Don Rigoldi: «Il no profit arriva dove non arriva lo Stato. Il governo non si prenda le sue risorse»

Intervista al sacerdote membro dell'organo di indirizzo della Fondazione Cariplo: «Distinguere nella Legge di stabilità le fondazioni bancarie dalle rendite»

«Caro Matteo, (…) ho letto con attenzione, nelle maglie della Legge di stabilità, dei segnali positivi per il terzo settore», peccato però che «l’aumento della tassazione a carico delle Fondazioni taglierà risorse destinate al non profit per un importo complessivo di 260 milioni di euro (60 dei quali a carico della sola Fondazione Cariplo)». Così nella lettera aperta ospitata lunedì 24 novembre dal Corriere della Sera, don Gino Rigoldi rinfaccia a Matteo Renzi che le imposte extra volute dal suo governo per le fondazioni bancarie colpiscono «solo apparentemente le rendite di capitale», perché «in realtà si stanno sottraendo risorse al terzo settore e si fa sussidiarietà al contrario».
Don Rigoldi sa precisamente di cosa parla, perché non è solo lo storico cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e il presidente di una onlus (Comunità nuova) che si occupa del reinserimento professionale e sociale di molti giovani in situazioni difficili, ma è anche membro dell’organo che decide la destinazione dei tanti denari «investiti» – così dice lui – dalla Fondazione Cariplo in opere di bene.

Don Rigoldi, nella sua lettera a Renzi sulla Legge di stabilità lei ad un certo punto osserva che il governo «rischia di dare con una mano per togliere con l’altra». Perché?
Perché è molto importante che nella Legge di stabilità vengano distinte le rendite finanziarie dalle fondazioni bancarie. Questo invece non accade e attualmente il testo prevede un aumento della tassazione per questi enti. Peccato che le fondazioni che si occupano oggi di erogazione sono una parte fondamentale dei servizi offerti nelle regioni. In Lombardia, tra i “buchi” giganti che ci sono nel welfare, la Fondazione Cariplo dà moltissimo sul piano dell’assistenza e dell’aiuto, ad esempio con i progetti di housing sociale, che offrono una casa a chi non può permettersi i prezzi di mercato. È stata una gioia, ho scritto a Renzi, consegnare nei mesi scorsi a circa duecento giovani coppie dei begli appartamenti, ristrutturati secondo i loro desideri, con affitti che sono neanche la metà di quelli disponibili a Milano. È un progetto della fondazione, e ha i conti in ordine, vorremmo portarlo avanti. Per non parlare di tutti i progetti che vengono finanziati nel campo dell’educazione e della cultura. La nuova Legge di stabilità prevede un incremento della tassazione, e per la fondazione pagare 30 milioni di euro di tasse significa che quelli saranno milioni di euro in meno da investire nel welfare. Non siamo una rendita finanziaria: per questo motivo ho scritto a Renzi, pur consapevole del fatto che tutti dobbiamo dare un contributo in un momento difficile per il paese, ma anche che chi opera nel welfare può dare un contributo specifico e diverso, offrendo i suoi servizi.

Cosa propone?
Propongo innanzitutto di verificare cosa fa effettivamente una fondazione, di capire se si tratta di una rendita o se invece crea servizi per tutti, servizi in grado di “completare” l’azione dello Stato, di compensare le sue mancanze. Dopo di che, chiedo di tassare solo le rendite finanziarie. Nel 2015 le tasse per le fondazioni di origine bancaria ammonteranno in totale a 260 milioni di euro,  gran parte di questa somma verrà sottratta ad attività del terzo settore.

A proposito di “housing sociale”. In questo periodo proprio a Milano è tornato all’attenzione di tutti il problema delle case popolari, con intere zone abbandonate al degrado e molti appartamenti occupati. Cosa si può fare per affrontare questo problema?
“Abita Giovani” – questo il nome del progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo – continuerà con una nuova tranche di case popolari, circa 600 abitazioni, che ci verranno date in cambio di un piccolo anticipo da parte nostra. Noi quindi le ristruttureremo e le distribuiremo a prezzi al di sotto di quelli del mercato. Si tratta di case di 80 metri quadrati, rimesse a nuovo, che verranno affittate per 400 o di 300 euro mensili a chi non si può permettere un canone più elevato. Ecco, proprio questo è un aspetto fondamentale nell’affrontare il problema delle case popolari a Milano. Noi chiederemo anche ai più poveri di pagare un affitto, sebbene a prezzi più bassi: chiaramente nessuno vuole sbattere le persone in mezzo ad una strada, si cerca una soluzione, però un ordine serve, altrimenti a rimetterci sono proprio le persone che hanno più bisogno. Ecco perché non mi piace quello che è successo con l’Aler a Milano, c’è stato troppo lassismo e questo ha permesso che in mezzo a situazioni di disagio e povertà reale ci fossero anche purtroppo molti fenomeni di abuso, di persone che occupano la casa popolare ma poi girano con l’auto di lusso. Perciò ritengo importante che si paghi anche solo una cifra simbolica, è un gesto educativo di rispetto della propria dignità di persona.

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