Con l’accordo tra Turchia e Libia Erdogan torna a fare la faccia feroce

Ankara firma un memorandum d’intesa con il governo ad interim di Tripoli per sfruttare le risorse energetiche nelle acque del Mediterraneo rivendicate da altri Paesi. La rabbia dell'Unione Europea

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto Ansa)

Non si è fatto nessun problema per il fatto che tre giorni dopo si sarebbe trovato faccia a faccia col primo ministro greco Kyriakos Mtisotakis al summit della Comunità politica europea a Praga: lunedì 3 ottobre Erdogan ha mandato a Tripoli i suoi ministri degli Esteri, della Difesa, del Commercio e dell’Energia (accompagnati dai consiglieri presidenziali per gli affari esteri e l’informazione) a firmare un memorandum d’intesa col governo del primo ministro Abdulhamid Dabaiba per lo sfruttamento delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale, in quelle stesse acque che Grecia, Egitto e Cipro rivendicano come parte delle loro Zone economiche esclusive.

«Il memorandum vìola i diritti sovrani di stati terzi»

E così tre anni dopo il memorandum turco-libico del novembre 2019 con il quale i due paesi rivendicavano il diritto a sfruttare insieme le risorse di una fascia di Mediterraneo che va dalle coste sud-orientali della Turchia a quelle nord-orientali della Libia, e che aveva suscitato vivissime reazioni negative nella comunità internazionale, una nuova salva di reazioni ostili si è levata da molte capitali.

L’Unione Europea ha ribadito quanto aveva pronunciato tre anni fa: «La Ue ricorda che la sua posizione su questo Memorandum è stata chiaramente dichiarata dal Consiglio europeo nel dicembre 2019 e rimane immutata. Il Memorandum d’intesa fra Libia e Turchia del 2019 vìola i diritti sovrani di stati terzi, non rispetta la Legge del Mare (l’insieme delle convenzioni internazionali relative alle acque territoriali e non territoriali – ndr) e non può produrre nessuna conseguenza legale per stati terzi».

L’appello di Washington e la rabbia di Atene

Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato che il governo provvisorio di unità nazionale della Libia ha l’obbligo, fissato dal Forum di dialogo politico libico (l’istanza che ha approvato le attuali istituzioni libiche nel febbraio 2021), di non firmare nuovi accordi che turberebbero le relazioni estere del Paese o che si tradurrebbero in obblighi a lungo termine.

«Invitiamo tutte le parti ad astenersi da azioni che rischiano di aumentare la tensione nel Mediterraneo orientale», ha affermato un portavoce del Dipartimento di Stato. Rabbiosa Atene: « Il “memorandum” turco-libico del 2019 è illegale, nullo e invalido. Pertanto, nessuno ha il diritto di invocarlo», ha comunicato il ministero e ha twittato il ministro degli Esteri Nikos Dendias. È stata pure preannunciata una «reazione a livello sia bilaterale che di Unione Europea e Nato».

Anche in Libia c’è chi dice no al memorandum

Ma anche in Libia la firma del nuovo Memorandum (il cui testo non è stato fino a oggi diffuso) non ha sollevato entusiasmi ovunque. Aguila Saleh, presidente della Camera dei Rappresentanti (il cosiddetto “parlamento di Tobruk”), e Fathi Bashagha, capo del governo alternativo sostenuto dal parlamento della Cirenaica, hanno respinto l’accordo del 3 ottobre come nullo, così come ha fatto l’Alto Consiglio di Stato (altro organo di transizione). In una lettera alle Nazioni Unite, Saleh ha affermato che l’accordo non è vincolante per lo Stato libico perché il mandato del governo ad interim con sede a Tripoli, guidato da Abdulhamid Dabaiba, è scaduto. Ha avvertito che l’accordo destabilizzerebbe il Mediterraneo orientale. Bashagha lo ha deprecato come una minaccia alla pace e alla stabilità in Libia.

Gli oppositori di Dabaiba sostengono che il suo mandato è terminato nel dicembre 2021 quando la Libia non ha tenuto le elezioni, come delineato in una tabella di marcia per la pace mediata dalle Nazioni Unite. Inoltre, affermano, la tabella di marcia non autorizza il governo ad interim di Dabaiba a concludere accordi internazionali. Persino il ministro del Petrolio del governo di Dabaiba, Moahamed Aoun, si è lamentato di essere stato esautorato alla vigilia della firma del nuovo memorandum, in quanto dubbioso dei suoi contenuti. Le deleghe di Aoun sono state trasferite al ministro dell’Economia Muhammad Al-Huwayj, che ha firmato il Memorandum per parte libica insieme al ministro degli Esteri signora Najla el Mangoush.

L’inversione di rotta nella politica estera della Turchia

La vicenda del nuovo Memorandum è importante perché segnala un’inversione di rotta nella recente politica estera della Turchia. Nell’anno in corso Ankara – da sempre dalla parte del Governo di unità nazionale tripolitano- aveva cercato di condurre una politica di conciliazione fra le istituzioni rivali di Tripoli e di Tobruk, mediando fra Dabaiba e Bashagha: in agosto Erdogan aveva ricevuto in Turchia Aguila Saleh, il presidente del parlamento di Tobruk che aveva rigettato il Memorandum del 2019 sia per quanto riguardava le prospezioni marittime che l’addestramento di truppe libiche da parte dei turchi.

Sempre nel corso di quest’anno, in particolare in luglio e agosto, Erdogan aveva fatto sforzi per normalizzare i rapporti con l’Egitto, pessimi dai giorni della deposizione del presidente Mohamed Morsi da parte dell’allora colonnello al-Sisi. La rivalità si era trasferita in Libia, dove turchi ed egiziani hanno sostenuto le parti libiche rivali. Andavano avanti dal gennaio 2021 le trattative diplomatiche fra Grecia e Turchia sulle varie controversie che le separano, ma già nel giugno di quest’anno Ankara aveva chiuso la porta ai negoziati dopo che Mitsotakis, in visita a Washington, aveva chiesto al Congresso americano di non vendere i caccia F35 alla Turchia.

La Turchia non è più conciliante

La firma del Memorandum del 3 ottobre segna la fine della fase conciliante della politica estera della Turchia, che torna ad essere conflittuale nei confronti della Grecia, dell’Egitto, della Cirenaica e della stessa Unione Europea. «La Ue non è un organo giudiziario internazionale che può commentare o giudicare accordi tra paesi terzi sovrani. Qualsiasi obiezione a un accordo firmato da due Stati sovrani costituisce una violazione del diritto internazionale e dei principi fondamentali dell’Onu», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri turco Tanju Bilgic in riferimento alle dichiarazioni di Bruxelles sul nuovo Memorandum.

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