I bei tempi del Picconatore, Fioramonti un Toninelli al cubo, le morti per disperazione in America

Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Caro direttore, di fronte a comportamenti irrituali di una parte della magistratura che spesso sconfina nella più lercia politica, il presidente del Csm perché non interviene? Ha paura anche lui? Rimpiango Francesco Cossiga.
Paolo Diacono via email

A parte l’incredibile scena (la trovate facilmente su internet) con l’allora presidente dell’Anm Luca Palamara, di Cossiga va ricordato quanto fece il 5 dicembre 1985. Imbizzarrito perché il Csm voleva discutere una mozione di censura contro Craxi, che aveva osato criticare la procura di Milano, minacciò di schierare un battaglione di carabinieri in assetto antisommossa nei pressi del palazzo dei Marescialli, sede del Csm, intimando ai giudici che, se avessero osato discutere la mozione, avrebbe ordinato di sgombrare il palazzo con la forza. Altri tempi, altri presidenti.

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Caro direttore, vogliamo parlare di questi grillini che sapevano che Lorenzo Fioramonti non versava più i contributi al Movimento da oltre un anno e hanno tirato fuori la storia solo dopo che si è dimesso? (Però lo avevano nominato ministro, nel frattempo, in palese violazione delle regole del M5s che, come si sa, si applicano nei confronti dei nemici, ma si interpretano sempre con gli amici…).
Michelangelo Rubino via email

Fosse solo quello, caro Michelangelo. Il ministro Fioramonti è stato un Toninelli al cubo (e ce ne voleva di impegno per batterlo). Voleva mettere la tassa sulle merendine e sui voli, togliere il crocifisso dalle aule, giustificare gli scioperati ambientalisti. È arrivato a sostenere che lo studio delle guerre puniche e napoleoniche «incoraggia la violenza». Per la scuola non ha fatto un beato niente e a questo punto viene da dire: e meno male.

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Caro direttore, vedendo in foto lo striscione «viva le sardine, abbasso gli sgomb(e)ri» apposto all’ingresso del “Tempio della Legalità” (il centro sociale di via Santa Croce in Gerusalemme a Roma, ndr) son rimasto di baccalà. Proprio loro, le sardine, così inclusive e senza puzza neanche dopo tre giorni, mi vanno a discriminare gli amati sgombri che personalmente preferisco alle sardine. Inoltre gli sgombri fanno parte della “Lista rossa delle specie minacciate” (fonte Unione internazionale per la conservazione della natura) e vedere una razza, pardon, un genere di pesce azzurro che fa la guerra a un altro pesce azzurro… mi lascia sulle spine. Non sarà che le sardine sono azzurre fuori e rosse dentro!?
Enrico Ventura via email

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Gentile direttore, sono rimasta molto colpita dall’adesione di un movimento come i papaboys al cosiddetto movimento delle sardine. Certo tutti hanno diritto a manifestare, ma che alcuni movimenti cattolici ben inseriti nella Chiesa istituzionale, manifestino in una piazza ben connotata politicamente e, assai spesso, usa a toni ed espressioni non esattamente rispettose dell’altro, mi sembra molto divisivo. Purtroppo temo che dietro a questa decisione ci sia la benedizione di qualche presbitero incapace di distinguere tra politica e fede. Con buona pace della misericordia. Cordiali saluti e buon lavoro.
Flavia Tellatin via email

Vedi editoriale.

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Mi ha molto colpito il messaggio di Mark Gaisford, il manager di Londra che ha lanciato su Linkedin un video in cui dice di non avere amici. Viviamo in una società in cui si hanno relazioni con colleghi, con conoscenti, con parenti, ma di amicizie vere, poche.
Angelo Sacchi via email

Mi lasci essere un po’ perplesso di fronte a quel video. Lo trovo, come dire?, un po’ costruito e poco spontaneo. Mi ha colpito molto di più un recente articolo dell’Economist (tradotto in Italia da Internazionale) intitolato “Perché la vita degli statunitensi si sta accorciando” in cui si racconta che «l’aspettativa di vita di un bambino nato oggi negli Stati Uniti è in media di 78,6 anni, in calo rispetto ai 78,9 anni del 2014». Si fa riferimento a uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association in cui si cerca di individuare la cause del fenomeno. «La tesi più diffusa è che l’aumento della mortalità possa essere ascritto a una serie di cause tra cui l’overdose, le malattie legate all’abuso di alcol e i suicidi». Le chiamano «morti da disperazione».

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Ragazzi, grazie a voi che portate avanti Tempi! In mezzo a questa stampa italiana tiepida ed insipida è importante sostenere (per quel che ognuno può!) chi come voi ha il coraggio di prendere una posizione netta su tutto. Grazie.
Serafino Amodeo via email

Foto Ansa

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