Dopo poche settimane in consiglio comunale, mi sento già come il marito cornuto della barzelletta

La novità che scopro da neofita della politica è che si pappano tutte le poltrone e ti pettinano pure con la morale anti-Casta

Una donna è a letto con l’amante quando improvvisamente rientra il marito per cui l’amante completamente nudo si nasconde nell’armadio. Il marito, trovata la moglie nuda nel letto e sentendo odore di profumo maschile, inizia a frugare dappertutto finché apre l’armadio e trova l’amante: «E tu che ci fai qui dentro?». L’amante risponde: «Salve terrestre, parla XZP2C8 e sono venuto da alfa-centauri per salvare terra da invasione di alieni bip». Il marito furibondo: «Ma che cavolo di risposta è?!». E l’amante: «E che cavolo di domande fai?!».

Ecco, dopo un paio di settimane da neofita della politica eletto nelle file dell’opposizione al consiglio comunale di Milano, mi sento già un po’ come il marito della barzelletta. Che cavolo di domande fai, quando dopo aver sentito dalla maggioranza di governo (dal sindaco Beppe Sala al presidente del consiglio Lamberto Bertolé, dal capogruppo Pd Filippo Barberis alla capogruppo civica Elisabetta Strada, e perfino dalla sinistra pisapiana arancione di Paolo Limonta) tutti i più bei discorsi di apertura, dialogo e collaborazione nei confronti dell’opposizione, apro l’armadio e scopro che per noi dell’opposizione non c’è rimasto libero neanche l’appendino?
E altro che un amante, l’armadio è pieno di esclusivi amatori la nuda maggioranza. E cioè, fuori di metafora: per darsi una poltrona ciascuno a tutti e 29 i consiglieri eletti con Beppe Sala, la maggioranza sta galantemente, dialogantemente e collaborativamente perfezionando la pappatoia non solo di 12 assessorati e presidenza del Consiglio – cosa ovvia- ma anche di 17 su 18 presidenze di Commissioni e sostanzialmente di tutte le vicepresidenze di Commissioni (ad eccezione, pare, della commissione antimafia, che è chiacchiere e distintivi, e della affari istituzionali, che sospetto sia fuffa).

Dunque, a fare bene i calcoli, la maggioranza dialogante e collaborativa rischia di darsi un numero di poltrone che rasenta il doppio dei consiglieri di maggioranza presenti in aula. Il che vorrebbe dire doppi e, forse, perfino tripli incarichi per il consigliere in quota al “sono sempre stato di sinistra” Beppe Sala. E vogliamo dimenticare che per gli eroici radicali Sala si è inventato la poltrona – improbabile ma ad hoc – dell’”assessorato alla partecipazione e open data”? Che significa, non è ancora dato di sapere. Ma si intuisce. Infatti, dopo che Cappato non ha fatto sapere più nulla del suo esposto sull’ineleggibilità di Sala, strombazzato prima delle elezioni e poi silenziato in fase di apparentamento al ballottaggio con il presunto (per stesso esposto Cappato) ineleggibile Sala, il genio uscito dalla bottiglia si è fatto “partecipazione”. E pure “open data”? Va bene. Ma perché poi tu vuo’ fa il radicale prendendoti una poltrona di scambio (perché questo è l’accordo elettorale di nome “apparentamento”: io do il voto a te, se tu dai un posto a me) e subito metterti in mostra con i biglietti di San Siro che hai tolto a tutti gli amministratori comunali, i quali non li avevano per “privilegio” ma li avevano per contratto?

Dunque la novità che scopro da neofita della politica è che si pappano tutte le poltrone e ti pettinano pure con la morale anti-Casta. Il Vangelo direbbe: ipocriti dottori della legge che imponete agli altri pesi che voi stessi non volete portare. E qui, con la Commissione legalità (ad hoc per il dottor Gherardo Colombo e per la “corruzione percepita” secondo la sciura ong tedesca Transparency International) la maggioranza dottora della Legge ha chiuso il cerchio.

Però. Sanno che ha votato solo la metà dei cittadini aventi diritto. E perciò fanno bene a dirsi molto preoccupati dell’astensionismo. Sanno che Beppe Sala viene dall’alfa-centauri per cui, in numeri assoluti, risulta essere sindaco del 25% dei milanesi. E perciò fanno bene a dire che «occorre lavorare insieme per il bene comune». Giurano di dire tutta la verità. Nient’altro che la verità. Ma poi, quando la verità chiede di razzolare bene, quelli dicono «no, voi no». E perché no? «Perché i numeri ce li abbiamo noi».

Vabbè, mi consolo annunciando a questo nostro sporco e minoritario pubblico tempista, che Lega e Forza Italia mi hanno proposto come presidente della commissione Educazione. Naturalmente siamo andati sotto. Ma al secondo giro, quando per le ragioni ricordate sopra sono andato di nuovo sotto anche sulla vicepresidenza, ho però incassato pure il voto Cinquestelle (occhio che Milano è originale anche in questo: i tre M5S in Consiglio non sono affatto dei trinariciuti del “vaffa”) e anche un paio di voti non di opposizione. Però, sarebbe stato molto simpatico fare il vice del maestro Paolo Limonta. Lo storico riferimento dei Centri Sociali e un ciellino integralista. Una ben strana coppia. Epperò fuori dall’armadio.

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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