Nella muffa cattiva che pervade il mondo si può sentire sul serio la carezza del Nazareno

La lettera del Papa per il giubileo della Misericordia annuncia lo scatenamento di un bene. Come mi ha scritto una collega giornalista

«È mio desiderio che il Giubileo sia esperienza viva della vicinanza del Padre, quasi a voler toccare con mano la sua tenerezza». Nelle prime righe della travolgente lettera di papa Francesco per il Giubileo della misericordia è racchiuso tutto: in un mondo travolto dalla violenza, dove i popoli migrano in cerca di un poco di tranquillità e chi è nel benessere è angosciato e trema alla prospettiva di diventare un miserabile in balìa del caos, il Papa pianta il vessillo della grande speranza e libertà.

C’è un Padre e c’è un Destino di vita vera, dentro l’apparente mortifera furia del reale.

In un volume di Tischreden cattoliche (Affezione e dimora, Rizzoli), dialoghi con i suoi amici e amiche dei memores domini, il fondatore di Comunione e Liberazione dice che «siamo nell’epoca dell’odio del padre» e perciò, sintetizzava don Luigi Giussani, «ciascuno porta il muso dentro». Chi per un verso, chi per un altro, questo “odio” e questo “muso”, questo risentimento e questo broncio, ce lo portiamo dentro tutti. Sia chi, con tutta la sua vita ricca di risorse e godimenti non può cancellare l’infelicità. Sia chi, con tutta una vita esaminata e tesa alla verità, in fondo è infelice anche lui perché si sente schiacciato dalla grande potenza del male.

Ecco, con il Giubileo della misericordia così come introdotto dalla lettera di papa Francesco, si annuncia lo scatenamento di una potenza di bene che già in questa missiva petrina contiene l’uragano che porta via tutto il risentimento e il broncio che ci portiamo addosso. Bisogna che ci appuntiamo questo momento indimenticabile perché anche quando tutto l’avrà dimenticato (compresi noi), possiamo ritornarci con calma e riconoscere che, sì, tutto questo non può venire da un uomo, per quanto grande e rispettabile e buono egli sia.

E in effetti, si capisce che papa Francesco non può essere soltanto l’uomo del ricordo di Dio, come lo sono tutti i leader di tutte le religioni fatte dall’uomo. Pietro è Pietro, il Vicario di Cristo. E scrive nella sua lettera il Santo Padre, «penso, inoltre, a quanti per diversi motivi saranno impossibilitati a recarsi alla Porta Santa, in primo luogo gli ammalati e le persone anziane e sole, spesso in condizione di non poter uscire di casa. Per loro sarà di grande aiuto vivere la malattia e la sofferenza come esperienza di vicinanza al Signore che nel mistero della sua passione, morte e risurrezione indica la via maestra per dare senso al dolore e alla solitudine. Vivere con fede e gioiosa speranza questo momento di prova, ricevendo la comunione o partecipando alla santa Messa e alla preghiera comunitaria, anche attraverso i vari mezzi di comunicazione, sarà per loro il modo di ottenere l’indulgenza giubilare».

E allora, aggiunge il Pontefice, «il mio pensiero va anche ai carcerati, che sperimentano la limitazione della loro libertà. Il Giubileo ha sempre costituito l’opportunità di una grande amnistia, destinata a coinvolgere tante persone che, pur meritevoli di pena, hanno tuttavia preso coscienza dell’ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società portando il loro contributo onesto. A tutti costoro giunga concretamente la misericordia del Padre che vuole stare vicino a chi ha più bisogno del suo perdono».
Pensate che finezza e che coscienza dello spazio e del tempo invaso da una Presenza invincibile, prosegue e definisce il Papa, «nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà».

E così, dopo che il Papa ha anche deciso «di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono», possiamo tutti comprendere la felicità silenziosa e immensa che passa di voce in voce. Mi dice ad esempio una collega: «Questa mattina ho ricevuto una lettera da una mia amica che c’entra niente con la Chiesa, Dio non è un suo problema, adesso è sulla cinquantina, non ha figli, l’unico che poteva avere lo abortì in gioventù, mi ha fatto piangere e respirare la gioia: sì, sono le donne, soprattutto le donne, che oggi sentono la grandezza di questo Papa; perché solo una donna che ha perso un figlio come l’ha perso la mia amica, adesso può intuire carnalmente che nelle parole del Papa c’è l’Amore in maiuscolo; c’è quel gesto di Cristo per quella donna che i farisei avrebbero ucciso, perché peccatrice, e invece Cristo le dice: “va’ nessuno ti ha condannata” e “io faccio nuove tutte le cose”».

Ecco tutto. C’è la recessione, c’è il caos, c’è l’Isis alle porte, e sembra che mai il mondo sia stato tanto vigliacco e cattivo quanto lo è oggi. Ma dentro questo odio e questo “muso dentro”, questa muffa cattiva che pervade e ricopre il mondo, oggi si vede più chiaramente la Luce, e si sente sul serio “la carezza di Cristo” di cui parlò Enzo Jannacci quando passò tra noi il mistero tragico di Eluana Englaro.
Come ha scritto un nostro amico al direttore di Civiltà Cattolica don Antonio Spadaro, è proprio così, «credo che la lettera per il Giubileo esploda la luce di questo Pontificato che irrompe nel mondo devastato dalle potenze diaboliche e desertificanti come la sorgente di una vita nuova che fa rifiorire il deserto e annienta Satana. Tutto è grazia! Evviva il Papa Vicario di Cristo nel mondo!».

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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