La fede gioiosa di Benedetto XVI

Il monumentale libro di Peter Seewald ci restituisce la figura di un uomo lieto, certo e sempre pronto a misurarsi col mistero cristiano

Entro in una delle librerie più frequentate di Torino, in Piazza Savoia, da dove svetta un obelisco dedicato alle leggi Siccardi, il campione della massoneria piemontese, anticlericale. La libreria è per me come la pasticceria per le donne; non ne posso fare a meno. Il più delle volte so già quello che voglio acquistare, poi è irresistibile il giretto tra i grandi scaffali per scorgere le novità. Quel giorno un amico mi suggerì di acquistare l’opera di Peter Seewald – Benedetto XVI, Una vita, Garzanti, 2020.

Sulle prime mi spaventò la mole: riuscirò mai a leggere 1250 pagine? Ma l’amore che nutro per Benedetto XVI, il fascino della sua persona, la solidità fluida e moderna del suo pensiero mi attirano da sempre. Posso dire che da qualche mese quel libro mi fa compagnia.

Il giornalista tedesco che vive e lavora a Monaco ha un’eccezionale consuetudine, fatta di enorme stima, con il Papa emerito. I suoi precedenti libri-intervista con Benedetto XVI, Sale della terra (1996), Dio e il mondo (2000), Luce dal mondo (2010) e Ultime conversazioni (Garzanti 2016), sono stati tradotti in varie lingue diventando ovunque bestseller.

Questa volta Seewald ha affrontato un compito immane: documentare anno per anno tutta la vita di papa Benedetto. Ti fa vivere con lui, te lo fa conoscere ben aldilà dei cliché che gli sono stati appioppati nel corso degli anni. Te lo rende simpatico e, una volta tanto, uno la smette di pensare: preferisco questo Papa all’altro e ti rendi conto che le vere scelte dei Papi attraverso gli uomini le fa lo Spirito Santo. Le diversità, anche nella storia della Chiesa sono sempre una ricchezza. Più leggi il volume e più si consolida la vera storia di Ratzinger, incominciando dai capitoli dedicati all’infanzia, all’adolescenza, in quella straordinaria fusione di mente e di cuori che è stata la sua famiglia. Il padre poliziotto Joseph senior, uomo di una rettitudine e di una fede straordinaria, la mamma, i tre figli Maria, Georg e Joseph. La sorella era la dattilografa personale di Joseph. Te lo immagini quel ragazzo, quell’eterno primo della classe, con la cartella in mano, col viso dolce, dai lineamenti fini dentro un temperamento timido e fermo insieme. Il ragazzo che proviene da un villaggio bavarese al confine con le Alpi e che diventerà il capo della Chiesa cattolica.

Dopo 500 anni ritorna un tedesco sulla cattedra di Pietro, un teologo molto influente con il suo immenso lavoro scientifico, con il suo operato all’interno della Chiesa, Joseph Ratzinger ha fatto la storia. Novellino al Concilio, innovatore della teologia, Prefetto del Dicastero più importante della Chiesa al fianco di Karol Wojtyla ha guidato la Chiesa in una fase tumultuosa. È stato anche il primo Papa a dimettersi dall’incarico per motivi di età: mai prima d’ora è esistito un Papa emerito. È uno dei pensatori più intelligenti dei nostri tempi; lo era già appena sacerdote, lo era quando alle sue lezioni o conferenze occorreva mettere all’esterno delle aule in cui parlava gli altoparlanti. 

La biografia di Seewald lo inquadra alla perfezione nel contesto storico in cui ha vissuto. Il giovanissimo Ratzinger ha retto negli anni della dittatura nazista. Dopo due anni da soldato è ritornato quasi miracolosamente a casa sua, magro fino all’impossibile, affamato, le notti passati all’addiaccio, col fucile in mano nel corpo militare dell’antiaerea. Ricorderà la cena della sera di quel ritorno a casa come la migliore della sua vita: un uovo sodo e un piatto di insalata. Lo vediamo entrare in seminario insieme al fratello e iniziare così una carriera di studi, accompagnata da una altrettanto “carriera spirituale” edificata su una grande fede e una grande umanità, grazie anche alle figure eccellenti degli educatori del seminario.

