Il “black friday” per la tutela della vita in Italia

Commento sulle motivazioni della sentenza della Consulta sul fine vita. Le espressioni inaccettabili e i punti fermi

Nulla di sostanzialmente nuovo è contenuto nella motivazione della sentenza n. 242 depositata venerdì scorso dalla Consulta, rispetto all’ordinanza n. 207/2018. 

Il quadro di fondo è costituito:

Come nell’ordinanza 207, anche la sentenza 242 presenta profili contraddittori, ancora più evidenti nel momento in cui la Corte conferisce alla propria sentenza immediata applicazione:

Nonostante tali gravi e inaccettabili asserti, la sentenza 242 stabilisce dei punti fermi:

La sentenza 242 attribuisce una responsabilità elevata ai medici, i quali – col documento della Federazione degli Ordini di qualche mese fa – hanno coraggiosamente e con coerenza di argomentazioni richiamato il dovere di non dare la morte. Il Centro studi Rosario Livatino, insieme con Scienza e Vita, ha già organizzato un primo workshop sul rapporto fra la legge dello Stato e il codice deontologico, e su quale fra i due prevalga in ipotesi di contrasto, soprattutto se è in discussione un bene fondante quale è la vita. È questo uno dei temi sui quali, alla stregua del deposito della motivazione della Corte costituzionale, sarà necessario tornare in modo approfondito e articolato. A fianco a quello dell’aiuto solidale non a togliersi la vita, bensì a lenire il dolore con cura palliative rese effettive per chiunque ne abbia bisogno, dando piena applicazione alla legge n. 38/2010: spostando così l’attenzione dall’autodeterminazione alla dignità e alla presa in carico della sofferenza.

Foto Ansa

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