Legge elettorale. Avvertimento (anonimo) della Consulta al Parlamento: Bocceremo l’accordo Renzi-Berlusconi-Alfano

Un giudice della Corte Costituzionale spiega a Repubblica che senza le preferenze e una soglia del premio di maggioranza più alta, la Corte si opporrà all'Italicum

«Alla Consulta già affiorano i dubbi, “Mai dato l’ok alle liste bloccate”». Questo titolo è apparso su Repubblica, ieri, a pagina due. Nell’articolo, non firmato (causa: protesta sindacale), un anonimo giudice della Corte Costituzionale boccia l’accordo sulla nuova legge elettorale, raggiunto tra Partito Democratico, Forza Italia e Nuovo Centrodestra. Il giudice supremo preventiva la possibilità che il nuovo sistema elettorale venga giudicato incostituzionale.

IL RICATTO. «La Corte, sta scritto nelle carte, non ha sdoganato un sistema senza preferenza». L’avvertimento del magistrato viene tradotto dal giornalista di Repubblica come «una riflessione che pesa». L’opinione “pesa” perché sarebbe, a suo dire, condivisa da molti suoi colleghi, «praticamente da tutti quelli, un’ampia maggioranza della Corte, che il 4 gennaio hanno confermato la bocciatura del Porcellum». Qual è il succo della riflessione del giudice? «Non sarei troppo sicuro nel ritenere che c’è un nostro pieno via libera a una legge elettorale in cui non sia prevista almeno una preferenza». Ma allora perché, chiede il giornalista, la Corte Costituzionale ha definito come impossibile il paragone fra il Porcellum e la legge elettorale spagnola, che secondo la stessa Corte, proprio come l’Italicum, ha «liste bloccate con un numero dei candidati talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi»? La risposta del giudice è la seguente: «Quello era un esempio per dimostrare quanto grande fosse lo svarione contenuto nel Porcellum, con le sue liste lunghe e bloccate». E poi specifica: «Non significava affatto che un sistema senza le preferenze sia costituzionale».

METTERE LE PREFERENZE. Il magistrato non si trattiene da lanciare un secondo avvertimento al cosiddetto «palazzo della Politica». «Un nuovo ricorso – dice – potrebbe arrivare sui nostri tavoli anche subito». Dunque, la nuova legge elettorale potrebbe essere bocciata in pochi mesi.
Il terzo avvertimento lanciato dall’anonimo togato riguarda la soglia minima per il premio di maggioranza. Quel 35 per cento viene valutato come «ancora troppo basso». In ogni caso, informa candidamente il giudice, «la Corte non dà patenti di costituzionalità sulle leggi in itinere o approvate nella loro interezza». L’articolo si conclude così. Resta senza domanda e senza risposta, un’altra questione, di cui già parlò Marcello Pera, a dicembre: chi ha dato a un gruppo di giudici l’autorizzazione a decidere della bontà di una legge elettorale? Forse Repubblica? I lettori informati lo sanno che il compito, per la Costituzione italiana, spetta soltanto al «palazzo della Politica», cioè, di norma, il Parlamento, certamente non il palazzo della Consulta, né tanto meno dovrebbe essere la sede di incontri fra un giornalista senza firma e un giudice senza nome.

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