L’evento del Concilio Vaticano II, indetto dal santo papa Giovanni XXIII ha portato Ratzinger a Roma accanto al cardinale Frings di Colonia. È proprio in quegli anni che è emersa la vera personalità di Ratzinger. Nel suo volume Seewald ci fa entrare nel grande ruolo che ha avuto Ratzinger come “perito” al Concilio insieme a Karl Rahner con il quale ha steso in pratica la costituzione Dei Verbum. Al Concilio conobbe il grande teologo francese Henry de Lubac. Il gruppo dei teologi tedeschi e francesi si ritrovava ogni settimana nel collegio germanico Santa Maria dell’anima. Se è vero che nel mondo esistono 6500 lingue ricordiamo che al Concilio si parlava latino. Gli autori sui quali Ratzinger ha fondato la sua formazione sono gli stessi che suggerirà don Luigi Giussani ai giovani di Comunione e Liberazione. Non potrò mai dimenticare la grazia, il privilegio che ho avuto di incontrare Ratzinger come Papa emerito il 30 gennaio 2017 nei giardini vaticani presso la grotta della Madonna di Lourdes. Grazie al suo segretario, l’arcivescovo Ganswein, ebbi un colloquio a tu per tu con l’anziano e fragile Papa emerito. «Lei ha letto il mio libro Introduzione al cristianesimo?» mi chiese. «Certamente Santo Padre». «Come va la fede a Torino?». Rimasi qualche secondo senza parole. Riaprì il dialogo un innocente sorriso di Benedetto XVI. In pochi minuti passarono velocemente davanti ai miei occhi gli autori che ci consigliava don Giussani di volta in volta. «Lei sa che è stato riconosciuto il miracolo per la canonizzazione Newman?». Quando il colloquio ebbe termine ero quasi stordito dall’emozione di essere stato davanti al Papa della Deus Charitas est, della Spe salvi e della Lumen fidei, pubblicata poi da papa Francesco. La fede, la speranza, la carità sono stati il tema degli esercizi spirituali che il cardinale Joseph Ratzinger predicò a Collevalenza ai sacerdoti di Cl nel 1986. Il testo di questi esercizi fu pubblicato con il titolo: Guardare Cristo. Da cardinale lo si poteva incontrare quando da Porta Angelica si recava al palazzo della Dottrina della Fede, sempre disponibile a fare due chiacchiere con chi, riconoscendolo, lo fermava. Impossibile non ricordare il suo intervento al Meeting di Rimini sul tema “Ecclesia semper reformanda”.

I capitoli per me più importanti del volume di Seewald sono quelli dedicati agli anni del Concilio. Giustamente lo scorso 30 gennaio, ricevendo i membri dell’ufficio catechistico nazionale della Cei, papa Francesco ha affermato: «Il Concilio Vaticano II è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio oppure interpreti a modo tuo, come vuoi tu, e tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo su questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato». Il giovane don Claudio Bertero che tiene un corso opzionale di introduzione al pensiero di Ratzinger nella Pontificia Università Lateranense, afferma che i suoi studenti sanno apprezzare del pensiero del Papa emerito la ragionevolezza della fede, la sapienzialità della sua teologia, mai arida e astratta che parte sempre da un centro e si dirama su tutto, un pensiero che mette costantemente in dialogo il cuore dell’uomo e il cuore di Dio, una teologia in dialogo con la filosofia, con le domande dell’uomo e che coniuga l’istanza della verità alle esigenze e alle domande fondamentali del cuore, con una grande libertà di pensiero.

Ratzinger pone sempre al centro la persona di Cristo davanti ai suoi ascoltatori. Si ha sempre l’impressione di essere dentro un alveo prezioso; non ci sono mai elementi di discontinuità o di rottura. Tutto si dipana a partire da Cristo, centro del cosmo e della storia. Si avverte nel suo pensiero una riflessione che tiene insieme il dato filosofico, la sacra scrittura, i padri della Chiesa, il recente magistero, dando l’idea che il discorso teologico è uno sguardo che si irradia su tutta l’umanità a partire da Cristo. Non esiste mai la demonizzazione di chi la pensa diversamente da lui, pur essendo sempre molto lineare e chiaro nelle sue affermazioni e sempre pronto a valorizzare il pensiero dell’altro.

La libreria Editrice vaticana sta pubblicando l’Opera Omnia che uscirà in sedici o diciassette volumi. Il dodicesimo volume, già pubblicato, è intitolato: “Annunciatori della parola” ed è dedicato al tema del sacerdozio. La figura che emerge dall’imponente volume di Seewald è l’umanità di Benedetto XVI, la sua fede gioiosa. C’è una società psichiatrica francese che definisce criticamente aspetti del cattolicesimo contemporaneo come una “maladie catholique” cioè una Chiesa incapace di insegnare veramente ad amare. Nel suo libro La gioia della fede Ratzinger riprende un pensiero di Bernanos nel famoso Diario di un curato di campagna: è più facile di quanto non sembri odiare se stessi, anziché amarsi, perché l’accettazione di se viene solo dall’amore. In Ratzinger si incontra l’uomo, il sacerdote, il vescovo che sa amare la gente. Ad esempio, dare i sacramenti è dare ciò che io umanamente non potrei dare. Gesù diceva, il Figlio da se stesso non può fare nulla perché la sua consistenza è il rapporto con il Padre. Perciò il sacerdote che dà i sacramenti dà ciò che non gli appartiene. Più si procede nella lettura di questo interessantissimo libro e più ci si rende conto che quando la Chiesa pensa di combattere o il razionalismo o il modernismo rischia di diventare essa stessa vittima di ciò che vuole combattere, di un sistema di verità già belle e preconfezionate.

In tutte le opere e l’attività pastorale di Joseph Ratzinger si incontra il recupero dell’esperienza originale del cristianesimo, di verità riproposte in chiave esperienziale. La teologia dei vecchi manuali ha lasciato il posto alla teologia che ha al centro il mistero che spiega tutto: Cristo.

Foto Ansa

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