Ha una taglia sulla testa da 10 milioni di dollari, ma tiene conferenze stampa in pubblico

Hafiz Saeed, leader islamista sospettato di aver architettato un attentato in India nel 2008 dove sono morte 168 persone, vive in Pakistan, a Lahore, e dopo aver saputo della taglia che gli Stati Uniti hanno messo sulla sua testa, ha indetto una conferenza stampa: «Sono qui, non mi nascondo. L'America dovrebbe dare a me quei soldi».

«Se l’uomo che ha escogitato tutto questo può trovare lavoro al Dipartimento di Stato americano, allora io posso diventare presidente degli Stati Uniti». Detto da un membro della sicurezza del Pakistan, paese che ha un rapporto a dir poco tormentato con l’America, accusato com’è di proteggere diversi tipi di terroristi, non è un bel complimento. Ma l’ironia qualche ragion d’essere ce l’ha. Si è mai visto infatti un ricercato, con una taglia sulla testa da 10 milioni di dollari, tenere una conferenza stampa pubblica davanti al quartier generale dell’esercito pakistano e a meno di un’ora di distanza dall’ambasciata americana? Decisamente no, ma può succedere se ci si trova in Pakistan e se l’indiziato è Hafiz Saeed.

Ex professore di studi islamici, il leader islamista di 61 anni è sospettato di avere architettato l’attacco terroristico del 2008 a Mumbai, capitale economica dell’India, dove sono morte 166 persone, tra cui sei americani. Diversi milioni di dollari spettano a chiunque sia in grado di fornire informazioni attendibili che possano essere usate contro di lui in un regolare processo. Il fondatore di Lashkar-e-Taiba, una delle organizzazioni militari più potenti dell’Asia del sud, accusato di essere anche l’organizzatore di un attacco al Parlamento indiano nel 2001, vive in Pakistan e dirige la coalizione estremista Difesa del consiglio pakistano. Gli Stati Uniti lo ricercano come terrorista, in Pakistan viene chiamato «patriota».

E trovarlo non è affatto difficile. Abita a Lahore, in un compound all’estrema periferia della città, e gira senza problemi per le strade. Lo si può incontrare in piazza, per intenderci. Dopo aver saputo della taglia, Saeed non ha fatto niente per nascondersi, anzi, si è recato a Rawalpindi, di fianco alla capitale Islamabad, dove ha tenuto una conferenza stampa pubblica: «L’annuncio è ridicolo. Sono qui, davanti a tutti, non mi nascondo in una grotta» ha detto da un hotel a soli 40 minuti di macchina dall’ambasciata americana che si trova a Islamabad e a pochi passi dal quartier generale dell’esercito pakistano, che riceve miliardi di dollari dagli Stati Uniti. «Io sono qui, visibile da tutti» ha continuato. «L’America dovrebbe dare a me la ricompensa». Scornati, gli Stati Uniti hanno precisato attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner: «Sappiamo tutti dove si trova, ogni giornalista del Pakistan sa come trovarlo, ma noi cerchiamo informazioni che possano essere usate contro di lui in un’aula di tribunale».

Non si tratta di una vera e propria taglia, dunque. Ma in Pakistan non hanno comunque preso bene la decisione americana, come afferma un membro della sicurezza: «La posizione di Saeed è stata chiarita davanti ai nostri tribunali.  Lui si è sempre battuto perché i raid dei droni americani venissero fermati. Non ha mai detto niente di male, anzi, è un patriota». Nonostante la spavalderia di Saeed, però, ora qualche preoccupazione c’è tra i suoi. Si teme che l’appoggio istituzionale e popolare del Pakistan non sia sufficiente: «Quando la gente vedrà la possibilità di far soldi, non ci sarà modo di salvarlo. Solo Dio può aiutarlo».
@LeoneGrotti

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