«L’Unione Europea va riformata». Draghi ha ragione, ma dimentica un pezzo

Palando a Strasburgo, il premier ha giustamente rilanciato la «revisione dei Trattati Ue», proponendo di «superare il principio dell’unanimità». Ma l'Europa non cambierà se non riscoprirà la sua anima

«La guerra in Ucraina pone l’Unione Europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica». Non è mai banale, Mario Draghi, nei suoi interventi ufficiali in sedi istituzionali e il discorso di ieri davanti alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo non ha fatto eccezione.

«L’Europa s’impegni per la pace in Ucraina»

Il presidente del Consiglio ha innanzitutto assunto, sul conflitto in corso, la posizione più ragionevole. Allontanandosi dai toni più duri delle prime fasi, che hanno portato a dichiarazioni inappropriate come quelle del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha spiegato che «dobbiamo sostenere l’Ucraina, il suo governo e il suo popolo», perché «in una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste».

Poi, allineandosi sulle posizioni dialoganti di Francia e Germania, e allontanandosi da quelle bellicose di Stati Uniti e Gran Bretagna, ha aggiunto che «l’Italia, come paese fondatore dell’Unione Europea, come paese che crede profondamente nella pace, è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica. Questo è l’obiettivo principale verso cui si deve muovere l’Ue e si muove il mio governo».

Tetto al prezzo del gas, non embargo

In materia energetica, ha ribadito che «bisogna trovare subito soluzioni per proteggere le famiglie e le imprese dai rincari». Ha ribadito che «abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Unione Europea ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico» e che «continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro».

Ribadendo l’importanza di imporre un tetto al prezzo del gas, che farebbe diminuire sia il costo dell’energia sia le entrate del Cremlino, non ha invece parlato di embargo e non ha smentito le parole rilasciate dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani a Politico: «Penso che sarebbe bene per qualche mese, almeno, permettere alle aziende di andare avanti e pagare in rubli, mentre comprendiamo il quadro giuridico e le implicazioni».

Cingolani non ha in realtà proposto di violare le sanzioni europee, ma di cedere per qualche mese al sistema del doppio conto in Gazprombank proposto dal Cremlino. Il ministro ha subìto forti critiche dalla Commissione europea per la sua uscita, poi in parte smentita, ma la realtà è che in assenza di un meccanismo europeo per coprire e condividere i costi derivanti dallo stop al gas russo, la strada realista indicata dal ministro è l’unica percorribile.

Draghi: «Riformare l’Unione Europea»

La parte più importante del discorso di Draghi è però quella in cui ha rilanciato la necessaria «revisione dei Trattati Ue»: «Le istituzioni europee che i nostri predecessori hanno costruito negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi davanti». «Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso: dall’economia, all’energia, alla sicurezza», ha aggiunto proponendo di «superare il principio dell’unanimità, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata».

Che l’Unione Europea abbia seri problemi di governance, avendo troppo spesso logiche tecnocratiche la meglio su quelle democratiche, è ammesso ormai anche dai più accaniti fan di Bruxelles. Draghi fa dunque bene a proporre di modificare gli aspetti più obsoleti dei Trattati. Ma non basterà cambiare le regole decisionali per restituire all’Ue la grandezza ideale dell’Europa e l’unità nel campo della politica estera e della difesa.

Il problema dell’Europa è l’anima perduta

Infatti, come scriveva su Tempi monsignor Massimo Camisasca, l’inadeguatezza della governance è solo il sintomo della malattia dell’Europa, che affonda le radici nel tradimento della sua identità:

«L’Europa non ha un’anima. Non ha consapevolezza della propria cultura comune, della propria storia. Pensa che tutto il bene possa venire soltanto dai mercati, dalle tecnologie, dal compromesso politico, dalla diffusione di ciò che ella chiama “diritti”, operando una rivoluzione antropologica tesa a scardinare i valori su cui si è retta la storia del continente. Ha cercato di buttar fuori le proprie origini ebraico-cristiane e non si è accorta che in questo modo finiva per escludere ogni riferimento ideale e storico, compresi l’Umanesimo e il Rinascimento – profondamente cristiani – la riforma luterana e perfino l’Illuminismo che voleva leggere in modo radicalmente nuovo gli ideali di ragione, uguaglianza e libertà che venivano dal passato della storia europea. L’Europa non ha un’anima per questo non riesce ad esprimere un unitario progetto politico e diplomatico. Non riesce ad attrarre i cuori di altri popoli».

Se Draghi vuole davvero riformare l’Unione Europea deve partire da qui.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Exit mobile version