Rapporti con l’Ue, transizione ecologica, manovra. «Dopo il voto bisognerà ripensare tutto»

«Calenda è una costoletta del Pd, non mi stupisce la sua scelta: il centro in Italia non esiste. A destra vedo sana competizione, il M5s è tornato a sinistra della sinistra. Draghi aveva esaurito la spinta». Intervista a Maurizio Sacconi

Il presidente del Consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri sul dl Aiuti bis, giovedì (foto Ansa)

Un centro indipendente non è mai esistito, Carlo Calenda è una costoletta della sinistra, i 5 Stelle non sono altro che l’ennesima versione della sinistra estremista e radicale, il Pci fu la rovina di tutti gli altri partiti, Mattarella è di parte e Draghi, dopo aver annusato l’aria del Quirinale, l’hanno tenuto sull’uscio in attesa per poi mollarlo. Invece ha mollato loro.

Se non si trattasse di Maurizio Sacconi e se non vi fosse alcun legame logico-concettuale tra questi assunti, si potrebbe sospettare di essere al cospetto di analisi sparpagliate nel mare magnum dei social network. Invece Sacconi le parole le pesa, le smussa, le ordina ma senza ridurne l’effetto ricercato, dando all’interlocutore la certezza che la sostanza non sia sofisticata dalla chimica del nulla che ammorba da troppo tempo il dibattito pubblico. Socialista da sempre ma non laicista, deputato, senatore, sottosegretario, più volte ministro (Lavoro e Salute), studioso, Tempi lo ha intervistato sulla fine dell’esecutivo Draghi e le manovre dei partiti in vista delle elezioni del 25 settembre.

Senatore, la domanda sulla caduta del governo Draghi sembra ineludibile. Lei che ne pensa?
Partiamo da una premessa: il governo Draghi ha esaurito la sua spinta con la mancata elezione del presidente del Consiglio al Quirinale. L’impressione che io ho avuto è che egli abbia colto la prima occasione utile per terminare questo suo impegno istituzionale. Non ha avuto, quindi, la maggioranza perché egli stesso non l’ha desiderata e non l’ha cercata.

Volendo brutalizzare il concetto, è stata una rappresaglia?
No, non userei questa espressione. Io constato oggettivamente che la spinta propulsiva di quel governo si sia esaurita con la mancata elezione a presidente della Repubblica, la qual cosa poteva essere anche un esito naturale.

Piccolo salto all’indietro: perché a suo giudizio questa elezione al Quirinale poi non c’è stata?
Sarebbe un discorso lungo, ci sarebbe da ragionare sugli obiettivi dei diversi partiti, sulle varie esigenze, eccetera. Di fatto, Draghi presidente lo voleva solo Giorgia Meloni.

Ha detto tutto…
Data questa premessa, è evidente che lui non l’ha cercata una maggioranza, e il voto veloce in tempi brevi, in fondo, ha anticipato di circa sei mesi la scadenza naturale della legislatura. Trovo tutto molto logico.

Lei che ha esperienza al riguardo, crede che i pochi mesi sottratti alla scadenza naturale abbiano realmente tramortito l’Italia, come sentiamo spesso ripetere, oppure si tratta di un falso problema?
Ma no, stiamo parlando di una differenza di sei mesi che sarebbero stati inevitabilmente pre-elettorali, non credo alla lettura drammatizzante di quello che è successo.

E ora?
Ora ci sono due aree politiche a confrontarsi anche se con differenze al loro interno. Le caratteristiche di questo confronto sono a ben vedere quelle usuali perché il centrodestra e il centrosinistra hanno principi e criteri molto diversi tra loro. Che ci sia poi a sinistra del centrosinistra un’area più radicale è anch’essa cosa logica. Non vedo poi ragioni per avere nostalgia di un centro indipendente per un motivo molto semplice.

