Ora però vai a lavorare, Erri

L'assoluzione dello scrittore che invitò a «sabotare» il cantiere del Tav è una buona notizia per due ragioni

Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola da giovedì (vai alla pagina degli abbonamenti) – L’assoluzione dello scrittore Erri De Luca è una buona notizia per due ordini di ragioni.

La prima è presto detta: non siamo così carogne da godere del fatto che una persona finisca in gattabuia, nemmeno se s’ostina a rivendicare il diritto di affermare che «è giusto sabotare il Tav» e che, in fondo in fondo, cesoie e molotov fanno parte dell’armamentario del bravo saboteur.

Ma il secondo motivo per cui gioiamo è costituito dal fatto che dopo aver saputo che François Hollande s’è speso per lui, aver letto l’appello di 65 scrittori in sua difesa, le dichiarazioni di sostegno di Luigi de Magistris, Cecilia Strada e Beppe Grillo, aver ascoltato le sue pompose dichiarazioni spontanee in aula in cui cita Gandhi e Mandela, ecco ci siamo detti: no grazie, un altro martire della libertà di parola non lo vogliamo. Siamo a posto così, grazie: con Roberto Saviano abbiamo già dato.

Di tutta questa dimenticabile vicenda c’è solo un piccolo particolare che meriterebbe di essere ricordato: la lettera che in aprile gli operai della Torino-Lione scrissero al nostro paladino della “parola contraria”, rammentandogli che per ogni sabotatore c’è un sabotato. E si tratta per lo più di poveri cristi, operai senza santi in Paradiso «che hanno vissuto gli assalti con cesoie, sassi, molotov e bombe carta. Con un nostro collega ferito e un militare invalido per tutta la vita. Siamo uomini e donne che si guadagnano il pane sudando e non siamo raffinati intellettuali: per noi il verbo nobile è lavorare e quello ignobile è sabotare».

Foto Ansa

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