Il Papa in Ungheria chiede «un’Europa dei popoli» che aiuti natalità e famiglie

Francesco "promuove" le politiche di Budapest, critica il «sovranazionalismo astratto», la «colonizzazione ideologica della cultura gender» e il diritto all'aborto. Sui migranti «l'Ue lavori a meccanismo condivisi»

Papa Francesco sorridente saluta i bambini che lo hanno accolto ieri al suo arrivo a Budapest (foto Ansa)

No alla colonizzazione ideologica della «cosiddetta cultura gender», no a un’Europa «fluida» preda di un «sovranazionalismo astratto» e che vanta come conquista «un insensato diritto all’aborto»; sì a un’Europa dei popoli che fa politiche a favore della natalità e della famiglia e che lavora per la pace in Ucraina. Da Budapest papa Francesco fa fischiare le orecchie a molti leader e media europei indicando l’Ungheria del “cattivo” Viktor Orbán come un modello da seguire, lodando la fede di un popolo che il Pontefice guarda con evidente simpatia e incoraggiando il lavoro di una chiesa locale messa comunque in guardia dalla tentazione di chiudersi troppo in un atteggiamento da combattenti.

L’intesa tra papa Francesco e Orbán

Da ieri Papa Francesco è in Ungheria, per la seconda volta in meno di due anni. La prima, nel settembre 2021, fu in occasione del Congresso eucaristico internazionale, quando celebrò la messa finale. Questa volta il viaggio è più lungo – il Pontefice ripartirà per Roma domani, domenica – e c’è chi vi legge la conferma di una vicinanza tra Francesco e Viktor Orbán, il presidente ungherese accusato dalla sinistra europea di essere troppo sovranista, omofobo e putiniano.

Tra i due un’intesa c’è, e non solo in termini generali sulla guerra («Io e il Papa siamo gli unici a parlare di pace», ha spesso detto il presidente ungherese), ma anche sul delicato tema dei migranti, su cui il segretario di Stato Pietro Parolin ha elogiato Budapest che «si è impegnata a mantenere le sue frontiere aperte alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina e oltre 4 milioni di persone sono passate per l’Ungheria», che «ha fatto del suo meglio per accoglierle e prendersi cura di questi rifugiati». Del popolo ungherese la Chiesa apprezza la fede «viva e ammirevole», tanto che il cardinale arcivescovo Péter Erdo ha parlato del viaggio papale come di «una grande manifestazione di attenzione e di simpatia verso di noi».

Francesco: «Ritrovare l’anima europea»

Attenzione e simpatia che sono emerse chiaramente nei due discorsi tenuti ieri dal Papa, alle autorità prima e ai vescovi poi. L’Ungheria, ha detto Francesco, trova «il proprio alveo vitale» nell’Europa, e storicamente proprio la nascita di Budapest «richiama il cammino unitario intrapreso dall’Europa». Un cammino che però si è fatto faticoso, dato che «sembra essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi e si esasperano giudizi e toni nei confronti degli altri». Ecco perché, soprattutto di fronte alla tragedia della guerra in Ucraina, bisogna «ritrovare l’anima europea: l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi».

No all’Europa fluida che dimentica la vita dei popoli

Di quale Europa parla dunque Francesco? Non quella dei burocrati di Bruxelles i quali decidono che può dirsi europeo solo chi applaude a una certa ideologia: «Penso dunque a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli».

È questa, ha continuato il Papa, «la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta. Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno». Tutto questo non si può fare senza l’Ungheria, ha aggiunto il Pontefice, che «può fare da “pontiere”, avvalendosi del suo specifico carattere ecumenico».

Francesco “promuove” l’Ungheria

E ancora, sul tema dei migranti, l’appello a non scaricare su un solo responsabile il fardello di un problema a cui «occorre far fronte senza scuse e indugi: È tema da affrontare insieme, comunitariamente, anche perché, nel contesto in cui viviamo, le conseguenze prima o poi si ripercuoteranno su tutti. Perciò è urgente, come Europa, lavorare a vie sicure e legali, a meccanismi condivisi di fronte a una sfida epocale che non si potrà arginare respingendo, ma va accolta per preparare un futuro che, se non sarà insieme, non sarà». Chi si aspettava bacchettate a Orbán, è rimasto deluso.

Pur mettendo in guardia dagli eccessi di nazionalismo, Francesco ha “promosso” l’Ungheria. «Un po’ come la Slovacchia», scriveva ieri sul Foglio Matteo Matzuzzi, «visitata sempre nel 2021 e assai simile, quanto a partecipazione religiosa, al paese dove oggi sarà ospite. Una distanza sempre più evidente dalle grandi “potenze” d’Europa, ignorate da un decennio. Non è un caso che il Papa, confermando il viaggio a Marsiglia del prossimo settembre per gli incontri del Mediterraneo, abbia voluto specificare in più di una occasione che lui si recherà  solo “a Marsiglia, non sarà un viaggio in Francia”».

Exit mobile version