È morto George Pell, grande riformatore della Chiesa che fu perseguitato

Il prelato australiano aveva 81 anni. Accusato di molestie sessuali, passò 404 giorni in carcere da innocente prima di essere assolto. Fece più di tutti contro la piaga degli abusi nella Chiesa. «È un santo per i nostri tempi»

«Con la morte di George Pell la Chiesa ha perso un grande leader e l’Australia uno dei suoi grandi figli: è stato un santo per i nostri tempi». Così l’ex premier australiano Tony Abbott ha commentato la scomparsa del cardinale, avvenuta ieri a 81 anni per complicazioni sopraggiunte a un’operazione all’anca. Oggi tutti i media ricordano che per false accuse di orribili abusi sessuali, Pell dovette passare 404 giorni in carcere in Australia prima di essere definitivamente assolto. Ma il cardinale è stato molto più che un perseguitato.

Pell ha difeso più di tutti le vittime di abusi

Pell è stato innanzitutto un grande uomo di Chiesa e un importante riformatore, sia a Roma che in patria. Chi lo critica, nonostante sia stato assolto in tutti i processi, di aver coperto lo scandalo degli abusi sessuali che ha devastato la Chiesa australiana, dimentica che Pell è stato l’uomo che più di tutti e prima di tutti, da vescovo, ha agito per tutelare le vittime ed evitare che nella Chiesa australiana si ripetessero abusi sessuali da parte di sacerdoti e coperture da parte dei vescovi.

A neanche tre mesi dalla sua nomina ad arcivescovo di Melbourne, infatti, approvò nel 1996 il “Melbourne Response”, un protocollo che invitava le vittime di abusi a denunciare gli abusatori e stabiliva una commissione indipendente per verificare le accuse, offrire assistenza e compensare le vittime con somme fino a 50-75 mila dollari australiani (più della cifra prevista dallo Stato). La commissione, composta interamente da laici, esaminò 350 denunce approvandone il 97 per cento.

Pell detiene anche il record di sacerdoti rimossi dal ministero per problemi legati agli abusi sessuali: ben 28 in cinque anni a Melbourne. Il cardinale ha sempre definito gli abusi sessuali commessi da sacerdoti su minori un «obbrobrio», ha chiesto più volte perdono per gli errori commessi dalla Chiesa, ha inasprito insieme al cardinale Joseph Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede le misure contro i sacerdoti pedofili nel 2001 e da arcivescovo di Sidney, nell’agosto del 2002, quando fu accusato di aver commesso un abuso nel 1961, si è sottomesso al protocollo che lui stesso aveva stilato.

Le riforme finanziarie in Vaticano

In Vaticano, durante i cinque anni passati (2014-2019) come prefetto della Segreteria per l’economia, Pell ha avviato diverse riforme economiche per sistemare i conti della Santa Sede e fare luce su tutte le zone d’ombra che gravavano sulla gestione finanziaria vaticana. Come scritto da George Weigel, le riforme «minacciavano serie conseguenze finanziarie (e forse legali) per i furfanti, quelli determinati a mantenere lo status quo da cui traevano ricchi benefici».

Lo stesso cardinal Pell disse nel 2015, al Meeting di Rimini, che «abbiamo preparato, forse per la prima volta nella storia, un bilancio di tutto il denaro e delle proprietà del Vaticano, comprensivo e accurato. E abbiamo scoperto che c’erano un miliardo e trecento milioni che non erano visibili nei bilanci, e questo è interessante».

Le accuse infondate e il processo

Durante il periodo passato da zar inflessibile delle finanze vaticane, durante il quale promosse  «trasparenza finanziaria, professionalità e onestà», Pell si fece molti nemici, forse troppi anche per un burbero gigante australiano alto oltre un metro e novanta, figlio di un pugile che fu campione dei pesi massimi.

Il tesoriere della Santa Sede lasciò l’incarico e il Vaticano nel 2017 per tornare in patria e difendersi dall’accusa di aver molestato sessualmente in sagrestia due giovani membri del coro della cattedrale di Melbourne nel 1996 subito dopo la Messa. Non era obbligato a farlo, poteva avvalersi dell’immunità diplomatica, ma una simile possibilità non gli è mai passata per la testa.

