Se appartenere a Cl o alla Cdo è un reato, allora è finita per tutti. Anche per i non ciellini

Dopo il caso Kaleidos dobbiamo aspettarci che di ogni imprenditore o semplice cittadino indagato o arrestato, oltre alle generalità, si declinino in conferenza stampa e nelle ordinanze anche le “appartenenze”?

«I comportamenti delittuosi erano legati a un sentire comune basato sull’appartenenza alla medesima struttura. Un legame così profondo che a volte prescindeva anche dal pagamento di una somma di denaro».
Alfredo Robledo, pm del caso Kaleidos

«È uno spunto un po’ acerbo per fondarvi il commento (stilato dai carabinieri all’epoca e riportato dal gip) sulla “consapevolezza dell’appartenenza ad un sistema che vede il suo vertice politico-istituzionale nel presidente della Regione” e “rappresentata da anni lo strumento delle ingerenze nell’Aler”».
Luigi Ferrarella, Corriere della Sera

Coincidenza vuole che le più pesanti considerazioni lette e ascoltate in margine alla retata scattata a Milano 24 ore dopo l’uscita di un documento della Compagnia delle Opere sulle elezioni (documento che tra l’altro segnala come modello per tutta Italia la Regione Lombardia) riguardino proprio la Cdo e l’amica Comunione e Liberazione. Indicati dai magistrati inquirenti come referenti di «appartenenza» e «legame così profondo» che, appunto, il sistema corruttivo addirittura «a volte prescindeva anche dal pagamento di una somma di denaro». Di fatto, i rilievi del pm Alfredo Robledo e del Gip Giuseppe Gennari suggeriscono, senza esplicitarla, l’idea che Cdo e Cl siano una sorta di consorteria (o una “mafia”?) insediata in Lombardia e al cui vertice c’è (c’era) Roberto Formigoni (che, nota bene, non è neppure indagato).

Siamo in campagna elettorale. Non è escluso, come han detto gli onorevoli Maurizio Lupi (Pdl) e Mario Mauro (Monti) a proposito dei guai giudiziari di Raffaele Fitto (Pdl) improvvisamente riesplosi, che certi magistrati potrebbero ben essere arruolati ai vertici delle Ferrovie dello Stato, vista la loro puntualità. Sfiducia nella giustizia italiana? Sì. Ma senza vittimismi e senza difesa pregiudiziale degli imputati. Garantismo? Sempre e con tutti. Specie se con parole sorprendenti si chiamano in causa organizzazioni con 38 mila imprese associate e movimenti religiosi con centinaia di migliaia di aderenti sparsi in tutto il mondo.

Le parole contenute nell’ordinanza del Gip sul caso Kaleidos le abbiamo già riportate ieri sul nostro sito: perché ciascun lettore possa prendere direttamente visione dei fatti e dei relativi capi di imputazione (certamente pesanti e all’apparenza ben circostanziati) riguardanti le persone finite in carcere a San Vittore. Ricordiamo però che nell’ordinanza vi sono solo le accuse del pm, ritenute fondate nel momento che un giudice delle indagini preliminari le sottoscrive e autorizza gli arresti, ma accuse anche e ancora tutte da dimostrare in processo. Quindi, prima di dare giudizi definitivi, teniamo ben presente che il processo è fatto di accusa, difesa, dibattimento, sentenza. Non è fatto, il processo, come è invalso da molti anni, di soli ed esclusivi atti di accusa e ordinanze rovesciati sui giornali come prove e sentenze definitive. Ricordare che secondo Costituzione e Diritto, un imputato è innocente fino a sentenza definitiva.

Se fosse altrimenti – se fosse cioè come in effetti succede solo in Italia e da un po’ troppi anni – a decretare la morte civile di qualsiasi cittadino basterebbe la sola ed esclusiva notizia che un cittadino è indagato. Così come hanno decretato l’incandidabilità dei politici anche solo sottoposti a indagine, non ancora processati e quindi non ancora sentenziati, non un solo imprenditore, funzionario pubblico, lattaio piuttosto che professore, potrebbe oggi sopravvivere nella professione che svolge qualora egli ricevesse anche solo un avviso di garanzia.