Quale?
Perché un centro indipendente non c’è mai stato e nessuno ha cercato di costruirlo con la necessaria fatica.

Quindi Calenda, ad esempio, di cosa parla?
Non saprei. Io non ho mai pensato che non facesse un accordo con la sinistra, lui è una costoletta della sinistra per cui nulla di nuovo da questo punto di vista. In verità, siamo in presenza di un confronto che, seppur al termine di una legislatura da dimenticare, sancisce la fine dell’illusione di avere un tripolarismo, circostanza verificatasi quando i 5 Stelle avevano acquisito un alto livello di consenso. Finita quella illusione siamo tornati al bipolarismo con l’accessorio tipico di una sinistra più radicale.

Ma di questo “centro” si sente parlare, si è sentito parlare da più parti. Tutte velleità?
Non è mai esistito un terzo polo al centro, per esistere avrebbe dovuto avviare un processo di differenziazione a destra e a sinistra, di equidistanza critica se vogliamo, invece non c’è mai stato neppure un tentativo di far nascere un’area di centro indipendente dai due poli.

Quando dice così si riferisce agli ultimi 20-25 anni o alla stretta attualità?
Sì, parlo del caso di Calenda per l’attualità ma, ovviamente, mi riferisco alla cosiddetta Seconda Repubblica dopo la crisi dei grandi partiti che hanno fatto l’Italia repubblicana, meno uno…

Bella questa, sarebbe il Partito comunista italiano, giusto?
Sì, quello che ha rovinato tutti gli altri. Poi abbiamo avuto un assetto bipolare mai scalfito. L’unica novità erano i 5 Stelle che avrebbero potuto mettere in discussione il bipolarismo ma il loro progressivo declino ha fatto venir meno questa possibilità.

Se l’aspettava un declino così veloce o immaginava durassero un po’ di più?
Fino a un certo punto, ma non lo immaginavo così veloce. Certo è che movimenti che hanno quelle caratteristiche o si assestano e si definiscono con modalità più compiute oppure, evidentemente, implodono per le tante fragilità che hanno. In ogni caso, è andata così.

Oggi lei come li vede nello spazio della contesa elettorale e più genericamente della politica?
Ripeto, occupano quello spazio che c’è sempre stato a sinistra della sinistra, finisce la loro ambiguità. Loro sono semplicemente una sinistra radicale, diciamo à la Melenchon visto che ci piace spesso guardare all’estero. Ma se nel centrodestra possiamo osservare una legittima e normale competizione tra Salvini e Meloni, nel centrosinistra non vedo neanche tentativi di leadership competitiva.

In questa evoluzione della politica lei individuerebbe responsabilità del Quirinale?
Io credo che il Quirinale abbia una precisa identità politica.

Risposta parca ma esaustiva. Del Decreto-aiuti dell’altro ieri che dice?
Che è un provvedimento molto congiunturale e un minuto dopo il voto bisognerà riconsiderare l’insieme della situazione con una prospettiva strutturale. Per ora limitiamoci a dire che si tratta di una manovra inevitabilmente congiunturale.

Dovremo rivedere molte cose nel nostro rapporto con l’Ue?
Io vedo difficile la situazione che ci attende, ma attende tutti e soprattutto i paesi maggiori sono partecipi di questa difficoltà. Mi auguro che ci siano riflessioni di carattere geo-politico e geo-economico in funzione della crescita in questo contesto nuovo. Le transizioni vanno ripensate.

Per esempio?
Per esempio filiere produttive occidentali meno dipendenti da aree sensibili che potrebbero chiudere le forniture. A tal riguardo è evidente che vadano ripensate anche molti contenuti astratti della Transizione Ecologica, che mi pare essere stata disegnata a prescindere dalle esigenze geopolitiche.

Possiamo chiamarla Transizione ecologica ideologica dunque?
Certo, una transizione legata all’ideologia della globalizzazione che ora patisce il ritorno della politica, il ritorno della storia.

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