I pescatori di Lampedusa: «Abbiamo paura di uscire in mare, quelli sparano e tagliano teste»

Sirte nelle mani dell'Isis. Intervista al presidente della confederazione dei pescatori dell'isola: «Scafisti hanno fatto fuoco sulla capitaneria. Chi difende la nostra isola?»

«I pescatori di Lampedusa ancora si ricordano di quello che è accaduto nel 1986». Salvatore Martello, presidente del Consorzio pescatori di Lampedusa, in queste ore continua a raccontarlo a chi gli chiede quale sia la situazione nell’isola dopo che lo Stato islamico ha preso la città di Sirte in Libia. Il 15 aprile ’86, 24 ore dopo che il presidente americano Ronald Reagan aveva ordinato un attacco aereo sulla Libia per eliminare Gheddafi, il Colonnello si vendicò, ordinando il lancio di due missili Scud su Lampedusa, dove aveva sede un centro Loran della Nato. Gli isolani sentirono distintamente intorno alle 17 i due forti boati dei missili, e nel panico si rifugiarono nei “dammusi” delle zone interne di Lampedusa: «L’allora ministro della Difesa Giovanni Spadolini – ricorda Martello a tempi.it – disse che i missili di Gheddafi non sarebbero arrivati in Italia, perché anche lui non considerava Lampedusa come italiana in fondo. Ecco. Il clima che viviamo in questi giorni è lo stesso di allora, un senso di abbandono».

Qual è la situazione in queste ultime ore?
Stamattina le barche lampedusane sono uscite a pescare come sempre. Ma pian piano tutti decidono di rientrare anzitempo. Con le notizie che ci sono in giro, i continui sbarchi di clandestini di questi giorni, la tensione per una guerra o un attentato, c’è molta paura. Tripoli dista dalla nostra isola 180 miglia, mentre il golfo di Sirte è a circa 200 miglia. Noi di solito ci spingiamo a circa 50 miglia di distanza da Lampedusa, quindi la distanza dalle coste libiche si riduce a 130 miglia. E Porto Empedocle, il più vicino porto siciliano, è pure a 130 miglia. Noi lampedusani siamo nel mezzo del caos, mentre la distanza con l’Italia e quella con Sirte per noi è la stessa. Ricordiamo ancora quando Gheddafi lanciò due missili nel 1986. All’epoca uno arrivò vicino, un altro superò l’isola senza colpirla. Ma noi eravamo abbandonati a noi stessi, e lo siamo anche oggi.

Cosa le dicono i pescatori con cui ha parlato in questi ultimi giorni?
Oggi rientrando i pescatori mi hanno detto: «Noi ci spaventiamo a stare in mare. Non si può stare tranquilli. Ascoltando la radio a bordo sentiamo continuamente notizie di nuovi barconi nelle vicinanze e adesso abbiamo paura che dalla Libia non partano più solo migranti. Quelli che hanno occupato Sirte sono terroristi che hanno tagliano teste». Ieri è arrivata la notizia che sono stati uccisi 21 copti egiziani. Che prospettive possiamo avere con un vicino del genere? Solo la paura. Intanto in questi giorni sono proseguiti i salvataggi di barconi di migranti in mare: solo tra sabato e oggi ben 800 persone sono state messe in salvo dalle vedette. Il problema è che la situazione in Libia è fuori controllo. A noi pescatori ultimamente non è accaduto di incrociare barconi (perché l’operazione Triton spinge le vedette anche oltre le acque dove di solito pescano i lampedusani, ndr), però è accaduto un fatto insolito che ci ha molto preoccupati.

Cioè?
Ieri (l’altroieri per chi legge, ndr) una vedetta della capitaneria si è avvicinata ad un barca carica di migranti per salvarli. Durante le operazioni di soccorso, si è avvicinata un’altra barca, con a bordo degli scafisti, che hanno attaccato la vedetta italiana con colpi di mitragliatrice. Gli uomini della capitaneria erano armati solo delle pistole di ordinanza, perciò se ne sono dovuti andare senza poter rispondere al fuoco. Nessuno sa perché sia stato fatto fuoco con i mitra, un’ipotesi è che gli scafisti volessero recuperare il barcone prima che venisse sequestrato dalla capitaneria. Qualunque sia la ragione, non importa: è la prima volta che accade, però la preoccupazione che succeda ancora rimane. I pescatori si chiedono cosa potrebbero fare se accadesse a loro, che non sono armati. Come rispondiamo se ci sparano, gli tiriamo addosso i pesci? Sa, qui non si sa neanche chi difende le nostre, di coste. Noi siamo andati per la Germania e la Francia ad abbattere Gheddafi, ma almeno quando c’era lui avevamo un solo capo con cui interloquire, ora in Libia non si sa chi comanda e non c’è nessuno che tenga l’ordine. In linea teorica le nostre coste le dovrebbero difendere gli italiani, o l’Europa. Ma per il momento non abbiamo visto nulla. Cosa aspettano a difenderci? Negli ultimi tempi non ci sono state più pattuglie, sono aumentati solo i soccorsi. Bisogna controllare chi parte dalla Libia, perché una volta in mare è impossibile fermare le persone.

Avete già avuto perdite economiche per questa situazione?
Qui a Lampedusa diciamo che siamo in pre-fallimento. Perdite economiche legate al turismo e causate dagli sbarchi ne abbiamo avute molte dal 2009. Ma se continua anche il fermo forzato della pesca, per la paura di morire quando usciamo in mare, dovremo chiedere al governo lo stato di calamità.

Foto Lampedusa da Shutterstock

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