Ma quali bambini liberi, Disney li vuole bigotti e ciechi al mistero della vita

Le nuove liturgie di casa Topolino non cresceranno una generazione più libera e felice, giocare con l'abolizione della differenza sessuale «spegne la funzione del bambino "portatore del nuovo"». Intervista a Claudio Risé

Ne abbiamo lette tante sulla Disney che finalmente porta la luce nella selva oscurantista. Disney che grazie all’annunciata calata di personaggi queer salverà, o per lo meno supporterà l’infanzia e lo sviluppo di una generazione più felice, fluida e libera dagli stereotipi. Ma più se ne scrivono, più abboccare alla favola Disney diventa complesso. E poco favorevole per quello stesso mondo libero che Lgbt e wokeisti promettono di spalancare.

Non solo non è vero che “c’è posto per tutti sotto l’arcobaleno”: l’unica testimonianza offerta dalla Disney a questo proposito e a riprova delle annunciate (e ben sponsorizzate) politiche a base di “inclusione e diritti”, è che non valgono nemmeno in azienda, o per le minoranze che non sono perseguitate dai repubblicani. Ma la doccia arcobaleno è davvero una mano santa per i bambini e la società che costruiranno?

Pronomi neutri, bloccanti, personaggi fluidi

Il marasma è quello di sempre: si grida al boom di giovanissimi transgender ma alla loro urgenza di “umanizzare” un mondo labirintico che li vede solo come un corpo fatuo, sbagliato o da sistemare, abbiamo risposto lasciandoli senza parole. Dapprima offrendo loro nomi e pronomi neutri, perché cifrare per un bambino la realtà, “significandola” (e qualificando il bambino stesso) fin dal suo inizio col maschile e il femminile, ci hanno spiegato che è violenza. Poi abbiamo dato loro la molecola, ormoni bloccanti lo sviluppo, sperando che insieme al reale da cui dipendono ammutolisse anche quel ribollire di domande.

Lo abbiamo fatto e lo abbiamo chiamato includere, accogliere, accettare, assecondare i bambini. Ora, per la gioia del mercato, che di ogni domanda sull’esistenza e risposte a pelo d’acqua ama fare commercio, arrivano i personaggi queer, e chi dice che l’ossessione degli adulti per la sessualità o l’orientamento sessuale dei bambini non c’entri, dopo il Pride permanente dello scorso anno, mente sapendo di mentire. Il bambino è sempre la grande questione. È lì a ricordarci che viene, veniamo tutti, dal rapporto con l’altro sesso, è l’oggetto di tutti i desideri e le rimozioni, la botola per tutte le sperimentazioni a base di tecnica e gameti, l’inizio e l’avvenire, il bandolo della matassa che diventiamo da adulti.

Dal bambino “portatore del nuovo” al narciso

Per questo abbiamo chiesto a Claudio Risé, il grande psicanalista, autore fra gli altri del libro perfetto La scoperta di sé. I sentieri dell’individuazione (ed. San Paolo), di aiutarci a capire la portata della magnificata “svolta arcobaleno” che irrompe nella fantasia e nelle fiabe dei bambini condita di pronomi neutri e baci gay (nei parchi Disney sono stati banditi i pronomi di genere, nell’atteso prequel di Toy StoryLightyear è stato annunciato il bacio lesbo), e che ruolo ha il bambino nell’auspicata rivoluzione culturale a base di una generazione “non conforme al genere”.

«Il bambino è un simbolo archetipico molto potente dell’immaginario conscio e inconscio umano: rappresenta il futuro della persona e dell’umanità, e quindi la sua capacità di aprirsi, cambiare, creare cose nuove. È così che lo vede Gesù, ed è esattamente così nella vita», premette Risé a Tempi. «Il bambino ha questo significato anche nella psicologia, dove compare suscitato dall’incontro tra uomo e donna, ma anche nel rapporto tra l’aspetto psicologico maschile e femminile della persona. Entrambi gli aspetti sono infatti presenti in ognuno dei sessi e il rapporto tra i due è decisivo nel loro sviluppo affettivo e cognitivo». Risé lo ha spiegato benissimo ne La scoperta di sé, e non si può prescindere da questo per capire la dinamica e il fine delle politiche Lgbt: servirsi «dell’effettiva compresenza psicologica di maschile e femminile nell’individuo per spingere in secondo piano la relazione reale con l’altro sesso presentandola come superflua. Questa operazione spegne l’aspetto e la funzione del bambino come portatore del nuovo e lo rinchiude in una sterile autocontemplazione narcisistica, rendendolo totalmente manipolabile dall’esterno».

Disney gioca ad abolire il mistero della vita

È un concetto chiave, e lo ripeteremo, per sfrondare il dibattito da magie e incantesimi e andare all’osso delle operazioni volte all’annullamento delle differenze che secondo la vulgata porterebbero dritto a un incantevole empireo senza ingiustizie, pregiudizi, violenze di genere e omotrasfobia: con la “corruzione” della funzione del bambino non si trova alcuna valle incantata, si indebolisce l’intera possibilità di sviluppo autonomo della personalità – e della società.

