patto marittimo non promette nulla di buono, soprattutto perché presuppone la precedenza alle aziende turche nelle esplorazioni offshore alla ricerca di gas. Ma le nostre imprese rischiano di essere scavalcata anche sulla terraferma. E in questo senso conta di più il patto militare. Dai 2 ai 4 mila mercenari siriani sono ancora in Libia». Secondo Mf, il braccio di ferro tra Italia e Turchia mette a rischio un giro d’affari tra il nostro e il paese anatolico pari a 9 miliardi di euro.

Sarà da vedere se l’asse con la Francia che Draghi sembra voler rinsaldare servirà a contrastare la Turchia in modo efficace in Libia. Ma il nuovo esecutivo dovrà fare meglio del Conte I e II, colpevoli di aver abbandonato la Libia nelle mani di Turchia e Russia senza opporre resistenza.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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