Dopo Fedez, la sinistra italiana riparte dal Cile e da Boric

Il neopresidente di sinistra stravince in Cile e i democratici, da Letta a Speranza, da Gassman a chef Rubio, non si tengono più

Gabriel Boric come Zapatero, di più, come Obama, di più, come Barbero (ah no, lui è stato purgato), di più, come Fedez. L’ex leader studentesco di 35 anni, capofila delle proteste femministe, ambientaliste e indigeniste ha stravinto in Cile contro José Antonio Kast, portando il paese decisamente su posizioni oltranziste, e la sinistra di casa nostra non si tiene più.

Da Letta a Speranza, da Gassman a Rubio

Poco importa che Augusto Pinochet non sia più al potere dal 1990, lo spettro del generale è sempre vivo per i democratici e ogni elezione è una vittoria contro il nazifascismo. Enrico Letta si affretta allora a twittare la «bellissima notizia»: «La destra è battuta». Alessandro Gassman, noto politologo, spiega giustamente che «nasce una speranza» in Cile.

Per l’ex ministro renziano Bellanova è «un segnale importantissimo», per Speranza è solo «un bel segnale», per il rinomato docente di relazioni internazionali, chef Rubio, è festa grande. «VIVA CHILE» si lascia andare all’emozione Nicola Zingaretti senza disinserire il caps lock, seguito da Telese, Mauro, Camusso e chi più ne ha più ne metta. Esultano anche i partigiani dell’Anpi, che prima di fare gli «auguri antifascisti di buon lavoro al Presidente» festeggiano perché finalmente «si apre in #Cile la bellissima stagione della democrazia e dei diritti». L’unico che non si è ancora complimentato è il ministro degli Esteri Luigi di Maio, ma solo perché non ha ancora capito come sia possibile che un candidato in Cile abbia potuto sconfiggere la memoria del “venezuelano” Pinochet.

I modelli di Boric: Lula, Kirchner e Maduro

Dopo essere ripartita da Fedez, la sinistra ripartirà dunque da Boric. E poco importa se il giovane presidente di sinistra, alleato dei comunisti, pur dicendosi moderato è un fervido sostenitore di un tipino innocuo come il dittatore Nicolas Maduro, che ha causato la più grande crisi migratoria della storia dell’America Latina. Poco importa se appoggia i Kirchner in Argentina, che hanno provocato l’ennesimo disastro economico. Poco importa se il suo mentore è il brasiliano Lula, che qualche problemino di corruzione lo ha avuto.

Letta e i suoi sono come i tori: quando vedono rosso si scatenano. E sono fermamente convinti che un battito d’ali in Cile possa scatenare un uragano in Italia. Se Boric trionfa a Santiago, perché non Letta a Roma? E allora uniamoci anche noi al coro di giubilo mondiale, nella speranza che Boric faccia un po’ meglio dei suoi modelli.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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