Il calvario giudiziario di Pell

In Australia iniziò il suo calvario giudiziario, una vera e propria «caccia alle streghe» che costrinse il cardinale a passare 404 giorni in carcere da innocente. A causa di un processo assurdo – come Tempi ha sempre sottolineato dedicando all’innocenza del porporato una copertina – partito da una falsa accusa, costellato di errori, menzogne e strappi clamorosi alla prassi giudiziaria, fu condannato nel dicembre 2018 a sei anni di carcere in primo grado e ad agosto 2019 in secondo grado, prima di essere assolto definitivamente dall’Alta Corte nell’aprile 2020.

Nel primo volume del suo Diario di prigionia, pubblicato in Italia da Cantagalli, Pell scrive:

«La mia opinione (…) è che (…) la giuria mi avesse ritenuto riprovevole, meritevole di essere punito per questioni estranee al processo, e che “fosse successo qualcosa”. In altre parole, (…) sono stato vittima della politica dell’identità: bianco, maschio, in una posizione di potere, appartenente a una Chiesa i cui membri avevano commesso atti vili e i cui leader, fino a poco tempo fa, avevano messo in atto un vero e proprio insabbiamento (nonostante i vent’anni di lavoro e la notevole diminuzione nelle statistiche dei reati di abusi, a partire almeno dalla metà degli anni Novanta). Il monito del giudice contro il rischio di identificarmi come un capro espiatorio è stato completamente oscurato da anni di continua diffamazione».

«Il “pacchetto cristiano” funziona»

La vita di Pell è stata contraddistinta dal servizio alla Chiesa e da una grande fede. In un’intervista sul periodo passato in carcere, raccontava con la sua inconfondibile ironia:

«Penso che una cosa che ho imparato è che il “pacchetto cristiano” funziona. Credo che l’insegnamento di Gesù su tantissime cose è assolutamente vero, che la chiave della vita si trovi nelle parole di Cristo. Ho provato, per quanto in modo imperfetto, a seguire quell’insegnamento. E dopo tutto ne sono uscito abbastanza bene. Sono anche consapevole che questa poteva essere un’occasione per approfondire la mia fede cristiana. Penso di averlo fatto, anche se sono troppo abituato al comfort per considerare la prigionia un mezzo privilegiato».

A una domanda sul suo accusatore, invece, rispondeva così:

«Se qualcosa di terribile gli è accaduto, di certo non sono stato io. Ma io l’ho perdonato. Sono più ostile verso chi non crede che io sia innocente. A loro dico sempre: guardate le prove. Se il suo racconto fosse stato vero, avrebbe dovuto essere in due posti diversi nello stesso momento e neanche un “testimone credibile” può essere ubiquo. Molti volevano punire la Chiesa per la piaga degli abusi. Io ero il classico capro espiatorio».

La «caccia alle streghe» non si fermerà

La morte di Pell, purtroppo, non fermerà la sua persecuzione giudiziaria. Il padre di uno dei due ex coristi che, secondo accuse rivelatesi infondate, sarebbero stati abusati dall’ex arcivescovo di Melbourne, ha dichiarato che andrà avanti con la causa civile intentata contro il cardinale e la Chiesa cattolica.

Pell aveva annunciato che si sarebbe difeso in tribunale, come sempre: non sarà più possibile. Steve Dimopoulos, ministro del governo nello stato di Victoria, dove sono partite tutte le accuse contro il cardinale, ne ha approfittato per continuare a insultare la sua memoria: «Sarà anche un giorno difficile per la famiglia del cardinale, ma lo è anche per le vittime e i sopravvissuti e i miei pensieri vanno a loro».

Anche se molti, oltre ogni ragionevolezza e nonostante le assoluzioni nelle aule di tribunale, continuano a ritenerlo colpevole di ogni male, c’è anche chi lo ricorda per ciò che è stato realmente. Come Bernie Finn, ex parlamentare dello stato di Victoria: «Pell è stato un grande uomo di Chiesa. Un grande australiano. Un grande essere umano. Un martire. Possano gli angeli e i santi condurlo alla sua ricompensa eterna presso Dio. Riposi in pace».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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