Sapelli: «Il Piano Mattei sia uno sforzo congiunto di Stati e imprese»

Intervista all'economista nel giorno della conferenza di presentazione. Il ruolo dell'Eni e di Descalzi, la pacificazione del Congo e l'appoggio dell'Ue. E il suggerimento di qualche nome per portare avanti il progetto

Mentre proseguono la guerra in Ucraina e la crisi in Medio Oriente, con la rotta del Canale di Suez di fatto bloccata dagli attacchi dei ribelli sciiti yemeniti Houthi nel Mar Rosso, il governo guidato da Giorgia Meloni cerca di mutare il paradigma dei rapporti internazionali puntando sull’Africa e sul suo sviluppo. Sfruttando anche la presidenza di turno del G7, il governo ha sottolineato la propria volontà di proiettarsi verso sud con il Piano Mattei per l’Africa, evocato dalla premier sin dall’inizio del suo mandato nell’ottobre 2022.

Considerato una sorta di antidoto alle cause profonde della migrazione, in linea anche con il processo di Roma lanciato a luglio 2023, il Piano Mattei verrà ufficialmente presentato alla Conferenza Italia-Africa in programma oggi e domani a Roma dal titolo “Un ponte per una crescita comune” a cui prenderanno parte numerosi capi di Stato, di governo e ministri dei Paesi africani, nonché i vertici dell’Unione europea, tra cui la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Intervistato da Tempi, l’economista Giulio Sapelli, docente alla Statale di Milano e presidente della fondazione Germozzi, richiama quello che fu il ruolo di Enrico Mattei e dell’Eni in Africa. «L’obiettivo era quello di produrre sviluppo locale», ricorda, facendo notare come tale approccio abbia caratterizzato il lavoro dell’Eni anche dopo la morte del fondatore. «Se si trovava un giacimento si lavorava per far crescere l’iniziativa delle popolazioni locali».

Giulio Sapelli è professore ordinario di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Economia politica

Obiettivi e partner

Il Piano Mattei avrà durata quadriennale e interesserà una serie di ambiti, dalla cooperazione allo sviluppo, alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, fino allo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, mirando alla formazione professionale e al sostegno all’imprenditoria locale.

Tra gli obiettivi principali vi è quello di consentire ai Paesi africani di sfruttare da soli le proprie risorse, sviluppando anche la gestione delle catene produttive, ad esempio tramite la raffinazione in loco delle materie prime con mezzi più tecnologici.

Tra i Paesi su cui sta puntando il governo per porre le basi del Piano, che mira ad avere il sostegno europeo, vi sono il Mozambico, il Congo Brazzaville, l’Etiopia (visitati nel corso del 2023 da Meloni) a cui si aggiungono l’Angola, il Burundi, la Mauritania e la Somalia, i cui leader sono stati in visita in Italia nel corso dello scorso anno.

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Fondamentale la pacificazione del Congo

Per Sapelli, il Piano Mattei «è un’azione di un’azienda di grande prestigio internazionale, che ha la fortuna di avere ancora degli eredi di Mattei». Per l’economista, l’Ad di Eni, Claudio Descalzi, «è il vero erede di Mattei» e, non a caso, «è molto legato all’Africa anche da rapporti familiari» e vanta «un’immensa competenza dell’upstream».

Per l’economista, il Piano Mattei «oggi non potrebbe essere che uno sforzo congiunto degli Stati e delle compagnie per risolvere, ad esempio, la questione congolese». Fatto importante perché «il Congo è il cuore dell’Africa». Lì si è combattuta, tra il 1998 e il 2003, quella che è stata definita “la Guerra mondiale africana”, terminata con l’istituzione del Governo di transizione della Repubblica democratica del Congo, e, ad oggi, non ancora di fatto terminata.

Iniziata come conseguenza del genocidio dei tutsi da parte degli hutu, la guerra è considerata il più grande conflitto della storia recente africana che ha coinvolto otto Paesi (Ruanda, Uganda e Burundi dalla parte delle forze antigovernative e Namibia, Zimbabwe, Angola e Ciad alleate di Kinshasa) e circa 25 gruppi armati.

«Il Congo – fa notare Sapelli – è grande quanto l’Europa e ha solo 70 milioni di abitanti». Sarebbe fondamentale pacificare un’area in cui oggi viene estratto più del 70 per cento del cobalto di tutto il mondo: si darebbe così opportunità di impiego a molti africani che oggi, viste le difficili condizioni di vita, «mirano solo a emigrare in Europa». Per Sapelli si potrebbero raggiungere importanti traguardi lavorando sul Congo e, naturalmente, «anche sull’Angola e il Mozambico, dove l’Eni ha già iniziato il suo operato».

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Cooperazione tra imprese e Stati

Secondo l’economista per portare avanti il Piano è necessaria la cooperazione delle imprese e degli Stati: «Serve lo Stato. Il mercato non può fare il Piano Mattei. Il Piano Mattei si fa solo con l’economia mista». Così come non bisogna illudersi che tutto si possa fare con uno schiocco di dita: si tratta di un progetto «di lunghissimo periodo». «Bisogna unire le grandi imprese e gli Stati, questo è il problema di fondo», prosegue Sapelli, secondo cui «deve esserci un’alleanza tra gli Stati nazionali e le imprese a cui l’Ue deve dare il suo appoggio». “Appoggio” indispensabile, nota l’economista, che però non vorrebbe alcun coinvolgimento della Ue «nell’organizzazione».

Per quanto riguarda la gestione nel dettaglio di un’iniziativa di tale portata, l’economista ricorda la necessità di scegliere persone competenti che vantino expertise di settore, facendo anche alcuni nomi di grandi manager italiani come Alberto Meomartini (con un lungo passato ai vertici di Snam e Saipem), Paolo Scaroni (già amministratore delegato di Eni e attuale presidente di Enel), Salvatore Carollo (ex dirigente Eni considerato un’autorità in campo petrolifero). «L’autorevolezza dei componenti che andranno a guidare il Piano Mattei sarà fondamentale», conclude l’ecomomista.

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