Elezioni. Chi votare? Confrontarsi per non ammalarsi di opinionismo

L'opinionismo è malattia diffusa (soprattutto nei giornali, ahimè), ed è il male dello sradicato, di chi non appartiene a nulla, di chi vota le sue idee prima che le persone.

Caro direttore, sto valutando la possibilità di votare “Noi moderati” alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Suscitano il mio interesse perché all’interno del centrodestra sono una forza saldamente europeista e atlantista che non cede né ai nazionalismi di destra né ai populismi di sinistra su diritti civili e tasse. Inoltre sono la forza che dà più spazio alla tradizione politica cattolico popolare.

Però ho tre grandi dubbi che voglio sottoporvi:

1. La prima perplessità è sulla serietà e credibilità del loro progetto politico. Hanno in mente di creare una nuova area popolare e moderata nel centrodestra o è solo un cartello elettorale dell’ultimo minuto? Diciamo che il simbolo raffazzonato all’ultimo con quattro simboli di partito buttati lì a caso dentro un cerchio non è un indizio positivo sulla credibilità.

2. Hanno concrete possibilità di superare il 3 per cento? Per come è fatta la legge elettorale se superano solo l’1 per cento rischio di dare il mio voto a Salvini e Meloni. A questo punto non mi converrebbe votare Forza Italia che è altrettanto saldamente europeista e atlantista e che supererà sicuramente il 3per cento?

3. Se il centrodestra non vince, cosa mi garantisce che non portano i loro voti in dote al Pd? Diciamo che il passato non depone a loro favore. Non sono dei campioni di coerenza politica, almeno nelle alleanze di governo.

Attendo di sapere l’opinione della vostra redazione.

Cordiali saluti,

Tommaso Ridolfi

Caro Tommaso, oltre a rimandarti a queste due interviste (Lupi e Brugnaro), ti dico la mia, visto che ce lo chiedi (ma le tue sono tre buone domande, che sottoporremo a qualcuno dei loro leader).

Sicuramente l’unione delle quattro forze è stata “obbligata” dalla scadenza elettorale e sicuramente il raggiungimento del 3 per cento è una bella sfida. Cosa garantisce che poi costruiranno un’area popolare, che i voti non andranno dispersi e che non faranno “giochetti” col Pd? Mi verrebbe da rispondere: «Niente, come sempre, come in tutte le cose umane». Non v’è nulla di garantito (in politica, poi…), si dà credito a qualcuno in base a ciò che dice e alla sua credibilità. Ma se si parte col “dubbio”… è finita prima di cominciare (anche se penso che col Pd non andranno mai).

Ritengo che l’area di centrodestra abbia bisogno di una forza come “Noi moderati” perché così si “riequilibra” l’asse della coalizione e, soprattutto, perché al suo interno vi sono persone di valore, che tengono alle stesse cose cui tiene queste giornale.

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Caro direttore, la vita è bella, soprattutto quando, con l’aiuto del Signore, diventa utile. Ma, spesso, è anche scomoda, come è scomodo, nelle attuali particolari circostanze, dire apertamente per chi si voterà il prossimo 25 settembre, anche perché quasi tutti ce l’hanno su con la politica in generale. Ma credo che sia giusto e dignitoso farlo, per rispetto verso se stessi e per correttezza comunionale verso amici vicini e lontani e anche verso chi non si ritiene mio amico. Anche in questo campo, penso che dobbiamo essere fedeli al consiglio evangelico di essere trasparenti nel nostro parlare (dire sì sì oppure no no). Sarebbe più comodo stare zitti o esprimersi solo per perifrasi o per figure retoriche, ma non mi sembra né corretto né, al fondo, veramente “democratico”. Ed allora dico la mia personale opinione, dopo avere visto le liste presentate dai vari partiti e dalle diverse coalizioni ed i loro programmi e anche tenendo conto della mia non breve esperienza.

Miei punti di riferimento sono il volantino realisticamente prodotto dall’associazione culturale Esserci e “l’agenda” programmatica, con le relative priorità, proposta a tutti dalla rete di associazioni “Diciamolo sui tetti”. In particolare, Esserci scrive che «il giudizio è fondamentale perché il giudizio non è solo un’affermazione di principio è anche l’individuazione della strada che porta alla meta. Le differenze tra i partiti sono tanto urlate quando di fatto poco rilevanti. Buttarsi in una scelta ideologica è ridicolo, anche se non bisogna cadere nell’errore di pensare che tutte le proposte sono uguali».

