Intercettazioni. È la sinistra che non sa più tenere insieme lotta al crimine e giustizia

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (foto Ansa)

Su Affaritaliani Alberto Maggi scrive: «Il 13 febbraio alle ore 15.00 il governo Meloni uscirà rafforzato dal voto regionale in Lombardia e nel Lazio. Non ha dubbi il decano dei sondaggisti, Nicola Piepoli (presidente dell’omonimo istituto di ricerca demoscopica), che ad Affaritaliani.it – sulla base delle ricerche che sta facendo da settimane – afferma senza alcun dubbio: in Lombardia verrà riconfermato Attilio Fontana e nel Lazio vincerà nettamente la destra. Un pronostico senza se e senza ma. È fatta. Punto. Però Piepoli tiene a sottolineare che si tratta di due centrodestra profondamente diversi, “quasi opposti”».

Il 12 e 13 febbraio si vota in Lazio e Lombardia. Naturalmente gli elettori valuteranno l’operato delle giunte uscenti, ma non mancherà una forte motivazione politica nelle scelte dei votanti. In Lombardia, per esempio, al di là delle critiche a singole scelte della giunta Fontana, è molto probabile che alla fine si privilegino le forze che sostengono l’attuale giunta. È diffusa la sensazione per esempio che affidarsi agli insaputelli (“Ero nel centrodestra ma a mia insaputa”, “Ero nella Lega ma a mia insaputa” “Ho firmato una legge sulla sanità ma a mia insaputa” “Ero nel Pd ma a mia insaputa” “Ho chiesto di essere candidata presidente del centrodestra ma a mia insaputa” “Ero nei 5 stelle ma a mia insaputa”) costituisca un salto nel buio non solo su scala locale ma anche nazionale, un salto di cui non hanno bisogno né Milano né Roma.

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Sul sito di Tgcom24 si scrive: «Le intercettazioni, per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, “sono importanti, sicuramente per i reati di terrorismo e di mafia e per tutto ciò che può portare a indagini su reati importanti”».

I media impegnati in una lotta a oltranza contro il governo Meloni contrappongono le parole del ministro dell’Interno a quelle di Carlo Nordio, parlando di una contraddizione lacerante nel centrodestra. In realtà la contraddizione non è tanto nella politica quanto nelle “cose”: da una parte l’Italia ha bisogno, anche per la presenza di un diffuso sistema di criminalità organizzata, per la sua sicurezza e la difesa di una piena legalità di un uso non secondario di intercettazioni. Dall’altra vi è la necessità di stroncare il circo mediatico giudiziario che ha avvelenato la politica italiana e dimezzato la nostra sovranità. Insomma è bene che nel centrodestra ci sia un Piantedosi ma anche un Nordio. Quel che manca invece davvero è a sinistra una reale volontà riformatrice che sappia tenere insieme i due nodi del problema: reprimere il crimine ma non politicizzare la giustizia.

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Su Huffington Post Italia si scrive: «Vengono lanciati segnati rivolti a quella parte di elettorato di centrodestra che si professa pro-vita e pro-famiglia. Segnali che guardano verso quelle organizzazioni che hanno capacità di mobilitazione e di lobbying. Sono sassi nello stagno, destinati al nulla ma che comunque fanno rumore. Il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia ha depositato a Palazzo Madama un disegno di legge, disconosciuto dal suo stesso partito e dal ministro competente, sui diritti del “concepito”».

Ecco un altro tema dove la contraddizione non è tanto nella politica quanto nella realtà: da una parte c’è la difesa della vita, dall’altra quella della libertà delle donne di autodeterminare il proprio destino. Le fughe in avanti non aiutano la costruzione di uno schieramento ampio e articolato delle forze che difendono la vita di fronte al manifestarsi di una forte deriva nichilistica. Si deve avere consapevolezza che siamo di fronte a una questione tragica che, come fa Eugenia Roccella, va gestita nella sua complessità (anche tra l’altro con una battaglia culturale e morale, prima che statalisticamente legislativa), non con dannosi radicalismi.

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Su Open Alessandra Mancini scrive: «Le pensioni sono (da sempre) uno dei temi prioritari su cui governo e sindacati devono confrontarsi per trovare una quadra, che al momento sembra non arrivare. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, punta a promulgare entro l’estate una riforma complessiva che possa mettere fine alla “stagione” degli interventi “a tampone”, inseriti in ogni legge di stabilità per superare lo scoglio Fornero. A tal proposito, stamattina si è aperto ufficialmente il cantiere previdenziale al tavolo del ministero del Lavoro dove la titolare del dicastero, insieme al sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon e al sottosegretario all’Economia Federico Freni, ha incontrato i segretari generali di Cigl, Cisl e Uil che chiedono delle risposte sui tempi e sulle relative risorse destinate alla riforma del sistema pensionistico. Un incontro, quello di via Flavia, che ha provocato non poche polemiche. Il primo momento di tensione con l’esecutivo arriva quando il segretario di Uil, Pierpaolo Bombardieri, chiede una serie di chiarimenti sulla piattaforma unitaria dei sindacati sulla riforma delle pensioni. A lui risponde la ministra Calderone: “Faccio notare che voi non avete mai mandato ufficialmente la vostra piattaforma, al contrario di altri oggi seduti al tavolo”. Contattata da Open la Cgil dichiara che la piattaforma all’interno della quale si trova una proposta “articolata e unitaria” per la riforma del sistema previdenziale e il superamento della legge Fornero “è stata presentata da Cisl, Uil, Cgil nel 2021”. Per questo motivo “non si tratta di una proposta nuova o riservata. Nello stesso incontro che c’è stato con la premier Meloni a palazzo Chigi”, continuano i sindacati, “subito dopo la nomina a presidente del Consiglio, era già stata citata, ma non consegnata perché non era quella la sede per consegnarla. Tuttavia, nel 2021 era stato mandata anche formalmente. L’appuntamento di oggi sembrava una consultazione generale, se poi vogliamo entrare nel merito siamo pronti”. Oggi però, almeno all’apertura del tavolo, il documento non era stato nuovamente inviato ed è su questo che insistono dal ministero del Lavoro».

Come la sinistra in generale, anche la Cgil appare un po’ allo sbando, come dimostrano anche i qui citati rapporti con il ministero del Lavoro. Le difficoltà sono comprensibili, perché una parte delle forze a cui la sinistra sindacale normalmente si riferisce, prima ha appoggiato la riforma Fornero, e oggi flirta con quella di Macron contro cui sono scesi in piazza alcuni milioni di francesi.

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