Il capitalismo americano frena sul diritto all’aborto

Anche se molte grandi aziende hanno già assicurato che pagheranno alle dipendenti l'interruzione di gravidanza, la maggior parte è rimasta in silenzio dopo la sentenza della Corte Suprema. Come mai? Merito dei sondaggi

Le grandi firme americane, quelle che non hanno avuto dubbi ad appoggiare pubblicamente le battaglie Lgbt e di Black Lives Matter, si sono subito schierate a favore del diritto di abortire dopo che la Corte Suprema ha ribaltato venerdì la Roe v. Wade. Ma non c’è stata quella valanga di supporto che i giornali liberal si aspettavano.

Disney, Google, Netflix pro aborto

Molte aziende hanno già annunciato che provvederanno a pagare le spese di viaggio per permettere alle dipendenti che vivono in Stati dove l’aborto sarà bandito o fortemente ristretto di interrompere una gravidanza. Hanno preso questa posizione Warner Bros., Condé Nast, BuzzFeed, Vox Media, Disney, Goldman Sachs, Snap, Macy’s, Intuit e Dick’s Sporting Goods.

Ancora prima della sentenza della Corte Suprema, misure simili erano state annunciate da Starbucks, Amazon, Tesla, Yelp, Airbnb, Netflix, Patagonia, DoorDash, JPMorgan Chase, Levi Strauss & Co., PayPal, OKCupid, Citigroup, Kroger, Google, Microsoft, Paramount, Nike, Chobani, Lyft e Reddit.

Gli americani sono divisi sull’aborto

La stragrande maggioranza delle aziende che avevano appoggiato altre importanti battaglie liberal, però, sono rimaste in silenzio. La ragione, spiega il New York Times, è la pubblicazione di alcuni sondaggi che hanno mostrato come l’opinione degli americani sia più variegata sul tema dell’aborto di quanto si voglia far credere sui giornali (americani, ma anche europei).

Una rilevazione Suffolk University/Usa Today, rilasciata pochi giorni prima della storica sentenza, ha dato un risultato da molti considerato inatteso: per il 67,5% di coloro che hanno partecipato al sondaggio le aziende non dovrebbero né appoggiare né condannare il diritto all’aborto. Solo il 27% è a favore di una presa di posizione esplicita «a sostegno» di tale diritto.

I sondaggi di Pew Research e Forrester

Inoltre, se il 60,3% sostiene che l’aborto debba essere legale fino al terzo trimestre di gravidanza, il 55,8% ritiene che dovrebbe essere vietato nel secondo trimestre e il 67,2% pensa che non dovrebbe essere permesso nell’ultimo trimestre. Per quanto riguarda l’importanza del tema in vista delle elezioni di midterm di novembre, il 62% dichiara che l’aborto «è un tema importante, ma non è il più importante». Il primato è assegnato all’economia (66,2%).

Sono indagini d’opinione come questa che hanno spinto molte aziende a restare in silenzio. A maggio, ad esempio, una ricerca del Pew Research Center aveva mostrato che per il 46% degli americani l’aborto è «moralmente sbagliato» sempre o nella maggior parte dei casi, mentre solo il 31% ritiene che sia «moralmente accettabile». Secondo Forrester, società di ricerca e consulenza sulle tendenze dei consumatori, il diritto all’aborto è il tema su cui si registra meno consenso circa la necessità che le aziende intervengano pro o contro. Ecco perché «le aziende temono che prendendo posizione potrebbero ricevere un contraccolpo negativo».

Una battaglia diversa dalle altre

Le grandi corporation americane non si sono mai tirate indietro quando c’è stato da difendere diritti, sostenibilità, rivoluzione green, lotta al razzismo, guerra al suprematismo bianco e alle discriminazioni di genere. Perché queste battaglie hanno sempre fatto rima con profitto e ottimi ritorni d’immagine.

Ma che sopprimere un bambino nella pancia della madre possa essere equiparato agli altri benefit aziendali non è così chiaro alla maggioranza degli americani come molti giornali vorrebbero. Ecco perché, al di là dei soliti noti, molte aziende preferiscono restare in silenzio.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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