Dite che la Chiesa deve pagare l’Ici? Non sapete di cosa state parlando

Dettagliata e semplice spiegazione del perché sulla campagna orchestrata contro gli immobili ecclesiastici s'è fatta (colpevole) disinformazione. Su tali proprietà «la Chiesa l'Ici già la paga da un pezzo. Per legge. E da quest'obbligo non ha alcuna esenzione». Pubblichiamo l'articolo apparso nel blog Settimo Cielo del vaticanista Sandro Magister

Pubblichiamo l’articolo apparso sul sito dell’Espresso nel blog Settimo Cielo del vaticanista Sandro Magister Ici e Chiesa, le parole e i fatti”

Infuria l’attacco contro la Chiesa cattolica che non paga l’Ici. Ed è vero: per molti suoi immobili la Chiesa non la paga né la deve pagare. Non per un privilegio esclusivo, ma per una legge, la 504 del 30 dicembre 1992 (primo ministro Giuliano Amato), che, se oggi fosse fatta cadere, penalizzerebbe assieme alla Chiesa una schiera nutritissima di altre confessioni religiose, di organizzazioni di volontariato, di fondazioni, di Onlus, di Ong, di Pro loco, di patronati, di enti pubblIci territoriali, di aziende sanitarie, di istituti previdenziali, di associazioni sportive dilettantistiche, insomma di enti non commerciali.

La legge esenta tutti questi enti, compresi quelli che compongono la galassia della Chiesa cattolica, dal pagare l’Ici sugli immobili di loro proprietà “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a) della legge 20 maggio 1985 n. 222”, ovvero le attività di religione o di culto.
Questo vuol dire, ad esempio:
– che una parrocchia di Milano non paga l’Ici per le aule di catechismo e l’oratorio, ma la paga per l’albergo che ha sulle Dolomiti, abbia o no questo al suo interno una cappella.
– che la Caritas di Roma non paga l’Ici per le sue mense per i poveri, né per l’ambulatorio alla Stazione Termini, né per l’ostello nel quale ospita i senza tetto. E ci vuole un bel coraggio a dire che così fa concorrenza sleale a ristoranti, hotel e ospedali.
– che la Chiesa valdese giustamente non paga l’Ici per il suo tempio di Piazza Cavour a Roma, né per le sale di riunione, né per l’adiacente facoltà di teologia. La paga, però, per la libreria che è a fianco del tempio. 
– che la comunità ebraica di Roma non paga l’Ici per la Sinagoga, per il Museo, per le scuole. Ma la paga per gli edifici di sua proprietà adibiti ad abitazioni o negozi.
– che l’Anffas, associazione che assiste 30 mila disabili, non paga l’Ici per ciascuno dei suoi oltre mille centri. Ma la paga per gli immobili di sua proprietà dati in affitto.
– che non va pagata l’Ici per l’ex convento che fa da quartier generale della comunità di Sant’Egidio, né per le sue case per anziani. Va pagata invece per il ristorante che la comunità gestisce a Trastevere.
Insomma, questo vuol dire che su case date in affitto, negozi, librerie, ristoranti, hotel, eccetera, di proprietà di un qualsiasi ente non commerciale, l’Ici già la si paga da un pezzo. Per legge. E da quest’obbligo la Chiesa cattolica non ha alcuna esenzione.

Tant’è vero che a Roma, dove Propaganda Fide e l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica possiedono un buon numero di palazzi, questi due enti vaticani “sono tra i primi se non i primi contribuenti Ici della capitale”, testimonia Giuseppe Dalla Torre, presidente del tribunale dello Stato della Città del Vaticano e membro del consiglio direttivo dell’autorità di informazione finanziaria della Santa Sede. Questo stabilisce la legge. Eppure i giornali e i giornalisti che danno prova di esserne a conoscenza si contano sulle dita di una mano sola.

E gli altri? Saranno anche grandi testate e grandi firme, ma se in una materia così elementare non si mostrano capaci di una minima verifica dei fatti, non fanno onore alla professione. Come obnubilati dalla febbre della polemica, tutti costoro nemmeno sembrano capire che pretendere che la Chiesa cattolica paghi l’Ici anche per gli immobili su cui è esentata – cioè le chiese, i musei, le biblioteche, le scuole, gli oratori, le mense, i centri d’accoglienza, e simili – vuol dire punire l’immenso contributo dato alla vita dell’intera nazione non solo dalla Chiesa stessa ma anche da ebrei e da valdesi, da Caritas e da Emergency, da Telethon e da Amnesty International, insomma da tutti quegli enti non profit per i quali vige l’identica normativa.

Exit mobile version