Metti una sera in libreria Saladino con De Magistris, il pm che lo ha rovinato

«L’ho invitato a prendere un caffè, visto che in tanti anni non sono mai riuscito a parlare con lui», dice l’ex presidente della Cdo Calabria, presentatosi al lancio del libro “Fuori dal sistema“ a Lamezia. Mentre l’ex toga annuncia: «Ho messo su uno spettacolo teatrale»

Antonio Saladino sabato 21 gennaio alla presentazione del nuovo libro di Luigi De Magistris a Lamezia Terme

«Sono stato biblico con lui: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere; perché, così, radunerai dei carboni accesi sul suo capo, e il Signore ti ricompenserà”». Dice proprio così a Tempi Antonio Saladino, imprenditore calabrese già presidente della Compagnia delle opere della Calabria, commentando il suo faccia a faccia con Luigi De Magistris di qualche sera fa a Lamezia Terme. Un faccia a faccia giunto «appena» diciassette anni dopo lo sconquasso che derivò dalle indagini dell’allora pubblico ministero in servizio a Catanzaro, tra le quali la celeberrima “Why not” (dal nome di una società di somministrazione del lavoro operante all’epoca in Calabria e poi, ovviamente, fallita), il cui principale indagato, poi imputato, era, appunto, Tonino Saladino.

«Non sono mai riuscito a parlare con lui, ho chiesto più volte di essere interrogato ma non c’è stato verso, mai», continua Saladino che, sabato scorso, ha compiuto un blitz presentandosi in una libreria di Lamezia dove l’ex pm oggi politico e teatrante in fieri – tra poco spiegheremo anche quest’ultima tentazione – presentava il suo Fuori dal sistema, ultimo di una serie di volumi scritti dal noto ex magistrato, sorta di grillino ante litteram, figlioccio dei padri nobili di ogni giustizialismo italiano come Michele Santoro, Sandro Ruotolo, Marco Travaglio e compagnia cantante.

La mega inchiesta finita in nulla

Saladino fu salassato, anche economicamente, da quella indagine, chiusasi secondo rito con una eloquente prescrizione per il tribunale di Catanzaro e con una piena assoluzione (il fatto non sussiste) per il tribunale di Salerno che giudicava, in pratica, sugli stessi fatti di Calabria: anche questo è possibile nel sistema giustizia italiano. In mezzo ci sono stati anni di dolore, mortificazioni, paure, vite alterate e chissà cosa. Mentre De Magistris, per abbattere il “sistema” convinceva gli altri, riuscendoci invero spesso, che non ne facesse parte, anzi: capire cos’altro sia se non un “sistema” la corale celebrazione mediatica dell’attività di un pubblico accusatore che si farà politico, è impresa complicata. Su questo caso l’archivio di Tempi abbonda come pochi.

«Ne abbiamo di cose da dirci»

Nella sala della libreria Tavella erano in pochi, una quindicina di persone provenienti dal mondo della sinistra extraparlamentare, una delle aree di riferimento predilette dall’ex sindaco di Napoli, nonché ex eurodeputato nelle file di Italia dei valori, al tempo il partito inventato dal nonno dei manettari italiani, quell’Antonio Di Pietro che, oggi, sembra perfino più affidabile dei nipotini a Cinque stelle. Quando De Magistris ha visto Saladino s’è fatto scuro in volto, un po’ più del solito, i biblici carboni accesi sulla testa sembra quasi di vederli: l’imbarazzo è stato palpabile, qualcuno s’è perfino preoccupato potesse accadere qualcosa. «Niente di che, mi sono presentato per ascoltare e gliel’ho anche detto. Aggiungendo un formale invito a prendere un caffè insieme perché io e lui, come gli ho pubblicamente ripetuto, ne abbiamo di cose da dirci visto che in tanti anni non ci siamo mai incontrati».

Le famose “carte” messe insieme con Genchi

De Magistris, in un primo momento contrariato dalla sua presenza, dirà con tipica astuzia partenopea: «Io l’avrei interrogata pure, purtroppo mi tolsero le indagini dalle mani e non fu possibile». Chi conosce bene le famose “carte” (Tempi tra questi) sa che le cose andarono diversamente. Nel frattempo cadde un governo, il Prodi 2, decine di persone finirono nel tritacarne, De Magistris alzò il tiro “alleandosi” con un altro personaggio emblematico del tempo, quel Gioacchino Genchi, ex poliziotto esperto informatico consulente delle principali procure militanti dell’epoca: furono “spiate” centinaia di personalità, dall’ultimo portaborse di provincia fino all’uscio di papa Ratzinger, una storia dimenticata forse troppo in fretta.

«Spero che si renda conto di cosa ha fatto»

Da pm a Catanzaro, il futuro capo politico di “Unione popolare” cercava logge massoniche a San Marino, che da lì, secondo la tesi accusatoria, guidavano le “massomafie” (veterologismo coniato nei soliti ambienti complottistici) calabresi, tendeva a colpire i fenomeni invece che le singole persone, insomma l’aspirazione era quella di sradicare la corruzione, non tanto punire i corrotti, laddove certificati: da qui a voler abolire la povertà, si capisce, il passo è stato breve, la storia sempre quella è. «Io so soltanto», continua Saladino con Tempi, «che dopo 12 anni si è prescritto a Catanzaro l’ultimo reato rimasto in piedi da quella indagine, e che dopo 5 anni sono stato completamente scagionato a Salerno in primo grado: e dire che nel primo caso avevo scelto il rito abbreviato, nel secondo quello ordinario. L’ho detto anche a lui, sperando che si renda conto di cosa abbia significato quella inchiesta».

Dalla giustizia al teatro passando per la politica

Rendersi conto? De Magistris, che tutto è tranne che stupido, senz’altro lo capisce, ma smontargli l’impianto “culturale” è impossibile, servirebbero miracoli al riguardo: lui combatteva contro il male (memorabile resta un incipit di una sua vecchia inchiesta, secondo il quale il pm, «nell’ambito dell’attività di indagine rivolta alla moralizzazione della cosa pubblica», eccetera), e poi aveva tutti i poteri forti contro, magistratura («pezzi di» come dice ancora oggi), politica (pezzi di), istituzioni (pezzi di), informazione (anche qui, pezzi di), non poteva fermarsi dinanzi alla scia di “vittime” lasciate sul campo.

Un mandato da parlamentare europeo, due mandati da sindaco della terza città d’Italia (Napoli), qualche altra avventura elettorale fallita ma pur sempre “fuori dal sistema”: a giudicare dal bilancio della sua carriera politica, quei «pezzi di», in fondo, non gli fecero così male. Tant’è che oggi l’estroverso ex pm lo annuncia proprio a Lamezia, la città di Saladino: «Ho messo su uno spettacolo teatrale, tra poco inizieremo a girare l’Italia per far conosce la verità alla gente». La gente, la verità, il teatro.

Exit mobile version