Kissinger critica Biden: «Sbagliato ideologizzare la guerra in Ucraina»

L’ex segretario di Stato americano contro la strategia del presidente. È un errore darsi come obiettivo il “regime change” in Russia

L’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger in una foto del 2019 (foto Ansa)

Le posizioni dell’establishment riguardo alla guerra in Ucraina cominciano a cambiare in Europa, come le recenti dichiarazioni e conferenze stampa di Mario Draghi, Olaf Scholz ed Emmanuel Macron e le interviste di uomini dell’industria e della finanza come Carlo De Benedetti lasciano intendere, ma anche nel mondo anglosassone alcuni dubbi sulla linea da seguire nei confronti della Russia nelle prossime settimane cominciano ad essere tematizzati apertamente.

Giusto l’altro giorno il Financial Times metteva online un video contenente ampi estratti dell’intervento di Henry Kissinger al FT Weekend Festival che si è tenuto a Washington sabato 7 maggio. Com’è noto, alla vigilia del suo 99esimo compleanno l’ex segretario di Stato americano dei tempi di Richard Nixon è ancora tanto lucido da poter essere invitato al più importante evento pubblico del quotidiano della City per essere intervistato dal suo editorialista di affari internazionali Edward Luce. Kissinger, com’è noto, è un caposcuola dei “realisti” in materia di politica estera, quegli analisti che nella tragedia dell’Ucraina vedono la conseguenza degli errori compiuti dall’Occidente nel negare alla Russia una sua sfera d’influenza permanente e nell’aver voluto espandere troppo la Nato verso oriente.

Come Yoda di Star Wars

Che il Financial Times, la cui linea editoriale finora ha interamente approvato la condotta della Nato nella crisi, invitasse proprio lui al suo più importante evento comunicativo, è significativo. Kissinger non è stato invitato a difendersi dalle accuse che normalmente vengono rivolte ai “realisti”, cioè di proporre una linea di condotta che equivale a piegarsi ai ricatti di Vladimir Putin, ma a tracciare un parallelo fra la politica da lui perseguita per conto dell’amministrazione Nixon 50 anni fa, che culminò nella visita dell’allora presidente americano a Pechino e nel “comunicato di Shanghai” che segnava una tappa storica di riavvicinamento nei rapporti fra Usa e Cina comunista, e quella odierna dell’amministrazione Biden, che già prima dell’invasione dell’Ucraina stava conducendo iniziative per allestire alleanze internazionali anticinesi a livello globale senza nel contempo fare concessioni alla Russia.

Luce stesso mette in evidenza la differenza di approccio: «La Washington di oggi […] è praticamente unanime su una politica estera che vede Cina e Russia come gemelle, anche se questa volta con la Russia come potenza minore. Il presidente Biden ha definito la posta in gioco globale come una competizione tra autocrazia e democrazia. Kissinger chiaramente disapprova, anche se sta attento a non dire mai nulla di significativo in un linguaggio diretto. La venerabile figura non solo ha risposto in termini simili a Yoda [personaggio di Star Wars, ndt]; la sua postura curva ricordava il saggio di Star Wars. Le differenze di ideologia non dovrebbero essere la principale questione di un confronto, ha affermato, “a meno che non siamo disposti a fare del cambio di regime l’obiettivo principale della nostra politica”».

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden con l’ex segretario di Stato Henry Kissinger in una foto del 2009 (foto Ansa)

Coalizzare i due avversari

Effettivamente lo scambio fra l’editorialista del Financial Times e l’ex segretario di Stato americano ha consentito a quest’ultimo di formulare, in termini soffici ma assolutamente chiari, due critiche di peso all’amministrazione Biden.

La prima riguarda il fatto di aver deciso di contrastare contemporaneamente le aspirazioni a un maggiore potere internazionale sia della Cina che della Russia. «Dopo la guerra in Ucraina», dice Kissinger, «la Russia dovrà come minimo riconsiderare il suo rapporto con l’Europa e il suo atteggiamento generale nei confronti della Nato. Penso che non sia saggio assumere una posizione ostile nei confronti di due avversari in un modo che li porti a coalizzarsi, e una volta che avremo accettato questo principio nelle nostre relazioni con l’Europa e nelle nostre discussioni interne, penso che la storia fornirà opportunità che ci consentiranno di applicare l’approccio differenziale».

L’ex segretario di Stato è convinto che gli interessi di Russia e Cina non convergeranno per sempre, ma è anche certo che la rottura della loro alleanza non può essere provocata dall’esterno: può avvenire solo per dinamiche proprie della loro relazione.

Cambio di regime e armi

La seconda critica all’amministrazione Biden riguarda, come accennato sopra, l’ideologizzazione del conflitto come uno scontro nel quale gli Stati Uniti devono fare appello alle democrazie per guidarle nella lotta contro le autocrazie.

«Dobbiamo essere consapevoli delle differenze di ideologia e di interpretazione che esistono», dice. Ma «dovremmo usare questa coscienza per applicarla nella nostra analisi dell’importanza delle questioni che si presentano di volta in volta, piuttosto che farne la principale questione di confronto, a meno che non siamo disposti a fare del cambio di regime l’obiettivo principale della nostra politica. Penso che data l’evoluzione della tecnologia e l’enorme distruttività delle armi che ora esistono, cercare un cambio di regime potrebbe essere imposto dall’ostilità degli altri, ma dovremmo evitare di generarlo con i nostri atteggiamenti».

Cioè la consapevolezza della distruttività delle armi che si stanno sviluppando dovrebbe trattenere dal darsi come obiettivo il “regime change” dei governi che non risultano democratici secondo gli standard occidentali.

Un’era totalmente nuova

Nella parte finale dell’intervista pubblica Kissinger manifesta tutta la sua preoccupazione di fronte allo scenario rappresentato dalla crescente potenza delle armi di distruzione di massa e dalla tentazione di farvi ricorso durante un conflitto: «Oggi ci troviamo di fronte a tecnologie in cui la rapidità dello scambio e la raffinatezza delle invenzioni possono produrre livelli di catastrofe che non erano nemmeno immaginabili. […] Il mio appello in generale, qualunque parte voi sosteniate, è di capire che ora stiamo vivendo un’era totalmente nuova, e che finora abbiamo trascurato questo aspetto. Ma poiché la tecnologia si diffonde in tutto il mondo, com’è sua natura, la diplomazia e la guerra avranno bisogno di essere pensate diversamente da ora, e questa sarà una sfida».

@RodolfoCasadei

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