“Donna” e “feto” sono parolacce da cancellare per la neolingua woke

La scrittrice britannica Patricia Posner denuncia da "degenderizzazione" del discorso e la "morte del buon senso", il Nyt cambia la soluzione di un suo gioco

Una manifestante con la bandiera del movimento trans protesta davanti a un “free speech bus” a New York, nel 2017 (foto Ansa)

Durante un recente trattamento per il suo tumore al seno, la scrittrice britannica Patricia Posner si è sentita dire dall’infermiera che la prognosi del suo «cancro al petto» prometteva bene. «Cerchiamo di non mettere a disagio nessuno», le ha risposto l’infermiera, «tutti hanno un petto». E poco importava se questa cosa facesse sentire a disagio la Posner come donna, che ha ribadito: «Io ho un cancro al seno!».

«La medicina degenderizzata è mainstream»

Benvenuta nel woke, Patricia: «Era la prima volta che incontravo di persona lo sforzo di degenderizzare la medicina», ha scritto sul Wall Street Journal. Come i tanti che ripetono infastiditi che il-gender-non-esiste e la-cancel-culture-non-esiste, la scrittrice inglese era convinta che queste fossero al massimo fissazioni di un piccolo gruppo di estrema sinistra, pallini à la Ocasio-Cortez che si sentono migliori a parlare di «corpi di persone mestruate».

L’incontro con quell’infermiera le ha fatto aprire gli occhi, dice: «il movimento degender è diventato mainstream». La Posner ha iniziato a guardarsi attorno, e ha scoperto che nei documenti ufficiali l’Amministrazione Biden chiama le madri «persone che partoriscono», che la Harvard Medical School sostiene che «non tutte le persone che partoriscono sono donne» e che in certi ospedali il latte materno è “latte umano”. Nel suo paese natale il governo invita il Servizio sanitario nazionale a parlare di “nutrimento dal petto” e di “nascita frontale” anziché vaginale. «Capisco che gli attivisti vogliano un linguaggio “trans inclusivo” per descrivere i loro corpi. Ma perché imporre alle donne la loro lingua preferita?».

«La donna è cancellata per non offendere i trans»

Delle donne, annota con sarcasmo la Posner, ci si ricorda quando serve, come dopo la fuga di notizie dalla Corte suprema americana sul possibile ribaltamento della sentenza che ha reso l’aborto un diritto garantito dalla costituzione negli Stati Uniti: lì sì che si è parlato di salute delle donne. In California una legge parla di «persone in gravidanza e dopo il parto», ma poi si sottolinea che gli uomini, non potendo restare incinti, non dovrebbero parlare di aborto. «Potrebbe non esserci un’esperienza femminile universale, ma ci sono alcune differenze biologiche e fisiche che riguardano solo le donne. Mi dispiace se questo offende qualcuno, ma gli uomini non hanno le mestruazioni, non partoriscono, non vanno in menopausa o sviluppano endometriosi, cancro alle ovaie o cancro cervicale», scrive Patricia Posner esprimendo concetti talmente “normali” da essere ormai visti come rivoluzionari.

«Sembra che le donne come me vengano progressivamente cancellate in una corsa politicamente corretta con l’obiettivo che nessuna persona trans venga offesa. Rispetto i diritti dei trans, ma per quanto riguarda i miei diritti?». Posner ripete quello che sempre più critici della cancel culture stanno finalmente denunciando: la morte del buon senso e l’autocensura hanno fatto sì che sempre più persone stiano zitte per paura di essere etichettate come bigotte. La prima conseguenza evidente è che «la nostra lingua sta cambiando per soddisfare le esigenze di una piccola minoranza. Il silenzio è interpretato come acquiescenza».

La parola cancellata dal gioco del Nyt

La neolingua woke che trasforma la parola “donna” in una parolaccia passa attraverso i documenti amministrativi ufficiali, l’adeguarsi silenzioso di chi non vuole problemi, attraverso le università, i libri, il cinema, le serie e soprattutto i media. È sempre più difficile chiamare le cose con il loro nome, e quando ci si imbatte in parole che lo fanno si preferisce cancellarle e chiedere scusa. È il caso, apparentemente innocuo ma molto indicativo, del New York Times che qualche giorno fa ha sostituito la risposta del giorno nel suo gioco Wordle per non turbare i propri lettori. Acquisito a gennaio da quotidiano americano, Wordle è un gioco un cui bisogna indovinare una parola di cinque lettere in sei tentativi diventato virale a fine 2021.

«Alla New York Times Games, prendiamo sul serio il nostro ruolo di essere un luogo in cui intrattenersi e svagarsi, e vogliamo che Wordle rimanga distinto dalle notizie». La parola del giorno in questione era stata programmata nei mesi scorsi, e quando al New York Times se ne sono accorti l’hanno cambiata. Su alcuni browser non aggiornati, però, è rimasta la risposta originale. Da qui le scuse preventive del giornale liberal ai lettori che avrebbero potuto pensare che la soluzione fosse «collegata a un importante evento di cronaca recente». E che evidentemente avrebbe potuto offendere qualcuno. La parola cancellata (e mai citata dal Nyt nel suo comunicato)? “Feto”.

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