Lo scherzo telefonico alla Meloni è un atto di guerra ibrida

L'opposizione di "miserabili" che crede alla storiella dei due "Totò" russi, le critiche sbagliate alla riforma presidenzialista del governo, i media che vogliono liberarsi di Giorgia, gli scenari in Israele. Rassegna ragionata dal web

Su Fanpage Mauro Volpi dice: «Premetto che non sono favorevole al presidenzialismo. Se posso dare un giudizio generale, rispetto alle tre proposte presidenziali che erano state ventilate, questa è la peggiore, perché non prevede i contrappesi che per esempio negli Stati Uniti ci sono, che però fanno fatica a funzionare anche nel contesto americano. Negli Stati Uniti abbiamo un Presidente che non può sciogliere il Parlamento e non ha la potestà legislativa, non ha quindi l’iniziativa legislativa. Qui avremmo un presidente del Consiglio eletto dal popolo che sarebbe titolare di poteri decisivi: nomina e revoca i ministri ed è libero di sciogliere il Parlamento quando vuole, basta che si dimetta. E se il Parlamento si azzarda a votare la sfiducia nei suoi confronti viene automaticamente sciolto. Insomma, in sostanza vengono meno due poteri fondamentali del Presidente della Repubblica: la nomina ed eventualmente anche la revoca dei ministri e viene meno il potere di scioglimento del Parlamento. Sarebbe tutto nelle mani del presidente del Consiglio, che è un primo ministro: l’Italia sarebbe l’unico Paese al mondo in cui questo accade, non c’è altra democrazia in cui sia prevista l’elezione popolare e una somma di poteri così forti del presidente del Consiglio».

Ecco il parere di uno dei tanti costituzionalisti ultraconservatori capaci solo di opporsi a qualunque vera scelta di riforma istituzionale e incapaci di capire il livello di crisi della parte ordinamentale della nostra Carta (presidenza della Repubblica, governo, Parlamento, sistema delle autonomie, sistema giudiziario). L’argomento centrale dei conservatori è inconsistente: già oggi dalla Spagna alla Gran Bretagna alla Grecia i premier hanno il sostanziale potere di sciogliere il Parlamento e le istituzioni democratiche di quegli Stati funzionano molto meglio di quelle italiane. L’idea di inseguire la scelta del cancellierato tedesco, poi, è strampalata: il modello tedesco è oggi in crisi ed è comunque figlio della storia “unica” della Germania. In realtà la sola arma del blocco di conservatori tipo Volpi è la popolarità (spesso non immeritata) di Sergio Mattarella. Però qualsiasi persona onesta intellettualmente dovrebbe riconoscere che mentre si deve essere grati al Capo dei pompieri che spegne gli incendi, si deve anche comprendere come il problema sia l’origine degli incendi e non solo il ruolo (da tener presente naturalmente) di chi li spegne. In questo senso Giorgia Meloni dando un quadro di riferimento (sia pur non brillantissimo ma concreto) al dato politico emergente (la formazione di un articolato schieramento conservatore di governo), in attesa che i De Luca, i Bonaccini, le Quartapelle, i Lorenzo Guerini formino una sinistra capace di essere alternativa di governo, cioè una sinistra alla ScholzStarmerFrederiksen e non alla MélenchonCorbyn, rimuove la causa di un bel po’ di incendi e inoltre inquadra una legislatura nella prospettiva dei cinque anni così da consentire di rimediare – su tasse, pensioni, investimenti – le scelte che l’emergenza di oggi (dopo due anni di un pagliaccio come Giuseppe Conte, due anni di Covid, e ora due guerre) costringe a fare in questo autunno del 2023.

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Su Dagospia si scrive: «Gli Europoteri che non amano Giorgia Meloni resteranno a guardare, aspettando il 9 giugno, data delle elezioni europee che potrebbero certificare l’irrilevanza dei conservatori di Ecr e dunque della Ducetta, all’interno delle dinamiche brussellesi».

