L’Isis è ancora vivo: si espande in Africa e Afghanistan

Il nuovo rapporto del Consiglio di sicurezza dell'Onu fa il punto sull'organizzazione jihadista e le sue nuove strategie. Neanche l'Europa è al sicuro

L’Isis e altri gruppi terroristici hanno approfittato delle disfunzioni, rimostranze popolari e battute d’arresto delle politiche di sviluppo causate dalla pandemia di Covid-19 per riconquistare posizioni sia sul terreno che nella comunicazione online. Meritano un diffuso allarme l’espansione degli affiliati dell’Isis in Africa, gli sforzi dell’organizzazione per ricostituire il proprio califfato in Siria ed Iraq e le sue potenzialità di espansione in Afghanistan. È questo il succo del tredicesimo Rapporto a cura del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che fa il punto sulla minaccia per la pace e la sicurezza internazionali rappresentati in questo momento dall’Isis. Il documento (un testo di sedici pagine) è stato reso pubblico dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres martedì scorso.

L’Isis si rafforza in Africa e in Afghanistan

Secondo le informazioni raccolte dai servizi di sicurezza dei sedici paesi che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’attuale leader dell’organizzazione Amir Muhammad Sa’id Abdul Rahman al Mawli al Salbi (che è noto col nome di battaglia di Abu Ibrahim al Hashimi al Qurayshi ed è succeduto al primo califfo dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi, ucciso dagli americani il 27 ottobre 2019 nel nord-ovest della Siria) «rimane riluttante a comunicare direttamente coi suoi sostenitori», e «il sistema di comando e controllo del gruppo sugli affiliati si è allentato, anche se continua a dare indicazioni e a fornire qualche forma di sostegno finanziario».

L’autonomia dei gruppi terroristici regionali che si sono affiliati all’Isis si è rafforzata specialmente nell’Africa occidentale e nel Sahel, nell’Africa centrale e orientale, in Afghanistan e nell’Asia meridionale. Questa evoluzione è destinata ad avere un forte impatto sui futuri sviluppi dell’azione del Daesh (l’acronimo arabo con cui è nota l’organizzazione).

Attacchi “mordi e fuggi” in Siria e Iraq

Nonostante la forte espansione in Africa, l’organizzazione jihadista «continuerà a considerare prioritari il ricompattamento delle sue forze e il ritorno sulla scena» in Iraq e in Siria, considerati tuttora l’area che deve essere al cuore delle sue operazioni e dei suoi successi politici. In Siria attualmente l’Isis conduce operazioni mordi e fuggi contro posti di blocco dell’esercito governativo su entrambe le rive del fiume Eufrate nella provincia orientale di Der Ezzor (alla fine di luglio sono stati registrati attacchi nella regione di al Mayadeen) e nella regione desertica al confine con Giordania e Arabia Saudita.

In Iraq l’Isis subisce la pressione di costanti operazioni antiterroristiche (sono stati recentemente arrestati i responsabili dell’attentato in un mercato di un quartiere sciita di Baghdad nel quale sono morte 30 persone e 50 sono rimaste ferite), ma continua anche lì a condurre attacchi mordi e fuggi «che mirano a danneggiare progetti infrastrutturali di importanza critica, a esacerbare divisioni settarie e rimostranze locali e a cercare eco nei media». Per quanto riguarda le risorse finanziarie dell’organizzazione, si stima che quelle disponibili in Iraq e Siria ammontino a un valore oscillante fra i 25 e i 50 milioni di dollari, concentrati per la maggior parte in Iraq.

L’Isis è una minaccia credibile per Kabul

Lo sviluppo più preoccupante della situazione è rappresentato senz’altro, nella prima metà del 2021, dall’espansione dell’Isis in Africa, dove i vari gruppi affiliati hanno inflitto complessivamente il maggior numero di perdite alle forze di sicurezza e alla popolazione civile. Alcuni degli affiliati stanno espandendo le proprie azioni e la propria sfera di influenza dal Mali nel Burkina Faso e nel Niger, dalla Nigeria nel Niger, in Ciad e in Camerun, e dal Mozambico in Tanzania. Di questi paesi però solo il Niger è attualmente membro a rotazione del Consiglio di sicurezza, e forse per questo il rapporto non approfondisce particolarmente l’analisi della situazione africana. Maggiori dettagli sono dedicati all’Afghanistan.

In Afghanistan l’affiliato dell’Isis (che si chiama Stato Islamico Provincia Khorasan) ha rafforzato la sua presenza in molte province e sia nei dintorni che all’interno della capitale Kabul, poiché «nonostante le perdite subite nel 2020 in termini di leadership, militanti e risorse finanziarie nelle province di Kunar e Nangarhar, lo Stato Islamico Khorasan ha fatto la sua comparsa in altre province, comprese quelle di Nuristan, Badghis, Sari Pul, Baghlan, Badakhshan, Kunduz e Kabul, dove i combattenti hanno costituito cellule dormienti».

Le stime sulla consistenza numerica dell’Isis in Afghanistan variano dai 500 ai 1.500 combattenti, ma potrebbero crescere fino a 10 mila nel medio termine, pescando fra i combattenti talebani insoddisfatti della “moderazione” della loro organizzazione attuale di appartenenza. Il rapporto cita il  “brutale attacco” dell’8 giugno scorso nel corso del quale 10 sminatori di un’organizzazione umanitaria sono stati uccisi e altri 16 feriti nella provincia di Baghlan, attentato di cui l’Isis ha rivendicato la responsabilità.

L’Europa non è al sicuro

Secondo il rapporto l’Isis potrebbe ritrovare la capacità di organizzare attacchi a livello internazionale se il suo nucleo centrale in Iraq e Siria o uno dei suoi affiliati diventassero abbastanza forti: «Man mano che diminuiscono le restrizioni imposte a causa della pandemia, si configura un’elevata minaccia a breve termine di attacchi ispirati dal Daesh lontano dalle zone di combattimento, da parte di lupi solitari o da piccoli gruppi che sono stati radicalizzati, incitati ed eventualmente diretti da lontano attraverso le reti informatiche».

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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