Cina, partito comunista ordina agli artisti di «vivere tra le masse in campagna per 30 giorni»


I nostalgici del maoismo e della Rivoluzione culturale in Cina saranno soddisfatti dell’ultima trovata ispirata dal presidente e segretario del partito comunista Xi Jinping. Come annunciato dall’agenzia di Stato Xinhua, la Cina «invierà i suoi artisti a vivere tra la gente comune per lasciarsi ispirare».

TRA LE MASSE PER 30 GIORNI. «Ogni trimestre», l’agenzia statale che controlla tutti i media e la produzione cinematografica invierà «sceneggiatori, direttori e cast (…) a vivere in mezzo alle masse (…) per almeno trenta giorni». L’obiettivo è «aiutare gli artisti a farsi un’idea corretta dell’arte e creare ancora più capolavori». L’intenzione è quella di fare dell’iniziativa «una pratica a lungo termine». La campagna, conclude Xinhua, è stata promossa per rispondere a una richiesta di Xi Jinping, «che ha raccomandato agli artisti di realizzare opere che siano eccezionali dal punto di vista artistico e stimolanti da quello morale per servire il popolo presentando i principali valori socialisti». Quello che molti chiamano il nuovo “imperatore” della Cina ha anche imposto agli artisti di non essere «schiavi» del mercato e di far sì che le loro opere non «puzzino di denaro».

RIVOLUZIONE CULTURALE. La decisione di Xi Jinping fa tornare alla mente i tempi della Rivoluzione culturale, quando le opere d’arte venivano distrutte e gli intellettuali inviati a lavorare nelle campagne per imparare dalle masse e spesso anche uccisi dai membri della Guardia rossa. La Rivoluzione culturale, nella quale milioni di persone morirono tra il 1966 e il 1976, è stata lanciata da Mao per far fuori i suoi avversari politici e per trovare un colpevole al disastro del Grande balzo in avanti. Ogni autorità venne considerata malvagia.
Nel 1957, Mao aveva infatti lanciato le sue riforme economiche per farsi bello davanti a Kruscev. L’allora leader dell’Urss promise che nel giro di 15 anni l’Unione Sovietica avrebbe superato la produzione industriale degli Stati Uniti. Mao allora, per non essere da meno, assicurò che la Cina avrebbe superato in 15 anni la produzione industriale pesante e agricola della Gran Bretagna. La follia di questo progetto si trasformò nella più grande strage mai causata da un governo contro il suo popolo: tra i 30 e i 45 milioni di persone morirono in pochi anni.   

PASCOLARE I PORCI. Xi sa bene che cosa significa. Suo padre, Xi Zhongxun, è stato un generale della rivoluzione comunista epurato nel 1962, quando autorizzò la pubblicazione di un libro sgradito a Mao. Per questo motivo, Xi Jinping fu costretto durante la Rivoluzione culturale a denunciarlo per ben tre volte. Il padre venne riabilitato e il giovane Xi non venne ucciso ma se la cavò facendosi rieducare in campagna, zappando la terra e pascolando maiali. La sua iscrizione al partito comunista venne rifiutata nove volte, quella all’università tre. 

RITORNO A MAO. Quando Xi è stato eletto, molti si sono chiesti se sarebbe stato in grado di fare al popolo cinese quello che il partito comunista aveva fatto a lui. La risposta è ormai definitiva e Xi per legittimare il suo potere, da molti definito superiore a quello di Mao, non disdegna il ritorno a vecchie abitudini introdotte dal Grande timoniere, come le sessioni obbligatorie di “critica e autocritica”. Il sistema è stato creato da Mao per dare ai membri del partito «l’occasione di correggersi» e tornare sulla retta via, ogni qual volta sbagliavano.
Infatti, soleva dire Mao, «neanche noi siamo infallibili, possiamo sbagliare. L’importante è correggersi». Chi non accettava di correggersi, però, veniva epurato dopo essere stato bollato come “borghese”, “controrivoluzionario” o “revisionista”. Ora il nastro della storia sembra riavvolgersi, con la differenza che i “controrivoluzionari” sono stati sostituiti dai “corrotti”.

@LeoneGrotti

Exit mobile version