Giornali chiusi, attivisti in carcere, favole bandite: il 2021 “nero” di Hong Kong

Il governo smantella un altro organo di informazione pro democrazia a Hong Kong. Ma per l'isola finita sotto il tallone di Pechino tutto l'anno è stato all'insegna della repressione

Universitari guardano per l’ultima volta la colonna della vergogna, smantellata dal governo di Hong Kong perché eretta vent’anni fa in memoria delle vittime di Piazza Tienanmen (foto Ansa)

Non si poteva chiudere in modo più tragicamente emblematico il 2021 di Hong Kong. Il 29 dicembre oltre 200 poliziotti per la sicurezza nazionale hanno fatto irruzione nella redazione e negli uffici del giornale online pro democrazia Stand News arrestando sei giornalisti, tra i quali l’attuale e l’ex direttore e caporedattore. L’accusa è di aver «cospirato per distribuire pubblicazioni sediziose»: un modo come un altro per tappare la bocca a chiunque si azzarda a criticare il governo.

Democratici agli arresti

Gli arresti a Stand News, che ha già chiuso sito e social media, concludono un 2021 disastroso, durante il quale la democrazia e i diritti dei cittadini di Hong Kong sono stati cancellati con impressionante violenza e rapidità. Il regime comunista cinese, sfruttando le norme e prerogative della legge sulla sicurezza nazionale, imposta al territorio nel luglio 2020, ha distrutto in appena 18 mesi il modello “Un paese, due sistemi”, violando il trattato internazionale firmato con il Regno Unito e spazzando via con oltre 20 anni d’anticipo l’autonomia promessa all’isola.

L’anno era iniziato con l’arresto di massa a gennaio di 53 importanti personaggi della galassia democratica di Hong Kong con il dispiegamento di oltre mille poliziotti. Politici e attivisti sono stati accusati di aver tenuto delle primarie democratiche con l’obiettivo di conquistare il Parlamento attraverso le elezioni. Un primo importante segnale della morte della democrazia sull’isola. A febbraio tutti sono stati accusati di sovversione, capo d’imputazione che potrebbe valere loro l’ergastolo.

Hong Kong ai “patrioti” comunisti

Sempre a febbraio, i consiglieri distrettuali (quasi tutti democratici dopo una clamorosa vittoria alle elezioni del 2019) sono stati obbligati a prestare giuramento di fedeltà al governo e alla Cina con l’obiettivo di escluderli dall’amministrazione della città. E per la prima volta in 32 anni, il banchetto floreale di raccolta fondi per ricordare le vittime di Piazza Tienanmen alla fiera per il capodanno cinese è stato smantellato.

A marzo la Cina ha approvato le modifiche alla legge elettorale di Hong Kong per assicurare che la città venga guidata soltanto da “patrioti”. Il nuovo sistema, in sostanza, diminuisce il numero di parlamentari eletti dal popolo e istituisce una commissione in grado di porre il veto preventivo a tutti i candidati al Parlamento e alla carica di governatore che non si sottomettono alla Cina e al Partito comunista. In tutte le scuole di ogni ordine e grado, inoltre, vengono introdotti libri di indottrinamento dal titolo La mia casa è la Cina.

Indottrinamento dei bambini

Ad aprile il governo assegna nuovi poteri all’ufficio della Dogana per vietare a chiunque di lasciare Hong Kong, senza bisogno di fornire spiegazioni, una mossa per impedire che gli attivisti democratici lascino l’isola. Carrie Lam lancia anche la “Giornata di educazione sulla sicurezza nazionale”, dove ai bambini viene richiesto di scrivere frasi patriottiche e dove si insegna loro a maneggiare mitra, granate e lanciarazzi. Molti negozi legati alla galassia democratica vengono chiusi ed è introdotta una legge per punire chi inciterà altri a votare scheda bianca alle elezioni di dicembre.

Censura onnipresente

A maggio la veglia annuale per ricordare le vittime di Piazza Tienanmen viene bandita un’altra volta con la scusa del Covid-19, i libri degli attivisti democratici vengono ritirati dalle librerie e decine di insegnanti sono licenziati per aver protestato contro il governo nel 2019. A giugno 500 poliziotti fanno irruzione negli uffici dell’Apple Daily, il cui fondatore è già in carcere, e arrestano cinque giornalisti. Il giornale viene poi chiuso: l’ultima edizione è uscita il 24 giugno. Il governo decide inoltre che chiunque vorrà acquistare una sim telefonica dovrà fornire tutti i propri dati personali.

A luglio è stata condannata la prima persona in base alla legge sulla sicurezza nazionale: un 24enne ha ricevuto una pena pari a 9 anni di carcere. Cinque psicoterapeuti vengono arrestati per aver scritto un libro per bambini nel quale si racconta la storia di una pecora che protegge il villaggio dai lupi. Secondo la polizia, la favola «incita all’odio contro il governo».

La società civile scompare

Ad agosto il più grande sindacato degli insegnanti si scioglie per timore che i suoi leader vengano arrestati. Scompare anche il Civil Human Rights Front, organizzatore della storica marcia democratica dell’1 luglio. A settembre chiude anche l’Alleanza di Hong Kong, che dal 1990 organizzava la veglia per le vittime di Tienanmen. Per evitare l’incarcerazione, chiude i battenti pure la più grande coalizione di sindacati dell’isola (Hkctu). Il governo impedisce alla popolazione di portare in carcere agli oltre 100 attivisti democratici finiti in prigione cioccolata e giornali.

A ottobre scompare il sindacato degli studenti, in tutte le scuole viene introdotto l’obbligatorio alzabandiera settimanale con il drappo cinese. A novembre la mannaia della censura si abbatte anche su film e concerti. A dicembre, oltre alla chiusura di Stand News, viene smontata e rimossa, dopo 20 anni di permanenza,  dal campus dell’università di Hong Kong la statua che commemorava le vittime della strage di Piazza Tienanmen: la “colonna della vergogna”. Decine di attivisti, tra i quali Lee Cheuk-Yan e Jimmy Lai, ricevono nuove ingiuste condanne.

Hong Kong resiste, ma ha bisogno di aiuto

Che cosa pensano i cittadini di Hong Kong di questo scempio compiuto dalla Cina? Alle elezioni farsa del 19 dicembre, oltre il 70% dei aventi diritto non si è recato alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Un segnale forte che dimostra come un anno di indottrinamento, arresti, persecuzione e terrore non sia stato sufficiente a cambiare la testa dei cittadini. Hong Kong ha resistito all’ingiustizia e all’oppressione, ora però qualcuno deve aiutarla.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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