In effetti, leggendo i vari programmi possiamo constatare che quasi tutti i partiti, anche se con differenze di accentuazioni, sono atlantisti, sono per la Nato contro Putin, sono europeisti, sono preoccupati per la pandemia, sono per la guerra come unico modo per arrivare alla pace (sic!) dopo avere sconfitto la Russia, sono contro l’inflazione, sono molto preoccupati per i temi energetici (gas in testa) pur non avendo fatto nulla in precedenza per sottrarsi al monopolio russo e così via. Speriamo che, una volta eletti, tutti ritornino al realismo dovuto a tutto il popolo italiano. C’è un tema, INVECE, circa il quale non “tutte le proposte sono uguali” ed è proprio il tema che mi sta più a cuore ed è quello che riguarda, per usare un termine sintetico, l’antropologia, cioè la concezione dell’uomo da cui scaturiscono, come conseguenza, le varie tendenze legislative. Il punto di vista antropologico è quello su cui si basa il mio personale giudizio anche in vista delle prossime elezioni. Noto, a questo proposito, che il PD è diventato definitivamente un “partito radicale di massa”, che fa riferimento più che a Letta alla Bonino di triste e distruttiva memoria. Il PD, infatti, pone come colonna fondamentale del proprio programma la battaglia per fare dell’aborto un vero e proprio “diritto” (pazzesco!), per riproporre il ddl Zan che vorrebbe rendere pensiero ufficiale di Stato da insegnare nelle scuole la cultura gender, per rendere legge il suicidio assistito (ipotesi ancora più grave della semplice eutanasia), per regolarizzare la famiglia per tutti (non soddisfatto, evidentemente, neppure delle unioni civili), per liberalizzare la droga, a partire da quelle cosiddette leggere. In questo contesto generale, poi, il Pd vorrebbe rendere obbligatoria la frequenza scolastica partendo dai tre anni del bambino e della bambina (sottraendoli così forzatamente all’affetto dei genitori e dei nonni, indispensabile nei primi anni di vita) fino ai 18 anni. In tal modo bambini e giovani saranno obbligati all’educazione forzata di Stato (anche del gender) per ben 15 anni, vista anche la persistente impossibilità, da parte delle famiglie, di scegliere la scuola più adatta ai propri figli (anche se su questo le forze politiche sembrano iniziare a porsi dei problemi, spero non solo a fini elettorali). Si tratta, a mio parere, peraltro condiviso da molti amici che si occupano quotidianamente di scuola, di

una proposta letteralmente indecente, degna di uno Stato totalitario, esattamente il contrario del principio a noi caro di più società e meno Stato. Per tutto questo, evidentemente, non posso dare il mio voto al Pd e mi chiedo come un cattolico che tenga presente il complesso della dottrina sociale della Chiesa, con queste premesse, possa dare il voto ad un simile partito radicale. Un caro amico mi ha osservato che, però, non esistono solo questi problemi essendo preponderanti quelli economici in questo momento. È vero, ma è ancor più vero che i problemi antropologici devono essere la sana premessa per ogni tipo di politica: con una premessa antropologica totalmente errata sarà difficile che vengano proposte leggi giuste ed equilibrate anche in altri settori. L’antropologia non è un tema tra gli altri, perché senza una impostazione corretta di tale tema sarà poi difficile legiferare correttamente per il bene comune vero. Sulla irrimediabile deriva “radicale” del Pd si è espresso recentemente anche Luca Ricolfi in una intervista a Italia Oggi, dove si affermava che il Pd è libertario, non liberale. Sulle tematiche antropologiche il c.d. Terzo Polo (che in realtà è un polo di sinistra, come vediamo anche dalla sua impostazione data alla campagna elettorale) ha sostanzialmente la stessa posizione dettata dal PD e dalla Bonino, anche se espressa con toni più blandi. Ciò dimostra che, in realtà, non è vero che Renzi e Calenda siano di “centro” (anche se occorrerebbe definire che cosa tale parola significhi oggi). Inoltre, non mi fido della “competenza” economica di Calenda, che mi sembra molto volatile con le sue battute spesso contraddittorie. Invotabile, quindi, per me, anche Calenda e C. Detto questo, il voto, che rimane comunque l’espressione di una opinione sintetica sulla vita che viene dato con il naso più o meno turato perché nessuno è perfetto, non può che andare, a mio parere, ad un partito del centro destra, secondo le preferenze personali di ciascuno ( sfumature per tutti i gusti sono presenti in tale coalizione), anche per evitare che il risultato elettorale esprima un “pareggio”, che renderebbe ingovernabile il Paese, secondo le strane profezie e speranze di Calenda. Nei programmi del centro-destra i temi antropologici sono visti in termini sostanzialmente corretti, che dovrebbero portare, quanto meno, ad una sana neutralizzazione di materie sulle quali non si capisce perché lo Stato debba per forza legiferare. Naturalmente, occorrerà vigilare attentamente affinché alle intenzioni espresse seguano coerenti comportamenti.

