Libertà di scelta e green pass. Lettera e risposta

Confronto su vaccini e passaporto vaccinale. Ci scrive il medico e ricercatore Paolo Bellavite e noi rispondiamo

Manifestazione anti green pass in piazza Duomo a Milano, 28 agosto 2021

Spett. redazione di Tempi, la “libertà di scelta” e il “green pass” stanno agitando anche il mondo cattolico. Avendo Tempi ospitato recentemente degli interventi sul tema (Rodolfo Casadei 13 agosto, Aldo Vitale 30 agosto) desidero fare alcune precisazioni. Ricordo che mi sono occupato della libertà di vaccinazione sin dal dibattito sulla legge “Lorenzin” (Vedi Tempi 23 maggio 2017).

Concordo con la posizione espressa da Rodolfo Casadei secondo cui “al cuore della crisi del Covid c’è una questione antropologica” che consiste “nella consacrazione della nuda vita come valore superiore al senso della vita, e nella consegna di poteri eccezionali agli scienziati e ai governanti in vista della tutela di tale valore”. Giustamente l’autore ricorda che stiamo parlando di interventi di natura sperimentale e che “ciò non è una parolaccia: è la necessaria condizione dell’azione umana di fronte a situazioni nuove e inedite”. Essendo un ricercatore di professione, non posso che essere d’accordo con tale veduta: la medicina è sempre stata una scienza sperimentale e talvolta è progredita persino attraverso gli errori. Finora, dalle sperimentazioni svolte sugli anti-Covid emerge una certa efficacia dei prodotti inoculati, almeno per qualche mese, nel prevenire le malattie più gravi e le ospedalizzazioni, mentre non vi è certezza sulla capacità di arrestare la diffusione del virus, che si può trovare con la stessa carica nelle narici dei vaccinati e dei non vaccinati. Questo punto è determinante anche sul piano etico perché se è vero, come è vero, che i prodotti difendono la persona vaccinata ma non bloccano la colonizzazione delle vie aeree superiori e la dispersione del virus, viene a cadere sia il cosiddetto “dovere morale” di vaccinarsi per tutelare gli altri, sia ogni presupposto legale per l’obbligo vaccinale. Infatti l’articolo 32 della Costituzione – ricordiamolo – sancisce che un obbligo di trattamento sanitario può essere imposto solo se è a beneficio della collettività, se non causa pregiudizio grave alla salute di chi è obbligato e, infine, se ultimamente rispetta la dignità della persona umana.

In tale contesto va sottolineata la consapevolezza, diffusa ed esplicitata dai documenti ufficiali, che si tratti di sperimentazioni e che i cosiddetti vaccini sono autorizzati provvisoriamente e sottoposti attualmente ad un monitoraggio. Tale consapevolezza andrebbe accompagnata da un’altrettanto netta presa di posizione contro l’obbligatorietà del trattamento (articolo 32 della Costituzione, dichiarazione di Oviedo e Dichiarazione di Norimberga). E qui un minimo di onestà intellettuale porta ad equiparare l’obbligo al ricatto basato sulla perdita del posto di lavoro o sulla impossibilità a frequentare l’università, ecc.

Non va poi dimenticato che le sperimentazioni farmaceutiche dovrebbero avere come obiettivo, altrettanto importante dell’efficacia, la sicurezza. Purtroppo questo aspetto è sottovalutato o persino trascurato dalle autorità sanitarie, al punto che i rapporti Aifa riferiscono solo della farmacovigilanza “spontanea”, notoriamente insufficiente e inefficiente a stabilire i veri rischi dei vaccini. E accenno solo al fatto che alcuni di questi vaccini utilizzano batteri geneticamente modificati, coltivati su cellule umane ottenute da feti volontariamente abortiti. Non siamo parimenti di fronte ad una situazione di assenza di altri mezzi per arrestare o prevenire la epidemia, nonché per curare la malattia stessa. Dire questo non significa negare i vaccini, ma dire semplicemente una verità che oggi sembra nascosta dalla ossessiva ripetizione del mantra vaccinale. Un mantra che le altre nazioni più avanti nella campagna vaccinale (Usa, Uk, Israele) stanno dimostrando che non funziona, tanto che ora si parla insistentemente di una terza dose, vista la perdita di efficacia delle prime due.

Per tanti motivi che non v’è qui lo spazio per approfondire, personalmente sono contrario al lasciapassare cosiddetto “green” e sabato 4 settembre pomeriggio parlerò ad una manifestazione del gruppo spontaneo “Primum non nocere” in Piazza del Popolo a Roma. Pertanto mi ha rincuorato leggere su Tempi che i cosiddetti “no green pass” sono sensibili alla verità tanto quanto i “pro vax” e i “pro Green Pass”. Come figlio spirituale di Luigi Giussani, ho anche apprezzato la citazione “senza verità non c’è libertà autentica” e l’affermazione che “i free vax cattolici cercano di stare dentro a questo solco”. Aria fresca rispetto a certi anatemi e ostracismi che oggi vanno per la maggiore nei mass-media, compresi quotidiani cattolici, e nel web.

