Le otto città più violente al mondo si trovano tutte in Messico

Con 197 omicidi ogni 100.000 abitanti, la peggiore è Zamora. L'altissimo tasso di violenza, denuncia il rapporto del Ccspjp, è «il risultato della politica degli "abbracci, non proiettili", introdotta dal governo del presidente Amlo»

Con 197 omicidi ogni 100.000 abitanti la messicana Zamora, nello stato occidentale del Michoacán, è la città più violenta del mondo, la prima nella “Classifica 2021 delle 50 città più violente del mondo” redatta ogni anno dall’associazione Consiglio cittadino per la sicurezza pubblica e la giustizia penale (Ccspjp). Lo stato di Michoacán è uno degli stati più colpiti dalle violenze legate alla criminalità organizzata e sul suo territorio è in corso una guerra senza esclusione di colpi tra l’emergente cartello Jalisco Nueva Generación (Cjng) e “La Resistencia”, una confederazione di organizzazioni narcos (per questo è denominata anche Carteles Unidos) che riunisce i cartelli di Sinaloa, del Golfo e dei Cavalieri Templari.

Il Messico è l’epicentro della violenza mondiale

Per comprendere che a queste latitudini la violenza è di casa da tempo immemore, basta ricordare che proprio a Zamora fu ritrovato, 37 anni fa, il cadavere sfregiato dell’agente dell’Agenzia antidroga statunitense (la Dea), Enrique “Kiki” Camarena, torturato per oltre un mese dagli uomini di Rafael Caro Quintero, cofondatore con Miguel Ángel Félix Gallardo dell’allora poderoso cartello di Guadalajara.

E che il paese del tequila sia oggi l’epicentro della violenza urbana a livello planetario lo dimostra il fatto che, sempre nel 2021, le otto città più violente del mondo sono tutte messicane, come si evince dal rapporto del Ccspjp presentato il 7 marzo scorso.

Zamora, Ciudad Obregón, Zacatecas

Dopo Zamora, infatti, oggi la seconda città più violenta del pianeta è Ciudad Obregón, nello stato di Sonora dove infuria la guerra narcos tra i cartelli di Sinaloa, di Juárez ed il Cjng. Terza è Zacatecas, dove attualmente sono 575 le donne scomparse ed è anch’essa territorio di scontro tra il cartello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación. Quarta è Tijuana, al confine con la statunitense San Diego, in California, dove nel mirino dei sicari dei cartelli sono finiti ultimamente i giornalisti, tre quelli uccisi già in questo inizio di 2022, e rotta migratoria molto calda per chi dall’America latina vuole raggiungere l’”American Dream”.

La quinta urbe più violenta al mondo oggi è Celaya, nello stato di Guanajuato, dove pochi giorni fa il vescovo Víctor Alejandro Aguilar Ledesma ha lanciato un disperato appello alle autorità locali affinché facciano qualcosa per fermare il bagno di sangue. A seguire in questa tragica classifica è Ciudad Juárez, al confine con El Paso, in Texas, già tristemente celebre due decenni fa per l’ondata di femminicidi che la funestava. Settima è Ensenada, nello stato della Bassa California, dove il cartello di Sinaloa è in guerra contro un gruppo scissionista alleato al Cjng, seguita da Uruapan, la seconda maggiore città del già citato stato di Michoacán.

La politica fallimentare di Amlo

Il Messico è naturalmente il paese con il maggior numero di città nella tragica classifica del Ccspjp, ben 18 su 50, mentre nella top 10 ci sono anche Saint Louis, negli Stati Uniti, e Kingston, in Giamaica. Gli alti tassi di omicidi messicani in passato erano stati osservati solo in città come Medellín e Cali, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, quando i narcotrafficanti avevano intensificato la loro guerra contro lo stato colombiano e le uccisioni tra le fazioni rivali erano ai massimi livelli.

Delle 50 città nella classifica 2021, oltre alle 18 messicane, 11 sono brasiliane, 7 statunitensi, 4 sudafricane, altrettante colombiane, due dell’Honduras e una ciascuno di Porto Rico, Haiti, Ecuador e Giamaica. Dati alla mano, dunque, il Consiglio cittadino per la pubblica sicurezza e la giustizia penale ha denunciato che il Messico è «l’epicentro mondiale della violenza da almeno tre anni», sottolineando che «non si tratta di una coincidenza», ma che è «il risultato della politica degli “abbracci, non proiettili”, introdotta dal governo del presidente Andrés Manuel López Obrador, una politica che consiste nel lasciare i gruppi criminali nella libertà quasi assoluta di uccidere, far sparire persone, estorcere denaro e rubare».

Il rapporto, giunto alla 14ma edizione e che analizza la violenza nelle città con più di 300.000 abitanti e senza un «conflitto armato aperto», è stato criticato dalle autorità del Messico, ma di fronte all’evidenza statistica degli omicidi, senza freno, le difese dell’amministrazione di Amlo, come tutti chiamano il presidente di sinistra del paese del tequila, risultano ridicole. Per la cronaca: nessuna città del Venezuela è stata inclusa nell’elenco del 2021 perché, hanno dichiarato i ricercatori del Ccspjp, «non c’è modo per misurare la violenza in quel paese».

@pmanzo70

Foto Ansa

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