Con tutte le conseguenze di strapotere, incostituzionale perché sostanzialmente senza argini, che ha di fatto il magistrato inquirente in Italia. Di fatto così. Di fatto un pm può puntare un individuo o un gruppo, aprire un fascicolo, arrivare a un avviso di garanzia. Il resto importa poco. Importa che su un’indagine i giornali possano titolare. Segue morte civile degli indagato/i. Anche se tra uno, due, dieci anni, un giudice assolverà il malcapitato/i.

Dopo di che, risulta talmente evidente il carattere discrezionale che ha l’attività investigativa e l’esercizio obbligatorio dell’azione penale oggi in Italia, che essi possono essere esercitati sia per rivoltare un territorio come un calzino (come capita in Lombardia), sia per registrare che in un altrove territoriale e politico non capita quasi niente, se non qualche delitto di sacra corona, di camorra o di ‘ndrangheta.

Detto ciò, in attesa che illustri magistrati, ma anche semplici cittadini iscritti a qualunque associazione, di impresa o di cultura, religiosa o agnostica, di partito o apartitica, animalista o di cacciatori, intervengano sull’argomento, mi permetto evidenziare l’abnormità – almeno così a me pare – di un’ordinanza e di una conferenza stampa in cui magistrati sostengono motivazioni del genere:

1 Che vi sia una stretta correlazione tra responsabilità personale e penale di un determinato individuo incriminato per un determinato delitto (nel caso Kaleidos, presunta “corruzione” e presunta “turbativa d’asta”) e l’appartenenza dello stesso individuo a una certa cerchia, associazione, comunità di individui. In un solo caso a me pare sia possibile anche solo adombrare una correlazione del genere: quando un magistrato ritenga e, dunque, motivi adeguatamente, di essersi imbattuto in un’associazione a delinquere di stampo mafioso.

2. Che delitti che hanno precise connotazioni e aggravanti previsti dal codice penale, possano essere interpretati così elasticamente da stabilire la tendenziale delittuosità di certi “legami profondi”, “motti” e “appartenenze” associazionistici, costituendo ciò un aggravante («Corruzione per appartenenza più pericolosa»)

Ps. Aggiungiamo per gli appassionati di logica tre quesiti.

a) Esiste secondo voi in Italia un solo funzionario pubblico svincolato da ogni cerchia o associazione o sindacato o partito o club, eccetera, ma talmente svincolato che non corra il pericolo di incrociare, nel suo concreto agire pubblico, interessi privati di carattere lobbistico, associazionistico, sindacale, partitico, eccetera? Dopo il caso Kaleidos c’è da aspettarsi inchieste e retate di funzionari pubblici in tutta Italia?

b) Dopo il caso Kaleidos dobbiamo aspettarci che di ogni imprenditore o semplice cittadino indagato o arrestato, oltre alle generalità, si declinino in conferenza stampa e nelle ordinanze anche le “appartenenze”? Ascolteremo nelle conferenze stampa delle procure che, poniamo, “Pinco Pallo, è un imprenditore appartenente a Confindustria” piuttosto che leggere su un’ordinanza che “Tizio e Caio e Sempronio, appartenenti a omissis, che hanno partecipato alle primarie di omissis, costituiti in rete con omissis, gli omissis sono per evitare una class action nei confronti del magistrato autore della presente ordinanza”?

c) Gli stessi magistrati non sono forse portatori di “interessi” privati quando passano in politica senza dimettersi e quando filtrano materiali giudiziari confidenziali, utilizzando così un servizio pubblico per produrre contenuti che servono a far vendere giornali? Questo genere di magistrati non piega forse la propria funzione pubblica a interessi privatistici e commerciali di un certo genere? C’è quindi anche questo genere di corruzione nella magistratura? Quanta corruzione c’è di questo genere? E quando, in genere, una, una sola toga, un Csm o una commissioncina inquirente, si pronuncerà su questo genere di magistrati?

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