«È appena caduto un razzo. Ogni giorno muore qualcuno»

I drammatici appelli dei cristiani siriani, che si sentono abbandonati da tutti. «Per questa gente innocente, colpevole solo essere cristiana, nessuno spende mai una parola»

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – Aleppo, 26. «Non abbandonateci, non lasciateci soli». È il drammatico appello che l’arcivescovo di Aleppo dei Greco-Melkiti, Jean-Clément Jeanbart, lancia da quella che, suo malgrado, è diventata una della città simbolo della guerra civile in Siria. «È appena caduto un razzo — racconta il presule all’agenzia Sir — siamo a circa cento metri dalla linea di demarcazione, al confine della città antica. Ogni giorno muore qualcuno». La notizia del rapimento delle decine di cristiani — duecentoventi secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani — da parte dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico, che ha conquistato alcuni villaggi cristiani nel Khabour, è arrivata fino ad Aleppo e adesso sale la preoccupazione per la sorte dei rapiti.

Da parte del presule c’è anche la denuncia dell’atteggiamento di sufficienza con il quale, almeno fino ai gravi fatti di Parigi, la comunità internazionale sembra avere guardato all’espandersi del fondamentalismo. «Ma per questa gente innocente, colpevole solo di professare la fede cristiana, nessuno spende mai una parola e ciò è davvero terribile», aggiunge l’arcivescovo, che descrive anche la situazione di «grave emergenza umanitaria» in cui versa Aleppo. «In città — afferma — manca tutto: elettricità, cibo, acqua, benzina, medicine. Le industrie sono state chiuse e i loro operai, più di un milione e duecentomila, ora sono privi di reddito. Le infrastrutture sono state colpite e distrutte dai bombardamenti dei ribelli e dei governativi. La vita è sempre più dura, complice anche l’inflazione che ha fatto quadruplicare i prezzi dei generi di prima necessità». E, ancora: «Prima della guerra qui abitavano oltre tre milioni di persone, oggi ne sono rimaste poco meno della metà. Gli altri oggi ingrossano le fila dei profughi e degli sfollati. Come Chiesa facciamo quel che possiamo forse più delle ong, delle agenzie umanitarie e anche del Governo stesso, aiutando quanta più gente possibile. Ma non basta».

Alle nazioni occidentali e alla comunità internazionale si rivolge anche l’appello del vicario apostolico di Aleppo dei Latini, Georges Abou Khazen, affermando — come riferisce AsiaNews — che «l’intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta» per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e al Medio oriente. «Non ho mai creduto nella guerra — precisa — perché essa crea ancora più odio e divisioni». L’occidente, prosegue il presule, dice di combattere questi gruppi «ma li aiuta dall’altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?». Insomma, ci sarebbe anche molta «ipocrisia» nella lotta ai terroristi, «che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziare» i terroristi «a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta». Parole molto simili a quelle dell’arcivescovo di Hassaké-Nisibi dei Siri, Jacques Behnan Hindo, che in una dichiarazione all’agenzia Fides ha denunciato le «politiche sciagurate» di alcune nazioni, che hanno «portato a questo caos» e hanno «distrutto la Siria, facendoci regredire di 200 anni».

Una severa condanna degli «attacchi criminali» arriva anche dal patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël i Sako, che si unisce agli appelli rivolti «alle comunità regionale e internazionale di proteggere i civili e di trovare in tempi brevi una soluzione efficace, seria e radicale al problema del terrorismo».

La Chiesa siro – ortodossa, nel frattempo, ha diffuso un appello ai fedeli emigrati all’estero e che ancora possiedono case a Qamishli, nella provincia siriana di Hasaka, perché le mettano a disposizione dei cristiani che hanno dovuto abbandonare i propri villaggi nella zona di Khabur attaccati dalle milizie fondamentaliste. Migliaia di fedeli siro ortodossi — si legge nel comunicato diffuso dal sito Baghdadhope — hanno lasciato la Siria già dal 2011, abbandonando le proprie case senza venderle. A quei fedeli fa appello la Chiesa, ricordando come le migliaia di sfollati che si sono riversati nelle città di Hasaka e Qamishli abbiano bisogno di un tetto e di un posto sicuro.

Foto Aleppo, Siria da Shutterstock

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