Brutte storie al Corriere, dal dossierino sui putiniani al pasticcione Blackstone

L’editore del Corriere della Sera Urbano Cairo (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Sta accadendo un sommovimento, per via della guerra di aggressione russa all’Ucraina, che non ritroviamo in nessun altro periodo della storia europea e mondiale. Un elemento fondante lo storico consesso internazionale mondiale si è rotto per sempre. Si è rotto definitivamente il principio del realismo nelle relazioni internazionali, principio che ha sempre condotto gli Stati e i rappresentanti più consapevoli e colti di essi fuori dalle secche più terrificanti in cui la civilizzazione umana ha rischiato di affondare ed essere travolta molte volte. Come accade oggi e non ne abbiamo piena consapevolezza».

Mentre impazzano la retorica e la propaganda non solo da parte del nostro “giornalista collettivo” ma anche in certe scelte istituzionali, Sapelli tenta, un po’ disperatamente, di far capire a che cosa porta questa deriva.

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Su Dagospia si scrive: «Ecco come è andata. Due giorni prima che il Corriere pubblicasse la presunta “lista dei putiniani” affibbiata dalle due giornaliste al Copasir, si è tenuto un incontro allargato sulla “disinformazione” in Italia. Presenti i vertici del Dis e della cybersicurezza più altri funzionari di vari ministeri (Viminale, Farnesina). Lì è circolato un report di poco conto, fatto dall’intelligence e dei reparti di cybersicurezza usando fonti aperte come se ne fanno di continuo (Domani ne aveva pubblicato uno a marzo, ma senza parlare di lista, dove si indicava una senatrice ex M5s e profili di Qanon). Un dossier che qualcuno degli astanti ha passato al Corriere prima ancora che arrivasse al Copasir».

Che brutta storia!

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Su First online Ugo Bertone scrive: «Due a zero. Urbano Cairo, editore in Rcs e La7, incassa una secca sconfitta contro Blackstone: la sentenza della Corte d’appello di Milano sul caso Rcs-Blackstone è netta e inequivocabile. Ora il presidente del Torino dovrà giocare in trasferta al tribunale di New York che il 25 luglio dovrà stabilire la competenza territoriale sulla causa risarcitoria intentata da Blackstone contro Rcs che, oltre al Corriere della Sera, edita anche la Gazzetta dello Sport per la somma di 600 milioni di dollari: 300 per la mancata vendita nel 2018 degli edifici di via Solferino ad Allianz Real Estate più altri 300 per danni chiesti allo stesso Cairo, che comunque non risponderà personalmente perché ha agito non come azionista ma come legale rappresentante della società. Se la causa dovesse restare sul suolo Usa aumenterebbero le possibilità che le richieste giudiziali di Blackstone vengano accolte. Assieme ai malumori di Banca Intesa, primo creditore del gruppo, e di altri azionisti che, a suo tempo, non hanno gradito la decisione di non effettuare alcun accantonamento di bilancio a fronte delle richieste di Blackstone, ritenute infondate».

Vi è una concreta possibilità che si scateni un terremoto in uno dei punti nodali dell’establishment milanese-italiano: Urbano Cairo, il Corriere della Sera e i suoi rapporti con Banca Intesa. Chissà se anche certe avventate iniziative editoriali contro i “putiniani d’Italia” risentono di questa situazione.

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Su Fanpage Annalisa Girardi scrive: «È stata bocciata al Parlamento europeo la proposta di riforma dell’Ets (Emissions Trading System), il sistema che regola lo scambio di quote di emissioni inserito all’interno del pacchetto sul clima Fit for 55. I Socialisti hanno deciso di affossare il testo dopo il voto dei Popolari a favore di alcuni emendamenti (sostenuti anche dai gruppi Ecr e Id, l’estrema destra) che avrebbero di fatto annacquato la riforma in questione. Si torna così in commissione Ambiente, dove bisognerà ricominciare dall’inizio il lavoro per un accordo condiviso. “Non potete chiederci di approvare un pacchetto dove vi siete alleati con l’estrema destra per fare passare gli emendamenti”, ha detto Iratxe García Pérez, la presidente del gruppo S&D, rivolgendosi al Popolari, alleati nella maggioranza. Hanno votato contro anche Renew e i Verdi: in totale i voti contrati sono stati 340, contro 265 favorevoli e 34 astenuti. Di conseguenza si è deciso di rinviare altri due voti previsti oggi sempre in seno al pacchetto Fit for 55, quello sul Fondo sociale per il clima e quello sul Carbon Border Adjustment Mechanism, la cosiddetta carbon tax alle frontiere. Sono stati rimandati fino a quando non si raggiungerà un accordo sugli Ets. Nel pomeriggio ci saranno invece altre votazioni sulle misure proposte nel pacchetto sul clima, anche se con la bocciatura della riforma sulle quote di emissioni di fatto rimane tutto bloccato».

Qualche giorno fa il nostro “giornalista collettivo”, che ogni giorno ci spiega qual è l’assolutamente vera verità, ci aveva presentato la nomina di Manfred Weber a presidente del Ppe (nonché tuttora capogruppo Ppe al Parlamento europeo) come in totale continuità con il superatlantista Friedrich Merz nonché con quella stordita di Ursula von der Leyen orfana di un’Angela Merkel, persa a cercare farfalle sotto l’arco di Tito per giustificare la sua politica verso Mosca. In realtà Weber, esponente della Csu bavarese, è un politico assai attento ai movimenti in Mitteleuropa da Budapest a Vienna, non alieno dai rapporti con la destra del Parlamento europeo, e per questo motivo fatto fuori da presidente della Commissione europea, a favore della “stordita”, per opera di Emmanuel Macron e della Merkel. Al di là dei riti bruxellesi che si concludono sempre con qualche accordo burocratico-retorico, una riflessione sui movimenti di fondo della politica nel nostro Continente sarebbe preziosa.

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