La Corte Costituzionale boccia il divieto all’eterologa. Il prossimo passo cosa sarà? L’utero in affitto?

I giudici, in un solo colpo, mandano a ramengo non solo quanto approvato dal parlamento, non solo l'esito di un referendum, ma anche la logica stessa di un'umanità che ormai ritiene moralmente lecito tutto quel che è tecnicamente possibile

La Corte Costituzionale ha bocciato il divieto al ricorso all’eterologa. Che cosa rimane ormai della legge 40, la norma sulla procreazione medicalmente assistita, approvata dal parlamento italiano nel 2004 e confermata da un referendum nel 2005 che – si ricordi – registrò la più alta astensione mai avvenuta in Italia?

Ma la Consulta se ne è fregata, bocciando, tra l’altro, l’aspetto – forse – più importante di quella legge, ossia il divieto per le coppie di ricorrere ai gameti di un donatore esterno. I giudici, così, in un solo colpo, mandano a ramengo non solo quanto approvato democraticamente dal parlamento – dopo anni di discussione sul far west e il businness della provetta selvaggia -, non solo la volontà popolare che, con l’astensione, aveva deciso di confermare la norma, ma anche la logica stessa di un’umanità che ormai ritiene moralmente lecito tutto quel che è tecnicamente possibile. Il prossimo passo cosa sarà? L’utero in affitto?

I giudici, rispondendo a ricorsi presentati dai tribunali di Catania, Milano e Firenze, hanno reso nota la loro decisione in un comunicato. Per le motivazioni bisognerà aspettare qualche settimana. Ieri nel suo intervento nel corso dell’udienza pubblica, l’avvocato dello Stato, Gabriella Palmieri, aveva messo in guardia dal «rischio di un vuoto normativo»: «I limiti previsti dalla legge 40 per le coppie che accedono all’omologa non si applicherebbero automaticamente anche alle coppie che richiedono un’eterologa, ma servirebbe un intervento regolamentare da parte del legislatore».

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