I Fratelli Musulmani fanno un’altra capriola

Dopo che Rashad al Bayoumi, vicepresidente dei Fratelli Musulmani, aveva dichiarato di voler mettere in discussione il Trattato di pace con Israele, Essam El Erian, uno dei principali esponenti del movimento, ha detto che «lo rispetteremo». I Fratelli Musulmani hanno ottenuto circa il 50 per cento dei seggi in Parlamento e già si accordano con i militari

Si stanno concludendo i ballottaggi dell’ultima tornata delle elezioni politiche egiziane, e si profila una composizione del Parlamento che vedrà i deputati del partito espressione dei Fratelli Musulmani occupare quasi la metà dei seggi, i salafiti di al Nour un quarto dell’emiciclo e i laici, democratici, liberali e comunisti che sono stati l’anima della rivoluzione del 2011 il restante quarto. L’unica vera sorpresa del voto è rappresentata dal risultato dei salafiti, che nessuno aveva previsto così lusinghiero. Con la maggioranza parlamentare a portata di mano, i Fratelli Musulmani risfoderano i toni concilianti: sulla prima pagina di oggi del New York Times Essam El Erian, uno dei principali esponenti del movimento, membro del consiglio di guida e ora deputato, ribadisce che il trattato di pace con Israele sarà onorato: «È un impegno preso dallo Stato, non da un partito o da un gruppo, e noi lo rispetteremo». Esattamente il contrario di quello che aveva dichiarato una settimana fa Rashad al Bayoumi, vicepresidente della Fratellanza, il quale premettendo la sua convinzione che Israele debba essere considerato «uno Stato criminale» che «non riconosceremo mai», a proposito del trattato diceva: «Questo accordo è stato siglato lontano dagli occhi della gente e del Parlamento. Noi rispettiamo i trattati internazionali ma poiché non condividiamo quello con Israele, dobbiamo sottoporlo al giudizio del popolo e lasciare decidere a loro se danneggi gli interessi e la sovranità dell’Egitto oppure no».

El Erian, che recentemente ha incontrato John Kerry, presidente della commissione Esteri del Senato Usa, la nuova ambasciatrice americana in Egitto Anne W. Patterson e fra breve incontrerà anche il vicesegretario di Stato William J. Burns, sostiene che gli aiuti americani all’Egitto, in gran parte diretti alle forze armate (1,3 miliardi di dollari solo gli aiuti militari), restano i benvenuti, purchè non siano accompagnati da condizionamenti politici. La dichiarazione segnala anche l’ennesimo aggiustamento della linea dei Fratelli Musulmani per quanto riguarda il rapporto coi militari al potere: fino a pochi giorni fa il loro partito (Libertà e giustizia) concordava con l’opposizione democratica e con quella salafita che i militari andavano allontanati quanto prima dalle posizioni di comando nel paese, mettendo in discussione il gabinetto di governo capeggiato da Kamal Ganzouri (scelto dal Consiglio superiore delle forze armate) e anticipando le elezioni presidenziali ad aprile; oggi invece accettano altri sei mesi di vita per l’esecutivo, fino a dopo le elezioni presidenziali fissate a giugno e la stesura di una nuova Costituzione da parte di una commissione di 100 membri scelta dal nuovo Parlamento.

Allo stesso tempo El Erian cerca di placare le ansie di quanti temono un’alleanza fra Fratelli Musulmani e salafiti in chiave fondamentalista: di una convergenza del genere potrebbe farsi promotore Hazem Salah Abu Ismail, imam ex Fratello Musulmano ora molto caro ai salafiti e candidato alle elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi in giugno. El Erian scarta un’ipotesi del genere, e auspica piuttosto una convergenza dei salafiti sulle posizioni, divenute pragmatiche col passar del tempo, dei Fratelli Musulmani: «Speriamo di trascinare i salafiti verso di noi, e che sia noi che loro ci lasciamo trascinare dai bisogni del popolo. Noi rappresentiamo soprattutto la classe media e medio-bassa, loro gli strati più popolari e i più poveri. Se il governo saprà operare a vantaggio dei più poveri, il loro appeal verso i ceti popolari diminuirà». D’altra parte El Erian si augura che i salafiti passino attraverso lo stesso processo di istituzionalizzazione che ha fatto bene ai Fratelli Musulmani, presenti come indipendenti in parlamento già ai tempi di Hosni Mubarak: «L’inclusione nel sistema politico ha fatto bene ai Fratelli Musulmani, e noi speriamo che faccia bene anche ai salafiti». Ma il più grande problema che il nuovo sistema politico si troverà a gestire è un altro, insiste El Erian: «Avere la democrazia nel mondo arabo, creare una compatibilità fra la nostra cultura arabo-islamica e i valori democratici, i princìpi democratici. Questa è la nostra enorme responsabilità». Se i Fratelli Musulmani governeranno come parlano, l’Egitto non dovrebbe avere problemi.

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