Perché la guerra in Ucraina la stiamo perdendo tutti

I segni della guerra a Kherson, Ucraina, 11 november 2022 (foto Ansa)

Su Startmag Francesco Damato scrive: «Per una volta Mario Draghi ha tirato fuori dal guardaroba il mantello, non il cappotto, per indossarlo estendendolo a Giorgia Meloni. In una intervista al Corriere della Sera Draghi, pur dicendo che “non spetta” a lui “giudicare il governo, soprattutto non dopo così poco tempo”, è tornato a definire “una donna abile” provvista di “un forte mandato elettorale”».

Damato, un giornalista di lungo corso, coglie uno degli elementi importanti dell’attuale fase politica: il rapporto con Washington e con Bankitalia offre a Gorgia Meloni la base per una ottima relazione con Draghi.

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Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Ancora una volta a una crisi politica organica dei rapporti tra le subculture politiche popolari socialiste e liberali – disvelatasi nel Parlamento europeo con i volti di una corruzione sistemica di una media potenza energetica –, si è risposto in una forma moralistica e antipolitica. Invocare i codici etici per sanare le crisi sistemiche disvela un’immaturità politica irrimediabile, come irrimediabile è l’architettura funzionalistica di una Ue che tutto fa per non giungere a darsi una Costituzione. Infatti, invece che dei trattati e degli arbitrati, che in caso di guerra conducono alla sconfitta dei deboli e alla disgregazione della stessa Ue, proprio di una Costituzione – e quindi del ritorno della politica – ci sarebbe bisogno».

Come al solito mentre gli stolti guardano il loro dito indice, il saggio Sapelli osserva invece la luna di un’Unione priva di una costituzione che arriva arrancando agli appuntamenti posti da una nuova drammatica situazione internazionale.

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Su Formiche Giuseppe Gargani dice: «Quando Berlusconi ha sfiduciato Draghi si è suicidato come centro, anche per il suo riferimento al Partito popolare europeo. Da trent’anni cerco di superare la diaspora della Democrazia cristiana e credo che, paradossalmente, la vittoria della destra dovrebbe convincere tutti che c’è bisogno di una sinistra come c’è bisogno di un centro. Per quanto mi riguarda lavoro per i Popolari uniti e quindi questo è il mio messaggio anche a Castagnetti che si accorge dell’assenza del centrismo lì dove non c’è mai stato».

Gargani è un politico intelligente e coraggioso nella sua battaglia garantista. Al contrario però di democristiani di lungo corso come Gianfranco Rotondi, Raffaele Fitto, Mario Mantovani e molti eredi del Movimento popolare protagonisti dello Scudo crociato nella Prima Repubblica, Gargani non comprende quello che sta avvenendo negli Stati dell’Unione Europea, dove la convergenza tra popolari e conservatori è sempre più all’ordine del giorno. È questo processo che guiderà l’evoluzione della politica italiana, non la nostalgia per un passato che non ha le basi per tornare.

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Su Dagospia si riprende un articolo di Lucio Caracciolo per La Stampa dove si scrive: «Quando il capo delle forze armate americane, generale Mark Milley, stabilisce che “forse questa guerra non è vincibile per via militare”, esprime tale consapevolezza. Continuando così perderanno – perderemo – tutti. Gli americani meno di tutti. Gli europei più degli americani. Ucraini e russi molto ma molto più di americani ed europei. Sotto il profilo strategico, la Russia ha perso nel momento stesso in cui ha aggredito l’Ucraina. Per quanto possa apparire incredibile, Putin contava di risolvere la partita in pochi giorni, con un colpo di Stato che vendicasse l’onta del 2014 e gli evitasse il disonore di passare alla storia patria come l’imperatore che perse Kiev. La sua doveva essere effettivamente una “operazione militare speciale”».

Di fronte all’aggressione russa all’Ucraina il dovere morale di sostenere gli aggrediti si combina all’esigenza delle democrazie liberali di resistere a qualsiasi tentazione di espansione imperialistica. Poi la dialettica dei fattori di chi vuole ragionare realisticamente costringe anche a valutare le dinamiche geopolitiche nelle loro contraddizioni e magari anche a come si potrebbe governare queste contraddizioni. Ragionare in una situazione drammatica è complicato, ecco perché c’è bisogno di persone come Caracciolo che non si arrendono a un pensiero puramente retorico.

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