«I giovani hanno bisogno di maestri. E di profeti». Intervista a Alessandro Meluzzi

L'eros, la noia, la famiglia, il femminicidio. Intervista con lo psichiatra sui temi sollevati dal suo ultimo libro: "Il Maschio Fragile"

Le cause del femminicidio? «Sono legate alla disintegrazione dei legami». Il vittimismo femminile? «In realtà il narcisismo avvicina spesso la donna al suo carnefice». In Il Maschio Fragile. Scopri il bastardo che c’è in te (Cantagalli) il docente di psichiatria Alessandro Meluzzi, fondatore della International School of Investigative Criminology, tratta tematiche quali il mito dell’uomo forte contro la donna vittima, del sentimento come esaltazione della vita e parla di una generazione bisognosa di profeti.

Professore, lei descrive il femminicidio come un problema legato al dilagare della fragilità maschile, facendo notare che più si predica la libertà da rapporti vincolanti e stabili più aumentano il possesso e la violenza. Perché?
C’è tutta una parte della mente e dell’anima umane che ha bisogno di un attacco a una base sicura. Il bambino sviluppa con sua madre un rapporto a base sicura, da cui deriva la sua stabilità emotiva e relazionale di fronte a ogni circostanza problematica. Quando questo rapporto non si sviluppa, le malattie mentali dilagano. La maggioranza dei disturbi psichici provengono dai rapporti fragili, dai divorzi, dalle rotture e dagli abbandoni che causano il dilagare della depressione. I legami di attaccamento, che si sviluppano in una famiglia dove il rapporto madre e padre è forte, non sono un capriccio del bambino o un optional, ma una necessità per vivere. Nell’instabilità, infatti, la persona è spaventata e teme l’abbandono. A questo segue la violenza: per compensare ci si lega ossessivamente a qualcuno o qualcosa di cui si preferisce la distruzione che la scomparsa.

Lei scrive che la causa non è riducibile alla fragilità del maschio, perché anche la femmina insegue sempre più spesso il prototipo dell’aggressore. Perché questa tendenza?
Ci sono tanti tipi di maschi fragili, ma in generale hanno un basso tasso di autostima, legato alla fragilità identitaria prodotta dai rapporti di cui dicevo prima. In questa percezione di vulnerabilità l’uomo diventa dipendente dalla donna. Per lei, inizialmente, il rapporto può anche apparire gratificante: il corteggiatore è fedele e attento. Ma attenzione perché la “vittimologia” è un inganno, non è sempre vero che il destino ci capita, molto più spesso lo possiamo scegliere. Come spiega mirabilmente la terapista Robin Norwood nel libro Donne che amano troppo, anche le femmine sono mosse da un atteggiamento narcisistico per cui pensano: «Le altre non ti hanno capito, io ti salverò». È un altro tratto dell’onnipotenza individualista, per cui si rincorrono maschi nocivi.

L’individualismo, scrive, produce il sentimentalismo.
L’individuo è sano quanto più vive legami forti, comunitari ma anche con la propria tradizione. L’individuo isolato, che non conosce la sua storia, è una monade dall’identità fragile. Nel primo caso si sviluppano sentimenti di amore alto fatto anche di sacrifici. Nel secondo si vive dentro relazioni sentimentali, non coerenti e fondate sul ricatto dell’abbandono.

Perché afferma che il sentimentalismo allontana la felicità, rendendo la vita insipida anziché emozionante?
Il sentimentalismo è una specie di melassa in cui si cercano rapporti di tipo fusionale, che generano una dipendenza malata e in cui le personalità si annullano. Alla lunga c’è spazio solo per la noia. Al contrario, esistono due adulti che sanno bene chi sono, capaci di rapporti autentici dove l’alterità misteriosa dell’altro è riconosciuta come necessaria. In questo caso non ci si annoia mai.

Il mondo adulto, anziché educare, rincorre quello degli adolescenti, mentre bisognerebbe «erigere barriere». Cosa intende?
Prendiamo l’eros, che è una cosa meravigliosa, paragonabile a un fiume in piena. Cosa accade se non ha argini? Che il suo scopo non si realizza. Un fiume senza argini se è in piena non arriva alla foce e si disperde distruggendo tutto quanto ha intorno, mentre in secca si riduce a una palude buona solo per le zanzare. Al contrario, il fiume in piena arriva alla foce e in secca grazie al mulino continua, anche se più lentamente, il suo percorso. Ma questo vale per il mangiare, bere, dormire, lavorare: imparare che tutto è permesso conduce alla distruzione. Per questo l’adulto vero è capace di dire “no” e di mettere argini.

Cosa intende quando dice che ai giovani servono profeti e non solo maestri?
Il maestro, come diceva Maria Montessori, libera le potenzialità già presenti nell’essere umano. Ma un educatore è anche un profeta che, oltre a trovare la scintilla di luce presente nel ragazzo, gli indica un orizzonte di senso, percorrendo con lui la strada per raggiungerlo. Come Mosè, che camminò con il popolo verso la Terra Promessa, pur non conoscendo la strada. L’educatore, infatti, non conosce la via alla realizzazione del ragazzo, ma cerca di scoprirla con lui. Ai giovani oggi servono mete eroiche e radicali, se si abbassa la proposta li perdiamo. L’Isis ha tanto successo anche fra gli occidentali proprio perché offre orizzonti di gloria a persone mediocri che ancora li cercano. Per questo non bisogna avere paura di offrire di più, anche si trattasse di una rottura degli schemi radicale. Da qui si può ripartire.

Si può ripartire anche dalla famiglia naturale che, scrive, «può sopravvivere soltanto se diventa sovrannaturale, cioè una famiglia che si apre al dono dello Spirito che viene da altrove e che è il risultato di una rivelazione».
Il concetto di famiglia naturale è messo in discussione dal gender ma anche dal fatto che per passare la vita insieme serve un miracolo. Con la grazia di Dio questo miracolo è alla portata di tutti. Se si esclude la presenza di un orizzonte più grande, prevalgono l’egoismo e la pretesa, nella ricerca del piacere e della propria soddisfazione. Quando invece l’orizzonte dell’amore è Dio si è capaci di sacrificio, costruttività e bellezza.

@frigeriobenedet

Foto da alessandromeluzzi.it

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