L’opposizione a Giorgia Meloni non è sostenuta da quel gruppo di leader senza visione né carisma (inesistente anche senza bisogno che intervenga uno “scherzi a parte” dei servizi russi) che sono Carlo Calenda, Elly Schlein, Giuseppe Conte e Maurizio Landini, ma da media che hanno due anime: una diciamo così “torinese” molto isterica, e una (con sponde nel centrodestra) molto caciarona e “romana”. La prima sponda considera la Meloni un diavolo. La seconda una povera orfanella e conta molto sui poteri forti europei per liquidarla. Forse quest’ultima ”sponda” dovrebbe studiare meglio cosa sta succedendo in un Vecchio continente così popolato oggi da fantasmi: da Olaf Scholz a Emmanuel Macron, da Pedro Sanchez al fuggitivo Frans Timmermans, fino al trio Christine LagardeUrsula von der LeyenCharles Michel. In questo senso mi pare che puntare tutte le carte sui “poteri deboli” europei sia un bell’azzardo. Anche con l’aiutino dei già citati “scherzi a parte” dei servizi russi.

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Sul Sussidiario Gianandrea Gaiani dice: «Credo che l’obiettivo israeliano sia di cancellare Hamas dalla Striscia. L’idea di voler buttare fuori 2 milioni e 200mila palestinesi mi pare un po’ azzardata. Più facile trovare un accordo con i Paesi vicini per fare uscire Hamas una volta sconfitto. Molto dipenderà dall’andamento del conflitto: se dovesse allargarsi e configurarsi una coalizione arabo-islamica che combatte Israele, a quel punto qualunque iniziativa di Gerusalemme potrebbe risultare legittimata».

Le opzioni che Gaiani indica sono realistiche: quella ottimistica di neutralizzare Hamas senza una guerra generalizzata, e quella pessimistica di un conflitto più ampio se lo spirito da jihad si diffonderà in altre aree dello scacchiere mediorientale. Si tratta di pregare e operare perché prevalga il primo scenario, senza trascurare però di prepararsi al secondo.

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Su Formiche Valeria Covato scrive: «Quello che ha avuto come protagonista la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non è uno scherzo. È un’operazione di guerra ibrida, volta come tante altre attività russe (cinesi e iraniane), a creare tensioni e divisioni tra le opinioni pubbliche per indebolire il blocco Occidentale. Due prankster russi, noti come Vovan e Lexus, hanno ingannato la premier facendole credere di parlare con il presidente della Commissione dell’Unione Africana nei giorni in cui Meloni era impegnata nelle riunioni del G20. Contesto credibile, contatto potenziale, tutto in regola nel quadro di certe operazioni».

Solo dei miserabili tipo Elly Schlein, Giuseppe Conte e Carlo Calenda (ma non una persona seria come Lorenzo Guerini) possono credere alla storia di due “Totò” che dalla Russia di Vladimir Putin ingannano, tutto da soli, Giorgia Meloni come nel passato avevano beffato Angela Merkel, Pedro Sanchez e Recep Erdogan. La vicenda indica, però, anche una fragilità delle nostre istituzioni e della nostra politica? Certamente. È un esito inevitabile dopo trenta anni che lo strabordare dei poteri della magistratura ha squilibrato il nostro Stato, per di più con un commissariamento della nostra democrazia dal 2011 al 2022. La questione è chi vuole superare le nostre fragilità? Il trio dei “miserabili” privi di proposte o la pur rozza strategia della Meloni? Comunque al di là della beffa è interessante considerare le parole della presidente del Consiglio al farlocco rappresentante della Commissione dell’Unione africana: non c’è alcuna condiscendenza da mentalità colonialistica, e si dice la verità sia sull’Ucraina sia sulle difficoltà dei rapporti con Emmanuel Macron. Anche nella beffa la Meloni tiene la barra dritta sulla linea di voler creare un parteniarato con gli interlocutori africani e di non voler sostituire la crescente egemonia russo-cinese come invece sognano i francesi e in parte gli spagnoli (nostalgici del recente passato), e come è impegnato a fare Erdogan grazie allo spazio che gli ha regalato a suo tempo Barack Obama in Libia.

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