Il lato farsesco della propaganda di Elly Schlein, democristianismo alla enne

La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, con il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni durante il loro incontro a Bruxelles, lo scorso 23 marzo (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Peccato che quando Max Weber scrisse della politica come “ramo specialistico delle professioni intellettuali”, non avesse potuto osservare la sua variante democristiana, ramo specialistico della gestione del potere, grande o strapuntini che siano, fino all’elezione di Chiara Braga come capogruppo del Pd parlamentare eletta nel 2008 (alla faccia del rinnovamento), ma mai pervenuta, già in segreteria con Matteo Renzi, poi con Enrico Letta, sempre in quota “Dario Franceschini”».

Al contrario di Matteo Renzi che pur contando su una cricca (malignamente definita da Rino Formica “a chilometro zero”) aveva una sua personalità ed esperienza politica, Elly Schlein appare essenzialmente una figurante che recita per conto di Dario Franceschini, grazie all’incessante trasformismo di quest’ultimo (che da capo dei “riformisti” del Pd è diventato capo dei “radicali” del Pd), con l’appoggio dell’ectoplasma Enrico Lettino che presta alla Schlein i suoi “ulivisti” (francesi) per contenere Stefano Bonaccini, e con il decisivo sostegno di Francesco Boccia, punto di riferimento nel Pd del quadrilatero “cinese” italiano (Massimo D’AlemaRomano ProdiGiuseppe ConteBeppe Grillo).

Che considerazioni si possono trarre da questi “movimenti” a sinistra?
1) Sono la perfetta espressione della crisi dei partiti italiani che non sarà risolta se non si cambia anche lo Stato, il degrado delle cui istituzioni determina la crisi della politica.
2) Mettono in luce il lato farsesco della propaganda di Elly Schlein e dei suoi proclami della fine dei “cacicchi”.
3) Fanno intravedere la disperazione delle personalità politiche cresciute nel vecchio Pci (da Piero Fassino a Gianni Cuperlo), incapaci di fare i conti con ex democristiani formatisi sin da piccini nel gioco delle correnti e che quindi surclassano i nipotini di Enrico Berlinguer in ogni occasione.

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Su Affaritaliani si scrive: «Prove d’intesa tra la maggioranza e il Terzo Polo. Mara Carfagna, l’ex ministra del Sud e ora esponente di punta di Azione, sta preparando una proposta di legge sulla maternità surrogata molto simile a quella ideata da Fratelli d’Italia: “La mia norma”, spiega Carfagna a Repubblica, “è una misura contro l’utero in affitto, da punire anche se praticato all’estero, perché in Italia è già vietato. E voterei la proposta di Giorgia Meloni”. Carfagna invita però a mantenere una stella polare: la tutela dei bambini delle coppie omogenitoriali. “I bambini non possono, né devono pagare le scelte dei genitori, lo dico da madre e da legislatore”. Quindi spiega la sua proposta di legge contro l’utero in affitto: “È molto semplice: è composta da un solo articolo: estende la punibilità del reato di surrogazione di maternità, che già esiste, ai cittadini italiani che lo commettono all’estero”».

La Carfagna appoggia Eugenia Roccella sulla maternità surrogata, Carlo Calenda sta con Gilberto Pichetto Fratin sul nucleare, Enrico Costa con Carlo Nordio sulla riforma della giustizia, Nicola Danti preferisce Antonio Tajani a Elly Schlein nell’appoggio all’Ucraina, Luca Marattin sta con Giancarlo Giorgetti sulla riforma del fisco. Insomma siamo di fronte a un’Italia viva (l’) Azione (di Giorgia Meloni). A parte gli scherzi, anche l’attuale dialettica parlamentare dimostra come la crisi dei partiti sia generalizzata e che bisogna, riformando lo Stato, definire un mandato agli eletti maggiormente vincolato dai cittadini come base per ricostruire partiti dotati di senso: forse bisognerebbe passare a un sistema di elezione uninominale (più primarie come base per il finanziamento dei partiti) dei “rappresentanti” del popolo, cercando in questo modo di eliminare o almeno contenere lo strabordante potere di politici ormai privi di radici, classici esempi di “morti che afferranno il vivo”.

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Sul Sussidiario Giuseppe Gagliano scrive: «Comprendere il modus operandi della Cina nei porti euromediterranei richiede innanzitutto l’adozione di una visione globale dei fenomeni, sia nel tempo che nello spazio».

Questa annotazione di Gagliano aiuta a capire come l’obiettivo di Pechino sia quello di dominare Taranto e Napoli per dominare il Mediterraneo: questo è il programma della Repubblica dalle Cinque stelle e sta diventando anche quello dello schieramento italiano trainato dalle nostre “cinque stelle italiane” (più quella loro truppa di manovra che stanno diventando i “democratici” schleinicizzati).

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Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «Il Ponte sullo Stretto è sicuramente una di queste, e non solo per il valore simbolico che esso avrà, simile a quello che ebbe negli anni del boom economico la costruzione in pochi anni dell’Autostrada del Sole da Milano a Napoli. Esso infatti, collegando la Sicilia al continente, rappresenterà un volano per gli scambi commerciali e l’economia del Sud Italia, facendo risparmiare tempi e soldi e facilitando gli investimenti».

La maggioranza del governo Meloni dovrebbe spiegare bene al Sud come si confrontino oggi due modelli: quello del quadrilatero Pd (Massimo D’AlemaRomano ProdiGiuseppe ConteBeppe Grillo) più la chiacchierona Elly Schlein, che punta a trasformare l’Italia nel perfetto terminale della Via della seta, magari integrando le triadi alla agguerrita criminalità organizzata meridionale, e quello del Ponte sullo Stretto, con un nuovo ruolo italiano in Africa e in Medio Oriente, con una via del gas che dal Sud (Egitto-Israele-Cipro e Algeria) vada verso il Nord costruendo un’Europa in cui ogni nazione abbia pari dignità.

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