Non a caso la guerra culturale (scatenata in reazione alla politica di questo o quel governatore repubblicano, ora antiabortista, ora contrario ai bloccanti della pubertà, ora contrario al gender a scuola) è diventata un gioco per bambini, a cui offrire un bacio gay, tra una caffettiera parlante e un micetto pianista: «La Disney di oggi è una compagine altamente sofisticata, che sa perfettamente cosa maneggia e perché. Tra gli obiettivi di questi “giochi” c’è l’abolizione del valore della differenza sessuale, legata alla dimensione trascendente del mistero della vita (che invece, in modo magari oscuro, a Walt “apprendista stregone” interessava). Un pesante attacco a un pilastro fondamentale della personalità e della società».

«I ragazzi di oggi non hanno pregiudizi e hanno sogni tradizionali»

I sondaggi americani dicono a questo proposito cose interessanti: da un lato, dopo aver letto cosa è scritto veramente nella legge della Florida, bollata da Disney e compagnia liberal “Don’t Say Gay”, la maggioranza degli americani si dice d’accordo col non trattare questioni di orientamento sessuale e identità di genere a lezione, dall’asilo fino alla terza elementare. Dall’altro, si registra un aumento vertiginoso di bambini e adolescenti che si dicono transgender, queer, non conformi, eccetera. Un dirigente Disney ha confermato l’enorme potere dei media in materia. Davvero la valanga di ragazzi che non si riconoscono nel “sesso assegnato alla nascita” si spiega col proliferare di contenuti e influencer dedicati (su TikTok milioni di adolescenti frequentano community di coetanei agender, non binari, non conformi etc), oppure, chiediamo a Risé, l’origine di questo “boom” è da ricercarsi a questo nuovo aderire alla causa fluida degli adulti, genitori incapaci di fornire certezze o risposte all’altezza delle urgenze manifestate dai propri figli?

«Dai sondaggi più ampi condotti sulle generazioni precedenti, dai millennials fino alla e-generation (quella dei primi iPhone, i ventenni di oggi), risulta che la maggioranza dei ragazzi e delle ragazze non ha nessun pregiudizio verso le minoranze sessuali, ma personalmente ha sogni e progetti assolutamente tradizionali, e abitudini spesso più ordinate di quelle dei propri genitori. Il che forse non impedirebbe oggi qualche incursione nella variopinta estetica queer, in sé abbastanza neutra e soprattutto teatrale, che potrebbe forse fornire a un’adolescente una maschera “aggiornata” tra il militantismo burocratico Lgbt e il perbenismo spesso ipocrita di genitori che a volte non hanno, come lei ipotizza, ancora affrontato la questione personalmente e con serietà».

La soppressione ideologica della “fase di latenza”

Molto danno è stato fatto dai rapporti Kinsey in poi, sottolinea Risé, «accantonando l’esistenza, prima riconosciuta da qualsiasi medico e analista serio, della fase di latenza sessuale tra infanzia e adolescenza, nella quale il bambino mantiene una distanza personale verso ruoli e identità tradizionali nell’attesa di una piena comprensione di chi realmente egli sia e dove voglia andare. È proprio in questa soppressione ideologica (di nessun valore scientifico) della fase di latenza che si inseriscono le pretese Lgbt di lezioni di sesso e l’invadenza nel mondo preadolescenziale. Ma è anche nell’aver vissuto con imbarazzo e paura questa naturalissima fase che affondano spesso le loro radici le paure di opporsi dei genitori, residui frequenti di problemi personali non risolti».

E proprio lì, sul limitare di infanzia e adolescenza, si sta giocando alla rivoluzione culturale: secondo il documento appena pubblicato dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti non c’è alternativa all’approccio “affirming”, cioè alla prescrizione immediata di farmaci bloccanti della pubertà e ormoni a bambine e bambini che si dichiarano a disagio con il proprio genere, saltando ogni valutazione psicologica. Medicalizzandoli fin dall’inizio, in altre parole sdoganando ciò che dalla Svezia al Regno Unito è stato messo al bando e che gli stessi luminari della medicina trans in America chiedono di frenare. Un braccio di ferro in cui Disney si è già ritagliata un posto al sole, rivoltandosi contro la legge del Texas che vieta la somministrazione di bloccanti ai minori e aprendo loro le porte a un mondo in cui i sogni (degli adulti) son desideri.

Disney, sogni adulti e nuovi bigotti

Ma davvero un mondo dei sogni e del fantastico così smaccatamente adulto, denso di aspettative e ideologicamente orientato, un bambino è libero di muoversi, essere un bambino? «No, è fortemente condizionato. Però ad aiutarlo non è mai la paura, ma la capacità dei genitori di insegnare ai figli a distinguere tra la libertà responsabile e magari politicamente scorretta che loro propongono, e l’osservanza bigotta alle nuove liturgie proposte dalle sette della neutralità sessuale. Il conformismo e il settarismo ideologico sono il punto debole del tentativo di “disfare i generi” posti dalla Creazione (è il titolo del libro-programma dell’ideologa Judith Butler) organizzato da Lgbt. Ed è ciò che i genitori devono con franchezza (e conoscenza di causa) denunciare, anche di fronte ai figli. Facendo attenzione – conclude Risé – di non cadervi a loro volta».

Foto Ansa

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