Mi pare che questa posizione antropologica, che condivido, sia diversa da quella espressa da Aldo Vitale, secondo cui “i cattolici che insistono sulla libertà di scelta in assenza di obbligo fanno vuota retorica, mancando il bersaglio etico principale che, invece, consiste nel richiamare le istituzioni a quel senso di responsabilità a cui per ora indegnamente si stanno sottraendo” e che quella parte del mondo cattolico che insiste sulla libertà di scelta dovrebbe assumersi “l’onere culturale di portare al centro del pubblico dibattito ciò che è cattolico per definizione, cioè non l’insindacabile capriccio, quanto piuttosto l’umana responsabilità a cui le stesse istituzioni – come insegna la Dottrina Sociale della Chiesa – non possono sottrarsi”. Condivido il richiamo alla responsabilità delle istituzioni, ma non si rende ragione del vero dibattito in corso considerando “retorica” o “capriccio” le legittime prese di posizione dei numerosi cattolici che obiettano seriamente all’andazzo maggioritario. Noi non ci schieriamo in difesa di un principio astratto o ideologico di libertà ma della migliore salute di tutti e di ciascuno (non ci deve essere contrapposizione tra il singolo e la comunità), e chiediamo ai mass media un’informazione che sia rispettosa del pluralismo esistente anche in ambito scientifico (si vada ad esempio il gruppo di centinaio di medici e operatori sanitari che si sono dati l’appellativo di “InfoVax-Evidence Based”).

Alla fine Casadei, rifacendosi a quanto affermato anche da Rondoni, tocca un punto molto “intrigante”: “È legittimo protestare contro un provvedimento legislativo che si considera sbagliato, ma quando questo provvedimento si materializza nonostante io abbia cercato di convincere il governo a non emanarlo o a ritirarlo, più importante delle proteste è la mia disponibilità a pagare un prezzo per la mia libertà: pagare la contravvenzione stabilita dalla legge qualora io la infranga, ovvero accettare l’emarginazione da certi spazi sociali e da certe mansioni lavorative che l’esercizio della libertà di non vaccinarsi comporta. Direbbe Dante: qui si parrà la tua nobilitate.” Posso confermare con un’esperienza personale: il 4 maggio scorso ho partecipato ad una trasmissione televisiva (La7) e, rispondendo ad una domanda del conduttore Giovanni Floris, ho sostenuto che in un certo senso capisco i timori verso i vaccini perché i dati di farmacovigilanza non sono affidabili. Ho detto questo nella completa buona fede e sostenuto da studi scientifici pubblicati da me e da altri. Eppure dopo due giorni il Rettore ha emesso un comunicato ufficiale, inviato oltretutto agli studenti senza consultarmi, sostenendo che parlavo titolo personale e dieci giorni dopo il mio Dipartimento, in cui prestavo servizio come “Cultore della materia”, mi ha tolto il titolo e di conseguenza la possibilità di continuare a fare ricerca in quella sede. Certo ho dovuto accettare questo tipo di emarginazione, come stanno facendo anche parecchi medici e infermieri che hanno accettato la sospensione dal lavoro e dallo stipendio per non aver accettato il ricatto fondato sull’inoculo prodotti che, in scienza e coscienza, ritengono inutili e dannosi.

Rispetto a quanto dice Casadei, che comunque ringrazio per l’onestà intellettuale, mi resta il dubbio se sia giusto accettare “passivamente” le leggi e le relative sanzioni che si ritengono ingiuste. Proprio come cristiani credo che sentiamo in modo particolare questo problema, di natura generale, che riguarda il rapporto tra la persona umana, ultimamente inviolabile, e la legge dello Stato laico. Se è giusto che ciascuno sia pronto a pagare di persona l’eventuale disobbedienza civile, fin dove è giusto accettare una legge che si ritiene sbagliata? Fin dove è giusto che lo Stato si spinga nel costringere e penalizzare i “dissenzienti”? Una domanda che forse alcuni ritengono prematura o persino esagerata, ma personalmente, per quanto mi è stato dato di vedere realizzarsi negli ultimi cinque anni e soprattutto con l’introduzione (ingravescente) del lasciapassare, non mi pare superflua.

Grazie dell’attenzione
Paolo Bellavite
Medico, ricercatore, docente

Gentile Bellavite, la ringrazio per il tono usato in questa sua email e per il fatto che riconosca a Tempi di non aver mai proferito anatemi nei confronti di chi ha dubbi sui vaccini. Sul merito non mi dilungo troppo, abbiamo già chiarito qual è la nostra posizione, rispettiamo la sua, ma ribadiamo quel che abbiamo sempre scritto: al momento i vaccini sono la miglior protezione possibile, quindi – a meno di chiari e documentati rischi personali per la salute – è meglio vaccinarsi che non farlo.

Al di là di tutti i dubbi, ci pare acclarato che la protezione data dai vaccini sia superiore al 90 per cento sia contro l’ospedalizzazione sia contro la morte. Non ci convince l’obbligo vaccinale, non siamo dei fan sfegatati del green pass, ma sul suo utilizzo non ne facciamo una questione dogmatica. Se questo serve a permetterci di “fare” (il ritorno a scuola, per dire, ma anche il Meeting di Rimini), ci sembra abbia più vantaggi che svantaggi. Si dimostrerà controproducente perché indurrà false sicurezze? Togliamolo.

In generale noi tenderemmo a “smitizzare” un po’ la questione, che ci pare abbia assunto toni da “guerra di religione”, quando, invece, ci pare più elementare: la libertà è sempre una responsabilità in relazione. Come la madre è responsabile nei confronti del figlio che tiene in grembo, così lo siamo noi nei confronti della comunità in cui viviamo. L’alternativa è concepire la libertà come assoluta e autodeterminata e, secondo noi, questo è un concetto molto pericoloso. Ora, siccome stiamo parlando di farmaci, noi pensiamo che sia giusto lasciare questa libertà ai “dissenzienti”, ma ci aspettiamo che loro la usino in modo responsabile e accettandone le conseguenze.

NB. Un’ultima veloce precisazione in merito al fatto che, come lei scrive, alcuni vaccini sono stati «coltivati su cellule umane ottenute da feti volontariamente abortiti». Le ricordo che entrambi i Papi si sono vaccinati e che sulla questione la Chiesa si è già autorevolmente espressa (come anche noi abbiamo spiegato qui).

Foto Ansa

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