Idee per un conservatorismo italiano cattolico e quindi europeo

È sulle generazioni giovani di oggi e di domani che si vedrà se l’Europa avrà scelto la strada di rimanere se stessa o se sarà un’appendice asiatica

Il Centro culturale Vivere Salendo di Verona intende offrire il proprio contributo di pensiero all’interessante dibattito inaugurato da Tempi a seguito della proposta della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, di rappresentare il mondo dei conservatori italiani ed europei, categoria politica che per noi latini è del tutto nuova.

Ciò che segue è un estratto del discorso tenuto dal presidente di Vivere Salendo, Diego Marchiori, al seminario organizzato dalla Fondazione Magna Carta del sen. Gaetano Quagliariello “A Cesare e a Dio, Chiesa e secolo dopo la pandemia”. Riteniamo, infatti, che possa rispondere – seppur parzialmente – a una parte della domanda posta da Carlo Visconti: che cosa dobbiamo conservare? Ma anche proseguire il ragionamento del professor Giovanni Maddalena sui punti “conservare il realismo” e “conservare l’idea di popolo” i cui concetti – nell’ideoprassi cristiana – non sono solo astratti, ma diventano un fatto che trascende la storia umana, i suoi confini temporali e geografici, ma ben incarnati in tre capitali: Atene, Gerusalemme e Roma.

In tal senso ci riteniamo ingaggiati sull’idea di Lorenzo Malagola di pensare un conservatorismo italiano, di chiara matrice latina e cattolica, e per questo veramente europeo secondo l’assunto del filosofo (e veronese di nascita) Romano Guardini: L’Europa è un’entelechia vivente, una figura spirituale operante. La sua identità, dice sempre Guardini, è indissolubilmente legata alla “figura Christi” e la sua missione è il disciplinamento etico della potenza (Europa, compito e destino).

Oggi siamo all’alba di una nuova fase del modernismo ateo-materialista, quello che altri definiscono post-umano o post-moderno, noi lo chiamiamo transumanismo. È una nuova cultura pagana che si sta imponendo con caratteristiche pseudoreligiose, e che a maggior ragione deve soppiantare la cultura preesistente, cristiana. Per farlo deve forgiare un nuovo linguaggio, un nuovo schema di pensiero, un nuovo ordine morale, sociale e politico. Ed è sulle generazioni giovani di oggi e di domani che si vedrà se l’Europa avrà scelto la strada di rimanere se stessa o se sarà un’appendice asiatica con la capitale che più di altre esprime la nuova volontà di potenza dell’uomo senza Dio e della comunità anonima: Pechino.

Custodire la memoria, trasmettere la vita

Se è vero, ed è vero, che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra, allora per poter trasmettere un futuro alle prossime generazioni bisogna ritornare a fare memoria del passato, non solo, bisogna saper custodire ciò che ci è stato dato. Il testo biblico in Genesi assegna all’essere umano il compito di coltivare e custodire la terra. Mentre “coltivare” significa arare o lavorare un terrendo, “custodire” vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare (Papa Francesco, Laudato Sì).

Nella logica di un’ecologia integrale vale per l’ambiente e a maggior ragione per i rapporti umani. Una cura che passa quindi dalla trasmissione del significato di un patrimonio. Qui è san Giovanni Paolo II che ci spiega bene il concetto: l’espressione “Patria” si collega con il concetto e con la realtà di “padre”. La patria coinvolge i valori e i contenuti spirituali che compongono la cultura di una data nazione. La patria dunque è l’eredità e, nello stesso tempo, è la situazione patrimoniale derivante da tale eredità; ciò riguarda anche la terra, il territorio (Giovanni Paolo II, Memoria e Identità).

Sempre Giovanni Paolo II: La patria come patrimonio del padre viene da Dio, ma nello stesso tempo viene anche, in qualche misura, dal mondo. Cristo è venuto nel mondo per confermare le eterne Leggi di Dio, del Creatore. Contemporaneamente, però, Egli ha dato inizio a una cultura del tutto nuova (Giovanni Paolo II, Memoria e Identità). E questa nuova cultura è stata il cristianesimo. Cultura significa coltivazione, la quale si trasmette per mezzo di segni e significati nel corso del tempo e dei rapporti umani.

La fede cristiana, e quindi la sua inculturazione in Europa, ha veramente trasformato il mondo.

L’Europa è l’unico continente tale per formazione culturale. È la culla della civiltà che ha concepito il concetto di dignità della persona umana, e di conseguenza di giustizia, di bene comune, di solidarietà. È l’Europa il terreno nel quale è cresciuta la consapevolezza di Ippocrate e di Beccarìa, in cui ha dominato il pensiero che ogni vita è sacra e subordinata a Dio. Questo almeno fino all’avvento della modernità. Il tipo di cultura di oggi, la cultura di cui tutti viviamo ha come nemico supremo, odia, il padre. E il padre che odia la cultura odierna è l’odio verso tutto ciò che indica il fatto che ciò che sono dipende da qualcosa che viene prima (L. Giussani, Affezione e dimora).

C’è un odio profondo di tutto ciò che è passato, ma a differenza delle ideologie del ‘900 oggi domina l’emozione. Per dirla con Brague: siamo in un presentismo che riduce la nostra esperienza a un presente che dimentica tutto ciò che lo ha fatto diventare quello che è. Un presente essenzialmente ingrato (Tempi, ottobre 2021). Tale ingratitudine porta le diverse generazioni a non riconoscersi più parte dello stesso cammino di storia.

D’altra parte, i decenni precedenti hanno rappresentato la progressiva incapacità di trasmettere qualcosa ai posteri. Per usare le parole del giovane conservatore europeo Bellamy, l’uomo moderno ha individuato il proprio nemico: la trasmissione, la tradizione (F.X Bellamy, I diseredati).

La rottura sta tra chi è un passo avanti nel cammino, che deve tracciare il percorso per chi verrà dopo.

Ma anche tra chi sta un passo indietro, che ha il dovere di custodire la memoria del cammino.

Nella rottura di questo processo di custodia e di trasmissione, si opera come lo sradicamento di un albero dal proprio terreno. Ed un popolo senza memoria è come un albero senza radici. Muore. Questo è ciò che sta avvenendo soprattutto da quando l’Europa ha scelto scientemente di rifiutare le proprie radici cristiane.

Stiamo cancellando e negando il nostro passato. Consegue la consegna alle generazioni prossime un futuro arido, sterile, senza vita.

Noi giovani ed adulti controcorrente siamo chiamati a custodire la memoria e a trasmettere la vita. Ma pure a custodire la vita e a trasmettere la memoria.

Foto Ansa

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