Capite bene che è dura fare i giornalisti sotto il governo di tutti

Non è facile inventarsi qualcosa quando Scalfari su Repubblica si è messo già a scrivere che Mario Draghi «merita il Quirinale»

Cronache dalla quarantena bis / 4

Non so come faremo a sopravvivere da giornalisti sotto il governo di Mario Draghi. Che come minimo, come ha già scritto padre Scalfari domenica scorsa in visita delle presidenziali del 2022, già «merita il Quirinale». Bisogna inventarsi qualcosa dopo che hai il tuo lockdown professionale, non puoi scrivere che di Covid e anche i tuoi capi credono di fare gli italiani più fessi di quello che sono (“ecco cosa potete fare in zona rossa col peluche della nonna”).

Anche il giornalismo di inchiesta ha pensato bene di fare gli italiani più tonti di quello che non siamo. Vedete? Anche Milena Gabanelli espresse sul Corriere della Sera il suo disappunto («errori») per 1.250 milioni di euri, 1,25 miliardi, che ci vaccinavi mezza Ue, e invece il governo Conte li ha spesi in mascherine non si sa quante a norma e non si sa in quante decine di milioni in provvigioni.

Mascherine a «qualunque prezzo»?

Disse in proposito la contessa del giornalismo d’inchiesta, mentre La Verità inchiestava sul serio e perfino la procura della Repubblica di Roma le riconosceva la paternità dell’accelerazione delle indagini:

«Sulle mascherine non consideriamo la prima ondata, durante la quale si è consumato ogni sorta di sciacallaggio: non si trovavano e, pertanto, abbiamo dovuto accettare qualunque prezzo pur di averle». 

Capito? Ma se c’era Formigoni al commissariato e io ero il giornalista non della Rai a incassare 12 milioni di provvigioni, per non parlare degli altri 60, come l’accettavate «qualunque prezzo»? E infatti, per Attilio Fontana che non ha buttato via un cent, la gogna. Per gli amici dei giaguari, a scrivere e a investigare è un po’ come fare pipì fuori dal vaso.

Quando c’era Berlusconi

Insomma, quanti cavalierati del lavoro meriterebbe oggi un Berlusconi che durante il suo regno più che ventennale ha fatto vendere chissà quanti miliardi di copie ai giornali e, con i suoi picchi di audience, chissà quanti fantastilioni di pubblicità  alle televisioni? Se non c’era lui i Santoro e i Travaglio erano dei morti di fame. E col cavolo che saltava fuori Palamara a sputtanare la magistratura quando con lui sono stati anni e anni ruggenti di “magico tintinnar di manette”!

Adesso come fai a non stare in ginocchio da te, ministro Speranza, che poi sei l’ultimo dei dalemiani e se fai la riforma della sanità tu, benissimo, ma io temo che ci porteremo in casa l’ex Congo Belga? Perciò, prendiamo il secchiello e andiamo in spiaggia a giocare ai sentimenti bambini, dolci e, talora, corrugati di lacrime. 

Zingaretti, la D’Urso, i moralisti

C’è un problema però. Come fai a fare un titolo su donne e lavoro tendente alla discriminazione di genere, dopo che il repubblicone ha già scolpito tacitianamente “La ristoratrice e il coraggio di mostrarsi disperati”? Cosa titoli adesso? “La disperata coraggiosa disperazione di coraggiosamente disperate donne coraggio”? Non so come esprimere la mia personale angoscia emotiva per stare al passo di questo impegnativo giornalismo che recita l’indignazione e la commozione, spadellandola poi nei talk condotti soprattutto dalle donne corrette politicamente.

E non fate i moralisti con Zingaretti. Ci ha preso gusto con le ospitate da Barbara D’Urso, e allora? Mentre la D’Urso deve stare attenta (per contratto) a non tirare mai in ballo Maria De Filippi, e ri-allora? Siamo in un Truman Show e non c’è bisogno che poi vi dica che al tempo del film non c’erano ancora i social, Truman nel Truman, e fa in fretta ad andarsene una giornata stando a guardarsi allo specchio.

L’unico fatto degno di nota

Ma che brava è la nostra Caterina Giojelli! Che a conferma dei fatti al Giulio Cesare ci ha fatto vedere l’entusiasmo di Repubblica nel venire a sapere che nella rossa Toscana hanno appaltato la Dad a Rocco Siffredi! Al non giornalismo dell’emotività non c’è mai fine. Madama la marchesa il popolo ha fame. Dategli le brioches. Abbasso le multinazionali! Così il giornalista corretto parla di “Sex performer” per dire di una “insegnante” temporanea di liceo accreditata dalla più grande multinazionale che c’è. Però poi magari pestano a sangue quando a una prof fa un figlio con lo studente. 

Devo anche ammettere che, prescindendo dal fatto di non poter speculare granché sotto il governo di tutti, anche questo sforzo diuturno del giornalista corretto a voler mostrare come norma il temerario e a trasferire la repressione morale dal sesto al settimo comandamento, lo trovo assolutamente performante. Ma a cosa servono queste performance, tanto che è giusto registrare che in tale contesto il solo fatto culturale degno di nota è solo e soltanto il sessismo porno, omosex e Lgbt? La mia cuoca preferita che come scrisse Marx merita di andare al governo, direbbe: “Prendi la gente dal verso giusto, pascolala col sesso e te la farai distrattamente fedele, distrattamente lamentosa e boriosa, ma fedele”.

(Mica per caso Pier Paolo Pasolini scrisse già a suo tempo, la “Abiura dalla Trilogia della Vita”).

Foto Ansa

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