La Cina annuncia la fine del sogno democratico di Hong Kong

Il “Parlamento” cinese ha approvato le linee guida per cambiare la legge elettorale dell’ex colonia britannica. Solo i «patrioti» pro regime potranno candidarsi

Il “Parlamento” cinese ha approvato una risoluzione per modificare la legge elettorale di Hong Kong in favore di un sistema che garantisca che l’ex città autonoma sia governata soltanto da «patrioti». La mossa era nell’aria da settimane ed era stata anticipata da alcuni importanti esponenti del regime comunista a Hong Kong.

APPLAUSO INTERMINABILE

Nell’ultimo giorno di lavori del Congresso nazionale del popolo, che si riunisce una volta all’anno, 2.895 delegati hanno votato a favore della risoluzione, nessuno contro, mentre soltanto uno si è astenuto. Subito dopo la votazione, è scattato un interminabile applauso di oltre 30 secondi.

Non è ancora chiaro come verrà cambiata la legge elettorale, dal momento che la risoluzione aveva solo lo scopo di stabilire i principi generali. Secondo i nove punti elencati dalla Xinhua, il nuovo sistema dovrà essere in linea con il modello “Un paese, due sistemi” – già ampiamente demolito dalla legge sulla sicurezza nazionale di luglio – e dovrà garantire che l’organo principale dell’amministrazione della città sia affidato a «patrioti».

ESTROMESSI I DEMOCRATICI

Il numero di membri del Comitato elettorale incaricato di scegliere il governatore passerà da 1.200 a 1.500. I candidati a governatore dovranno ottenere almeno 188 designazioni da parte del Comitato. Non si sa ancora se, come vociferato, i membri dei consigli distrettuali (attualmente tutti o quasi occupati da rappresentati del fronte pandemocratico) saranno estromessi dal Comitato elettorale.

Il Consiglio legislativo, invece, passerà da 70 a 90 membri e verrà disegnato un meccanismo per verificare che i candidati al Parlamento siano appunto «patrioti» e in alcun modo violino «la legge sulla sicurezza nazionale». Come già anticipato, il meccanismo di veto che sarà controllato da Pechino o da funzionari leali a Pechino, farà sì che soltanto chi è fedele al Partito comunista cinese e ne appoggia proposte e istanze possa candidarsi alle elezioni.

«PASSO INDIETRO DI 20 ANNI»

Le elezioni, che dovevano tenersi lo scorso settembre prima di essere rinviate di un anno a causa del Covid, potrebbero essere ulteriormente posticipate. L’attuale governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, ha detto di essere «entusiasta» delle modifiche «proposte» (ma sarebbe più corretto dire “imposte”) da Pechino, negando che si tratti di misure per punire il fronte democratico. Ma il coordinatore del gabinetto di Carrie Lam, Bernard Chan, ha ammesso che una simile revisione della legge elettorale porterà «sfortunatamente il processo democratico indietro di 20 anni. Ci vorrà tempo prima che la fiducia sia ricostruita tra Hong Kong e Cina».

Con la revisione della legge elettorale, che verrà messa a punto nei prossimi mesi, si chiude il cerchio aperto con la legge sulla sicurezza nazionale, imposta all’ex colonia britannica da parte di Pechino con lo stesso procedimento: il modello “Un paese, due sistemi” viene così definitivamente ucciso, ogni traccia di “ampia autonomia” cui la città avrebbe diritto in base a un trattato internazionale fino al 2047 è cancellata e Hong Kong diventa come una qualunque altra città della Cina continentale. Dopo aver distrutto a suon di incarcerazioni e processi ridicoli l’opposizione democratica, il Partito comunista si assicurerà che non ne nasca mai più un’altra.

«SIAMO ORMAI COME LA POLONIA»

Come dichiarava l’importante attivista Lee Cheuk-yan a tempi.it,

«anche la Costituzione è diventata sovversiva per Pechino. Stanno distruggendo l’intero impianto della democrazia. Non possiamo protestare in piazza, perché ogni riunione è proibita; non possiamo invocare l’aiuto della comunità internazionale, perché ogni appello in questo senso è considerato un reato di collusione con le forze straniere; non possiamo sfidare il governo attraverso le elezioni, perché può partecipare solo chi è d’accordo con il Partito comunista. L’unica cosa che ci rimane, l’unico modo di combattere è vivere nella verità e non nella paura. È quello che ha fatto la popolazione in Polonia e in altri paesi dell’Europa dell’Est. Oggi Hong Kong è nella stessa situazione di quei paesi prima del 1989».

@LeoneGrotti

Foto Yuchen Dai su Unsplash

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