«Legiferare sul suicidio assistito non è competenza dell’Emilia Romagna»

Dopo il via libera della Consulta, i radicali puntano a strumentalizzare l'Aula «chiedendole di approvare una legge regionale che ha tutti gli estremi per essere impugnata, solo per forzare la mano al parlamento». L'intervento di Valentina Castaldini, consigliere Fi

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, all’esterno della Corte Costituzionale (foto Ansa)

Il 23 febbraio la Consulta di garanzia statuaria dell’Emilia-Romagna ha aperto alla proposta di legge di iniziativa popolare depositata dall’Associazione Luca Coscioni. Come aveva spiegato Tempi qui, la legge rivendica un protocollo sanitario con tempi certi e prestazioni e trattamenti a carico dello Stato per dare piena applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito. Una volta raccolte le firme necessarie, la legge sarà votata dall’Assemblea legislativa in Regione, dove i radicali sperano di aprire un varco per una normativa nazionale. Una strategia non priva di limiti lato procedure e conseguenze, come spiega la nota che pubblichiamo di seguito di Valentina Castaldini, consigliere regionale e capogruppo Forza Italia Emilia-Romagna, coordinatore delle commissioni Pnrr.

All’indomani del via libera alla raccolta delle firme dalla Consulta Regionale, chiamata a giudicare sull’ammissibilità formale della proposta di Legge regionale dell’associazione Luca Coscioni, credo sia importante soffermarsi sul fatto che dalla Consulta stessa siano state evidenziate delle perplessità che reputo sacrosante.

Ma occorre essere chiari e fare un passo indietro: la sentenza del 2019 della Corte Costituzionale, infatti, come ribadito dalla Consulta Regionale «non configura un diritto ad essere aiutati a morire dal Servizio Sanitario Nazionale, ma semmai un diritto a darsi la morte ottenendo da una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale l’accertamento dei presupposti per non punibilità dell’aiuto».

La sentenza del 2019 non ha eliminato il reato, ma solo la punibilità, e ha chiesto che sia il servizio sanitario nazionale, in modo assolutamente precauzionale, a verificare l’ammissibilità delle condizioni di irreversibilità della patologia.

Nel nostro caso specifico la Regione non ha nessuna competenza per aggiungere un nuovo diritto civile e sociale che è per costituzione di esclusiva competenza statale, non è quello che la Corte – come ho riportato sopra nel virgolettato – ha chiesto e non ci faremo strumentalizzare un alcun modo.

Per questo sono fermamente convinta che la proposta dell’Associazione Coscioni punti a utilizzare per scopi politici non pertinenti l’assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, chiedendole di approvare una legge regionale che ha tutti gli estremi per essere impugnata poiché riguarda i diritti civili, solo per forzare la mano al Parlamento Nazionale.

Altro aspetto da non sottovalutare è l’intreccio tra la proposta Coscioni e la sanità. Il bilancio della sanità sappiamo essere disastrato: a novembre eravamo in debito di 880milioni di euro, le Aziende Sanitarie hanno acceso mutui decennali e l’assessore alla Salute, Raffaele Donini, è dovuto intervenire con cospicue iniezioni di liquidità prendendo fondi dalle altre attività per destinarli a copertura della sanità.

In questo contesto economico la legge – non io – impone alla Regione di non aggiungere alcuna prestazione a carico delle casse regionali e di svolgere l’attività per la quale è chiamata dai Livelli Essenziali di Assistenza nazionali (LEA).

Questa proposta di legge invece, per aggirare l’assenza di una norma nazionale, agisce proprio su questo aspetto, implementando i LEA, creandone uno regionale extra ad hoc, che non è possibile vista la nota voragine dei bilanci.

Farò tutto quello che è nelle mie facoltà per dare voce alla realtà dei fatti e non far strumentalizzare l’aula per posizioni ideologiche.

Valentina Castaldini
Consigliere regionale e capogruppo Forza Italia Emilia-Romagna, coordinatore delle commissioni PNRR

Exit mobile version