Il martirio di Laura, vittima di espiazione dei peccati di suo padre e di tutti noi

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Pianto Antico è una poesia di Carducci dedicata al figlio morto di tifo nel 1870, all’età di tre anni, ed è una poesia che tutti i bambini italiani della mia generazione imparavano a memoria. Ma a differenza di altri, questi versi erano capaci di suscitare in noi la voglia di piangere. Carducci aveva appena perso il suo figlioletto e, nella drammatica solitudine creata dalla morte, tornava col pensiero ai diversi momenti della vita della sua creatura. Dopo tanti anni, questa poesia mi ha attraversato la mente mentre, all’alba di sabato 18 marzo, guardavo il volto bellissimo ormai freddo della piccola Laura, l’angelo della nostra clinica, scomparsa nella notte di venerdì.

Stavo già dormendo, quando la voce di hermana Sonia mi ha avvisato: «Padre, è morta Laura». Immediatamente il mio pensiero è andato a Fanny, la mamma che da quattro anni seguiva instancabilmente il calvario della sua piccola figlia, affetta dal morbo di West, una terribile malattia che atrofizza il cervello fino a uccidere. Sono corso subito alla Clinica e ho trovato mamma e figlia abbracciate: le lacrime calde della madre si mescolavano con la freddezza che man mano s’impadroniva del tenero corpicino di Laura. L’incontro è stato drammatico, le parole inutili. Ho abbracciato Fanny e baciato la fronte di Laura. Erano bellissime. La madre, quasi consumata da lunghi anni di sofferenza, non faceva che ripetermi «grazie». Il suo volto, solcato dai tratti del dolore, esprimeva una tenerezza impressionante.

Questa donna, nelle diverse tappe della sua vita, nei diversi momenti di terribile dolore e solitudine, nelle preoccupazioni quotidiane, era come illuminata e guidata da un punto misterioso che dava a tutte queste diversità un’unità e una bellezza incantevoli. Unità e bellezza capaci di trasformare in musica tutti i dettagli della sua vita. Erano l’evidenza dell’Avvenimento di Cristo, che alcuni anni prima, quando Laura si era ammalata, era entrato potentemente e imprevedibilmente nella sua vita. «Padre, io ho incontrato Cristo grazie alla malattia di mia figlia, e da quel momento la mia vita è cambiata». Ed era stato in quello stesso istante di bellezza che, all’improvviso, era caduto sulle sue spalle, già fragili, il terribile dolore dell’abbandono del marito, di quel compagno al quale un giorno aveva affidato il suo amore attraverso il sacramento del matrimonio. Ma Fanny non si è disperata, anzi ha riconosciuto in questo tormento affettivo la voce del Signore che la chiamava a un abbandono radicale.

Tutto era iniziato il 5 maggio 2013, quando Fanny e Laura arrivarono alla nostra clinica chiedendo aiuto: le accogliemmo con tutto l’affetto dell’amore cristiano, e da quel giorno Laura divenne l’angelo dell’ospedale. I giorni, le settimane, i mesi passavano, e Laura peggiorava. Tutti chiedevano al Signore un miracolo, ma il Suo disegno era un altro.

Ci hai regalato la vita
Un disegno difficile da capire e che solo con il tempo ho potuto intuire, quando un giorno ha bussato alla porta del mio studio un giovane, chiedendomi che lo confessassi. Aveva il volto abbattuto, i tratti del viso esprimevano la tragedia del cuore. L’ho confessato. Era il padre di Laura. All’inizio ho sentito una specie di rigetto, che poi ha lasciato il posto alla compassione. Mi sono ricordato della parabola del figliol prodigo, ma in particolare il mio pensiero è andato al crocifisso, all’innocente figlio di Dio che morì per me, non meno prodigo di quest’uomo, e ho sentito una gran pietà. Finalmente era tornato a casa, aveva chiesto perdono a Dio, a sua moglie, ai suoi figli… e la risposta è stata un abbraccio immenso di misericordia, incomprensibile, assurdo senza l’incontro personale con Cristo da parte di Fanny: lei lo ha perdonato.

Dopo pochi giorni Laura è morta. Il martirio della sua vita innocente, triturata dal dolore, si era compiuto. Come Gesù, si era offerta, non importa se inconscientemente, come vittima di espiazione dei peccati di suo papà e di tutti noi. Un sacrificio incomprensibile, come quello di Gesù, senza il dono della fede. «Dio ha amato tanto il mondo, da sacrificare il proprio Figlio perché il mondo si riconcili con Lui», ci ricorda l’Apostolo.

Il giorno del funerale, domenica 19 marzo, ho celebrato la Messa accompagnato dalla musica indescrivibile dei singhiozzi e dei gemiti, in particolare dei quattro fratellini di Laura. Ho detto una cosa sola: grazie Laura, perché con il tuo sacrificio ci hai regalato la vita. L’abbiamo accompagnata al cimitero lasciandoci dietro le spalle l’umile casetta di legno nella quale convivono, in una sola stanza, questa madre umile e grande e le sue creature, che da quel giorno avranno in lei l’unica speranza. E lei, sola come sempre… ma in compagnia di Gesù!

paldo.trento@gmail.com

Exit mobile version