Draghi: «La mia politica monetaria non basta, fate le riforme. La gente protesta? Meglio fare troppo che troppo poco»

Il presidente promette: la Bce continuerà a favorire circolazione del credito e competitività dell'euro. «Ma se le imprese sono schiacciate dalle tasse è inutile»

Come appare l’Europa a guardarla dall’alto dell’Eurotower? Prova a raccontarlo in prima persona lo stesso Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, in una intervista concessa a Jean-Pierre Elkebbach per Europe 1 riproposta oggi da Repubblica.

AVANTI CON I TASSI BASSI. Il problema della zona euro, secondo il numero uno della Bce, non è la recessione. E «non vediamo il rischio di deflazione» che paventano i detrattori (tedeschi) della linea Draghi. Il pericolo se mai è quello «un’inflazione troppo debole per troppo tempo», spiega il banchiere italiano. «Inoltre, la ripresa è modesta, debole, ineguale e fragile». Per questo in Europa «la politica monetaria resterà accomodante per un periodo di tempo relativamente lungo», il che significa che «i tassi di interesse resteranno al livello attuale, perché non possono scendere ancora di molto, per un periodo prolungato».

IL CREDITO NON BASTA. Draghi insomma conferma l’approccio utilizzato fin qui, e garantisce che la Bce farà ricorso a «tutti gli strumenti a sua disposizione nel quadro del proprio mandato per fare in modo che l’inflazione torni a un livello inferiore al due per cento». Avanti dunque con tutte le operazioni che possono servire a favorire la circolazione di liquidità nel sistema finanziario e la concorrenzialità dell’euro. Tuttavia il capo della Bce è il primo ad avvertire i governi che «la politica monetaria da sola non può produrre crescita. Occorre che vi siano altre componenti, a cominciare dalle riforme strutturali. Possiamo offrire tutto il credito possibile al settore privato, ma in certi paesi ci vogliono mesi e mesi prima che un giovane imprenditore possa ottenere il permesso di aprire una società».

BASTA BUROCRAZIA E TASSE. Dunque «abbasso la burocrazia?», domanda l’intervistatore. «Assolutamente», risponde Draghi. Che poi prosegue con l’esempio del giovane imprenditore per spiegare perché nei citati «paesi» (chissà quali) è così urgente procedere con le promesse riforme strutturali: negli stati in questione, dice Draghi, «se questo giovane imprenditore desidera aprire un negozio o una società e alla fine ottiene il permesso ma poi viene schiacciato dalla tasse, allora non chiederà alcun prestito. Il credito quindi è una condizione necessaria ma non sufficiente per la crescita». Perciò riforme, riforme, riforme. Anche a costo di scontentare la gente. Perché a questo punto, osserva il presidente della Bce, «il rischio di fare troppo poco è maggiore del rischio di fare troppo».

PIÙ INVESTIMENTI, PIÙ FIDUCIA. Secondo Draghi bisogna innanzitutto combattere «la disoccupazione», che è strettamente collegata a una più generale «mancanza di fiducia nel futuro ma anche tra gli Stati membri». E l’Europa come può combattere contro questi “nemici”? Per esempio, spiega l’ex capo di Bankitalia, con l’arma degli «investimenti privati, ma anche quelli pubblici». Draghi dice di avere tentato di spiegarlo anche ad Angela Merkel, e non solo a lei: «Gliel’ho detto. L’ho detto a Jackson Hole, non a lei ma a tutti i paesi. L’altra cosa da fare è ripristinare la fiducia. Gli investitori e gli imprenditori devono ritrovare la fiducia nel futuro e nella capacità di resistenza dell’Europa».

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