La Spid Democracy genera mostri, è iniziata la gara all’ultimo referendum

Dopo eutanasia, cannabis e green pass, c'è chi propone una raccolta firme digitali per i matrimoni gay. Si viaggia al ritmo di un "tema ineludibile" al giorno

Il comitato promotore del referendum sulla cannabis legale chiede al Cdm di prorogare i termini per le firme (foto Ansa)

In piena sbornia da «Spid Democracy» e con «l’acquolina in bocca» per l’enorme successo del referendum sul matrimonio egualitario in Svizzera, Luigi Testa, assistant professor di Diritto costituzionale presso l’Università Bocconi lancia un appello su Domani: raccogliere le firme a sostegno di un disegno di legge di iniziativa popolare per approvare il matrimonio omosessuale. Bastano solo «50 mila firme» e a quel punto il parlamento «sarebbe politicamente obbligato almeno a cominciare la discussione», in più un disegno di iniziativa popolare «non decade con l’inizio della legislatura e l’inizio dell’altra». Se (fonte Eurispes, dato luglio 2020) il 59,5 per cento degli italiani è favorevole al matrimonio egualitario «qualcosa pure conterà».

Cannabis, proroga per le firme

Del resto il governo ha appena salvato la raccolta firme per il referendum sulla cannabis, approvando in Cdm il decreto legge che proroga la data di scadenza per la presentazione dei registri in Cassazione, di questo e altri referendum come quello contro il green pass, dal 30 settembre al 31 ottobre. A poche ore dalla dead line, infatti, i Comuni erano riusciti a certificare (cioè confermare che chi ha firmato è iscritto nelle liste elettorali) solo 330 mila firme sulle 545 mila raccolte per la cannabis legale. Ovazione dal comitato promotore e da Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera e deputato M55, «l’entusiasmo di questi mesi dimostra che il referendum è uno strumento vivo. Ora dobbiamo fare un passo in avanti approvando la riforma del referendum propositivo, già votata alla Camera. Oggi i cittadini possono solo abrogare norme e non sono in condizione di presentare proposte in maniera compiuta».

Intanto a due settimane dalla consegna sono più di un milione le firme raccolte per il referendum sull’eutanasia legale, 311.540 cartacee e 202.000 digitali già certificate. «Il referendum ha svegliato il parlamento», dicono dall’Associazione Luca Coscioni in riferimento alla bozza di legge che arriverà in aula il 25 ottobre ma solo «affine per materia», «il referendum è l’unico strumento che abbiamo per affermare il principio di autodeterminazione della persona e garantire la possibilità di decidere il proprio fine vita».

Tutti pazzi per «i temi ineludibili»

Dalla Spid Democracy alla sveglia al parlamento sui temi «ineludibili», come piace chiamarli a Nicola Lagioia, il passo è breve, ma anche quello per la realizzazione dell’agendina dei sogni dei cliccocrati del 2021: se l’uomo che fa (e si fa) da sé è a portata di click, scardinare qualche altro valore non negoziabile per affermare nuovi diritti civili sembra una passeggiata (neanche facciamo l’elenco, dai matrimoni same sex all’identità di genere a pma, gpa, e perché no, all’obiezione di coscienza – servirà una legge a San Marino per “concederla” dopo la vittoria del sì al referendum per depenalizzare l’aborto in alcuni casi fino alla nascita, e in tanti sbraitavano in piazza da Roma a Bologna contro i medici che si «frappongono tra il diritto legale e l’accesso a un aborto libero e sicuro» in tutta Italia).

«Sembra di vivere in quella famosa frase di Lenin: ci sono decenni in cui non succede nulla e settimane in cui succedono decenni» ha scritto Vanity Fair, main sponsor di tutte le priorità mainstream a proposito del referendum sulla cannabis. «Il conteggio febbrile delle firme è schizzato in alto appena la raccolta è apparsa in Rete: in 4 giorni 400 mila, una corsa verso il traguardo delle 500 mila che nemmeno la 4×100 italiana a Tokyo. Dopo la storia Instagram di Fedez ci sono stati picchi di quattro firme al secondo, una velocità di crociera di 7 mila firme orarie: è questo il passo dell’Italia che prende di nuovo la parola. Lo avevamo visto già col referendum sull’eutanasia o lungo la strada ancora impervia del Ddl Zan. Nei comitati promotori devono aver urlato “Si può fare!”, come Gene Wilder in Frankenstein Junior».

Un referendum sulle scuole paritarie

Al netto dell’eccitazione generale per la democrazia facile e veloce come un like il problema, lo abbiamo scritto e riscritto, non è in sé lo Spid, ma garantire che queste nuove modalità non eludano i percorsi istituzionali che, pur con tutti i loro difetti, sono la garanzia che le leggi e la Costituzione non vengano stravolte ogni volta da pulsioni passeggere. Lo ha scritto Vladimiro Zarebelsky, «Esiste il rischio di facili firme digitali, simili a un qualunque improvviso ed emotivo like riferito all’occasionale intervento di un influencer, che lancia un prodotto». Lo ha scritto Vittorio Macioce, «la politica italiana si sta sempre più “grillinizzando”. Qui non c’entrano i valori o le idee, ma le dinamiche. Come si riscrivono le leggi? Come si controlla chi governa? Quale è il luogo dove si confrontano maggioranza e opposizione? Come viene selezionata una classe dirigente? L’impressione è che ci si stia avvicinando a una forma incompiuta di democrazia diretta».

Lo ha scritto Lorenzo Castellani, «Il rischio è quello di avere una grande inflazione di referendum nei prossimi anni, con consultazioni-alluvionali di decine di quesiti su cui votare o di richiami continui della popolazione alle urne. Ne conseguirebbe la possibilità di andare ancora di più verso una legislazione frammentaria e incoerente proprio perché “bucata” in vari punti dai referendum (…) La legge, specie quando regola diritti e libertà fondamentali, non può essere ridotta ad un post o alla compilazione di un form». Lo ha ribadito Filippo Vari, «La democrazia diretta non è solo dire sì o no a una proposta, ma anche discutere e riformulare la decisione da votare; ciò è impossibile nel referendum, che per sua natura finisce per dare un grande potere a chi formula il quesito».

Certo, ci sono Cassazione e Consulta, si può ragionare su un innalzamento del numero delle firme senza abbassare il quorum, ma se proprio non sappiamo perché pagare lo stipendio ai parlamentari e se vale tutto, dalla canna al cocktail letale, anche qui si salta sul carro dei temi ineludibili e si lancia una raccolta firme. Per cosa? Togliere quel «senza oneri per lo Stato» a proposito di scuole paritarie. Contano circa 180 mila lavoratori e 900 mila studenti, calcolando componenti familiari e manfrine sul “salvare i giovani” sono firme facili facili. Non sarà pop come chiedere l’abolizione delle tasse ma «qualcosa pure conterà».

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