Cartabia: «Per colpire gli assembramenti, si colpisce la didattica in presenza»

In un intervento a gennaio, l'attuale ministro della Giustizia parlò di un'ordinanza del Tar contro la decisione di Regione Lombardia di ricorrere alla Dad al 100 per 100

«Vietando la didattica non è detto che si evitino gli assembramenti, lo sappiamo bene. Qual è, dunque, il tema di questa ordinanza? Che è irragionevole, perché per colpire gli assembramenti, che è un obiettivo giusto, si colpisce il bersaglio sbagliato, vietando la didattica in presenza». Questo è uno dei passaggi del discorso tenuto da Marta Cartabia il 25 gennaio alla scuola Fondazione Grossman di Milano.

La lezione di Cartabia

La professoressa Cartabia parlava allora agli studenti degli ultimi due anni del liceo all’interno di un corso di orientamento universitario sul tema “Rispetto delle regole, rispetto della persona”. Docente universitario di Diritto costituzionale e presidente emerita della Corte Costituzionale, Cartabia sarebbe diventata di lì a poco ministro della Giustizia del governo Draghi.

Il testo completo dell’intervento, messo a disposizione in questi giorni dalla Fondazione Grossman, si può scaricare qui. In quella lezione, la professoressa, utilizzando un linguaggio piano e comprensibile all’uditorio, sviluppò un ragionamento sul tema del “rispetto”, le regole e la libertà, arricchendolo di numerosi esempi.

Lo scontro sulla chiusura delle scuole

Cartabia parlò quindi di Rosa Parks e Antigone, citò la Costituzione italiana e quella americana, impreziosì la sua lezione con riferimenti alle parole di papa Francesco, Hobbes, Benedetto XVI e Böckenförde. E fece anche alcuni riferimenti all’attualità come la nomina dei senatori a vita, il cosiddetto assalto a Capitol Hill (e quanto ne seguì, lo scontro tra il presidente Trump e Twitter e l’elezione di Joe Biden) e, soprattutto, ripescò un caso che era capitato proprio in quei giorni e che riguardava la decisione di Regione Lombardia di chiudere le scuole e il ricorso al Tar da parte di alcuni genitori.

L’ordinanza del Tar

Presentando quell’episodio, l’attuale guardasigilli mostrò agli studenti alcuni passaggi dell’ordinanza del Tar pubblicata il 13 gennaio.

«Ad un certo punto – disse Cartabia agli studenti – sembrava che per le norme nazionali si potesse tornare a scuola fino al 75% in presenza, ma la Regione Lombardia aveva escluso da questa ordinanza le scuole superiori. Un gruppo di genitori ha impugnato questa regola della Regione Lombardia che aveva messo la didattica a distanza al 100% per le superiori, e l’ha impugnata sotto due profili, uno è di competenza della Regione e lo lascio da parte perché molto tecnico, l’altro, che ci interessa di più, è stato accolto dal Tar che ha ritenuto fondate “le censure con le quali si lamenta la contraddittorietà e l’irragionevolezza dell’ordinanza impugnata”».

Cartabia: l’ordinanza è irragionevole

Dopo aver riportato il testo della sentenza del Tar, Cartabia proseguì:

«Il giudizio è basato tutto sulla ragionevolezza e contraddittorietà. Per comprendere occorre partire dalle motivazioni di questa ordinanza, perché un’autorità per impedire di far qualcosa deve avere delle ragioni e deve spiegarle. Questo è molto importante: si parte sempre dal principio liberale che è consentito tutto ciò che non è vietato, questa è la base di uno stato liberale. Se non è vietato, si può fare, perché lo Stato non ha il potere di concedere la libertà: la libertà spetta agli uomini, lo Stato può limitarla con le regole, per fare gli argini, ma non vale il principio opposto. Questo è sempre da tenere bene a mente. L’ordinanza dunque deve giustificare perché impone un divieto. Qual è la giustificazione che adduce in questo caso? È il rischio di assembramenti; rischio serio, perché si sa che negli assembramenti circola il virus. Questo atto del Tar che cosa contesta all’ordinanza regionale? Contesta che per colpire gli assembramenti, si impedisca la didattica in presenza. Ma qual è il nesso tra le due cose? Da un lato non è detto che andando a scuola si debbano per forza creare assembramenti, si può, ad esempio, regolare il traffico in entrata e uscita, evitandolo. D’altra parte, vietando la didattica non è detto che si evitino gli assembramenti, lo sappiamo bene. Qual è, dunque, il tema di questa ordinanza? Che è irragionevole, perché per colpire gli assembramenti, che è un obiettivo giusto, si colpisce il bersaglio sbagliato, vietando la didattica in presenza. Questo è diritto, non è filosofia. Questo è il diritto, ossia capire quanto le regole siano ragionevoli, finalizzate allo scopo, necessarie».

Perché l’ordinanza è crollata

Non solo. Proseguendo nel ragionamento, il presidente emerito della Consulta, spiegò anche che esiste un “test di proporzionalità” che possiamo fare per capire se una legge imposta dallo Stato sia ragionevole:

«Il primo è chiedersi se lo Stato stia agendo per un fine legittimo. In questo caso potremmo rispondere affermativamente perché lo scopo è quello di prevenire gli assembramenti e la diffusione del contagio. Il secondo è domandarsi se ci sia un rapporto di causalità tra il mezzo che lo Stato mette in piedi e lo scopo che vuole raggiungere. Ed è su questo che l’ordinanza è crollata subito: se per colpire gli assembramenti si vieta la didattica, manca un nesso di correlazione. Ma se anche ci fosse stato questo, ci sarebbe stato un terzo elemento da valutare, che si chiama in inglese least restrictive means, ossia se il mezzo adottato dallo Stato per raggiungere lo scopo sia quello meno invasivo per la libertà personale e sociale o se invece ci siano degli altri strumenti che possono raggiungere lo stesso scopo in modo meno restrittivo».

Foto Ansa

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