Ancora, il volantino di Esserci scrive che «bisogna trovare persone candidate, che, operando anche in diversi partiti, siano disposte a sostenere valori condivisi e a fare un cammino insieme per realizzarli». Questo sarebbe l’ideale, anche se la presente orribile legge elettorale impedisce al cittadino di scegliere i candidati, perché tale scelta è riservata unicamente ai partiti. Ciascuno di noi non può esprimere preferenze, il che mi pare contrario ad un vero spirito democratico. L’unica cosa che possiamo fare, una volta operata la scelta fondamentale di cui sopra, è vedere se, per fortuna, nel proprio collegio non vi sia un qualche candidato di cui fidarsi, sulla base di una reale conoscenza e del suo operato passato. Per esempio, nel collegio proporzionale di Milano città, troviamo tra i candidati l’amico fidato e già sicuramente conosciuto Lorenzo Malagola nella lista di FdI. Può essere un riferimento per tanti, anche perché possiamo scommettere sulla sua coerenza circa le tematiche antropologiche.

Di fronte all’avvicinarsi veloce della data del voto, non possiamo che fare considerazioni concrete su ciò che il convento ci passa nell’immediato, anche se il problema circa la politica meriterebbe un affronto ben più complesso e profondo. Alla politica, infatti, manca soprattutto una cosa fondamentale: un forte ideale per il quale battersi e offrire il proprio impegno ed è proprio questo, a mio parere, che tiene lontano i cittadini dai seggi. Questa è una situazione che non può essere addossata solo ai politici, perché tutti ne siamo responsabili. Per questo occorrerebbe mettere in atto un immenso impegno educativo da parte di tutte le realtà che hanno a cuore il destino di un intero popolo (Chiesa compresa). Tra l’altro, un forte ideale permetterebbe alla politica di mettere in atto anche le riforme istituzionali di cui il nostro Paese ha urgente bisogno: vedo che è nata una insensata polemica sul tema del presidenzialismo (peraltro in atto in tanti Paesi sicuramente democratici). Ma tutti sembrano non volere accorgersi che noi siamo già entrati in una Repubblica Presidenziale in questi ultimi 10/15 anni: allora varrebbe la pena regolamentare costituzionalmente questa strana situazione. Il problema è che, in mancanza di forti ideali, è sempre più difficile parlare pacatamente e dialogare. Ogni parola, anche la più sensata, viene presa come pretesto per futili polemiche personalistiche. Spero che dopo le elezioni queste problematiche essenziali non vengano ancora una volta dimenticate.

Intanto, il 25 settembre andiamo tutti a votare, perché, comunque, il voto costituisce il segno, anche di protesta, che noi siamo responsabilmente presenti di fronte ai gravissimi problemi del nostro tempo. Un segno che sarebbe una prima risposta ai corvi del nichilismo pessimista e distruttivo.

Peppino Zola

Di questa lettera di Zola vorrei sottolineare soprattutto le prime righe in cui scrive che, di fronte al voto, non s’è perso in mille pensieri, ma si è innanzitutto confrontato con quanto già detto e scritto da due associazioni di cui si fida, Esserci e Sui tetti (che la politica la seguono da sempre, che in questi anni hanno organizzato convegni e incontri, che sono intervenute nel dibattito pubblico più volte, con critiche e proposte). Altri volantini usciranno a breve e anche questi potranno essere utili per mettere a fuoco i criteri con cui scegliere.

Mi pare quella indicata da Zola una cosa fondamentale per combattere il virus più diffuso in questa campagna elettorale, l'”opinionismo”. L’opinionismo è malattia diffusa (soprattutto nei giornali, ahimè), ed è il male dello sradicato, di chi non appartiene a nulla, di chi vota le sue idee prima che le persone.

Non che le opinioni non siano importanti (Tempi è un giornale di opinione!), ma un conto è se nascono da quel che garba al momento, un conto è se sono verificate in un confronto.

Poi, per il resto, viva la libertà e amici come prima (a me hanno insegnato che la politica è importante, ma non è la salvezza del mondo).

Foto Ansa

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