Festeggiare i 30 anni di Comunione e Liberazione in Paraguay. Un viaggio affascinante che ci sorprende ancora

Il 7 marzo, in piazza San Pietro con il Santo Padre, il movimento di Comunione e Liberazione festeggerà i suoi sessant’anni. In Paraguay il carisma di don Giussani arrivò trent’anni fa, grazie ad alcune persone consacrate e a due famiglie. Un gruppetto rimase ad Asunción, mettendo in piedi la facoltà di Ingegneria informatica. L’altro si stabilì in Villarrica del Espíritu Santo, dando vita alla facoltà di Medicina. Approfittando dei trenta anni della nostra presenza in Paraguay, ho chiesto a padre Lino Mazzocco della diocesi di Chioggia e primo sacerdote inviato da don Giussani qui in Paraguay, di raccontarci come fu l’inizio di questa storia.

Fra i volti che hanno segnato questa storia desidero ricordare coloro che hanno dato la vita per noi. Il buon Dio ha chiesto la vita di padre Danilo Muzzin e e di padre Alberto Bertaccini: il primo morì a Milano di leucemia, il secondo a Forlì di infarto. Due sacerdoti innamorati di Gesù che hanno segnato profondamente la storia di tutti noi. Mi permetto di ringraziare in modo particolare padre Alberto, per avermi sostenuto e accompagnato nei lunghi anni di esaurimento.

E dobbiamo ricordare alcuni laici morti in incidenti stradali: l’ingegnere Lucio Meyer, l’uomo che portò il movimento di Cl in Paraguay e l’architetta Selva, dei Memores Domini. Alcuni anni prima, quasi nello stesso luogo dove morirono i due amici, perse la vita la moglie di Giancarlo Cesana, Emilia Vergani. I due si trovavano in Paraguay per il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio e stavano andando a visitare le Ruinas jesuíticas. Anche padre Lino, nel 1990, per motivi di salute dovette abbandonare la missione. Questi fatti hanno scosso fortemente ognuno di noi. Ancora una volta mi vengono alla mente le parole di Gesù: «Se il chicco di grano non muore, non può dare frutto». La morte di questi amici ha permesso che il movimento di Cl si estendesse in tutte le città più significative del paese. Infine, non posso dimenticare la nascita di tre case di uomini e donne consacrati a Cristo. E la presenza della Fraternità sacerdotale di san Carlo Borromeo.
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Era il 2 febbraio 1985. È questa la data in cui è cominciato il cammino di Comunione e Liberazione in Paraguay. All’inizio era un piccolo gruppo di persone, ma in quel nucleo d’amicizia c’era tutta la storia che ci aveva portati in America Latina dopo che il Papa ci aveva proposto di andare in tutto il mondo a portare la bellezza di Cristo. Era sabato, un giorno libero per tutti. Era il 2 febbraio, giorno della presentazione di Gesù al tempio. Un canto avrebbe sigillato quell’inizio: “Sobe a Jerusalem”, un canto brasiliano che raccontava il nostro cuore e l’offerta della nostra libertà alla storia che iniziava.

Era un afoso pomeriggio estivo, ma la freschezza di quell’inizio resterà per sempre nel nostro cuore. Sapevamo di essere protagonisti di una grande avventura e che da lì avremmo spiccato il volo verso nuovi orizzonti. La parrocchia che ci accoglieva nei suoi spazi era la Virgen del Pilar. La diocesi di Asunción ci diede in affitto dei locali che avrebbero portato il nome di Casa Cultura y Fe: avevamo realizzato un nostro sogno, quello di diventare un centro di aggregazione del mondo giovanile, dal livello secondario a quello universitario. Quella Casa dilatava lo spessore dell’umanità riconosciuta nel carisma di don Giussani. Nelle scuole come all’università andavamo tessendo rapporti e suscitando quella curiosità che nel primo volantino avevamo sollecitato con le parole “Vieni e vedi”. La Casa divenne luogo di studio e di festa, di celebrazione della Messa e di catechesi, luogo di dialogo e di impresa rispetto alla condizione universitaria e di lavoro, punto di partenza di una grande opera caritativa negli ospizi di Asunción.

A 30 anni da quel giorno, resta la gratitudine a Dio che ci ha accompagnato. È bello ricordare la fedeltà di tanti volti che ci hanno accompagnato in quell’impresa come pure il sacrificio di alcuni nostri amici. Quella febbre di vita ha contagiato centinaia di giovani in tutto il Paraguay. La piccola sorgente del 2 febbraio è diventata un fiume. Sono passati tanti anni, ma quell’inizio è rimasto nel cuore, sigillo di una storia bella che ancora ci sorprende e ci sfida.
padre Lino
Mazzocco

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