In Francia trionfano l’astensionismo e la «sinistra Allahu Akbar»

Macron non sfonda al primo turno delle legislative e rischia di passare cinque anni a elemosinare voti ai suoi avversari. Astensione record al 52,5%. Melenchon esulta, ma non è una buona notizia per il paese

Jean-Luc Mélenchon esulta in Francia per l’ottimo risultato ottenuto alle elezioni legislative

Non sono arrivate buone notizie dalle urne per Emmanuel Macron in Francia. Bisognerà aspettare il secondo turno delle elezioni legislative per sapere se la coalizione guidata dal leader di Lrem (25,75 per cento), appena rieletto presidente per la seconda volta, otterrà la maggioranza assoluta o relativa in Parlamento. La differenza è cruciale: senza il controllo dell’aula, infatti, Macron rischia di risultare «un’anatra zoppa» e di passare i prossimi cinque anni a elemosinare voti all’estrema sinistra e alla destra per ogni singolo provvedimento. Un incubo, il cui principale artefice è Jean-Luc Mélenchon, il vero vincitore della tornata elettorale. La sua coalizione di estrema sinistra (Nupes) è arrivata a un soffio da quella del presidente (25,66 per cento).

Trionfa l’astensionismo in Francia

Ma il primo dato clamoroso delle elezioni è quello dell’astensione, che ha toccato un nuovo record: 52,5%. Si è recato alle urne, cioè, meno di un elettore su due. A disertare il voto sono stati soprattutto i giovani e i membri delle fasce meno agiate della popolazione. Un’astensione che da una parte avvantaggia Macron, notano i sondaggisti francesi, dall’altra però deve allarma l’intero sistema francese.

C’è poi da segnalare la «disfatta a metà» della destra, come la chiama il Figaro. I Repubblicani hanno ottenuto soltanto l’11,4 per cento dei suffragi. Il presidente del partito neogollista si è detto soddisfatto per la «buona tenuta» dei suoi candidati, ma resta il fatto che nel 2007 il partito racimolava il 42 per cento dei consensi, passato al 34 nel 2012, al 21,5 nel 2017, fino al tracollo di domenica.

Le Pen ride ma non troppo

La terza forza politica è il Rassemblement National di Marine Le Pen, che ha conquistato più voti di cinque anni fa e che ha ottenuto una percentuale del 19 per cento contro il 13,2 del 2017 (ben oltre il record del 13,6 del 2012). L’eterna seconda della politica francese dovrebbe riuscire a costruire un gruppo parlamentare di 10-25 deputati all’Assemblea nazionale, una prima volta dal 1986.

Le Pen ha comprensibilmente esultato sui social media: resta il fatto che alle presidenziali Rn aveva ottenuto il 23,4 per cento delle preferenze e che prima del voto sperava in un risultato ben maggiore, sognando fino a 60 deputati. Le Pen ha comunque un’altra ragione per vedere il bicchiere mezzo pieno: il suo rivale Éric Zemmour è andato incontro a una sonora sconfitta e non si è candidato al secondo turno nella quarta circoscrizione del dipartimento di Var.

Melenchon è un disastro per la Francia

Il vincitore della tornata elettorale è allora Mélenchon, che già si vede premier e il cui programma contiene proposte esplosive per la tenuta del sistema francese: aumento del salario minimo a 1.500 euro, abbassamento dell’età pensionabile e uscita del paese dal nucleare.

Il trionfo di Mélenchon potrà far contento chi vede Macron come fumo negli occhi, ma la sua affermazione elettorale non è certo una buona notizia per la Francia. La sua coalizione infatti incarna un pericoloso populismo, che ha come modello di governo il dittatore venezuelano Nicolas Maduro, che conta nel suo partito esponenti antisemiti e che flirta con il peggiore islam politico (la sua coalizione era stata definita da Charlie Hebdo la «sinistra Allahu Akbar»).

All’indomani del voto, insomma, tra Mélenchon e astensionismo, in Francia c’è poco da festeggiare.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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